Penale

È corruzione elettorale promettere un posto di lavoro in cambio del sostegno

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di Giuseppe Amato

Correttamente è ravvisato il reato di corruzione elettorale a carico di chi, in cambio del sostegno elettorale e del voto in favore di un candidato alle elezioni del consiglio comunale, abbia promesso a un elettore, che aveva accettato, l'assunzione della moglie e del fratello, poi finanche effettivamente avvenuta. Così ha deciso la Cassazione con la sentenza 10 agosto 2017 n. 39064.

La disciplina sanzionatoria del voto di scambio - La Corte, in parte motiva, ricostruisce la disciplina sanzionatoria del cosiddetto voto di scambio nelle competizioni elettorali per l'elezione dei consigli comunali, prevista dall'articolo 86 del Dpr 16 maggio 1960 n. 570.

La norma punisce, al comma 1, chiunque, per ottenere, a proprio o altrui vantaggio, la firma per una dichiarazione di presentazione di candidatura, il voto elettorale o l'astensione, dà, offre o promette qualunque utilità a uno o più elettori, o, per accordo con essi, ad altre persone anche quando l'utilità promessa sia stata dissimulata sotto il titolo di indennità pecuniaria data all'elettore per spese di viaggio o di soggiorno o di pagamento di cibi e bevande o rimunerazione sotto pretesto di spese o servizi elettorali.

Al comma 2, la norma punisce l'elettore che, per dare o negare la firma o il voto, ha accettato offerte o promesse o ha ricevuto denaro o altra utilità.

Si tratta, secondo la Corte, di titoli di reato autonomi, di cui il primo (quello di chi dà, offre o promette) è sganciato dal secondo (cioè dal fatto commesso da chi accetta offerte o promesse o riceve denaro o altra utilità) e solo eventualmente concorrente con esso. Infatti, il fatto di reato di chi offre o promette qualunque utilità a uno o più elettori per ottenerne il voto partecipa alla classe dei reati di “corruzione atipici”, perché non è un reato a concorso necessario, ma soltanto eventuale, in quanto per la sua configurabilità è sufficiente la sola promessa di utilità da parte del corruttore, la quale si atteggia come promessa del fatto del terzo e, conseguentemente, impegna solo chi la effettua (Sezione I, 4 giugno 2014, Scaramuzzino), con la conseguenza che il reato, di cui al comma 1, si consuma già al momento dell'offerta o della promessa, individuandosi la ratio dell'incriminazione nell'esigenza di “blindare”, anticipando la soglia di tutela, i meccanismi democratici elettivi, in quanto massime espressioni della democrazia diretta, attraverso un apparato sanzionatorio finalizzato a garantire, nella maggiore estensione possibile, la regolarità e la correttezza della consultazione elettorale, preservando l'elettore da ogni condizionamento e tutelando la libertà del diritto elettorale.

Il reato di cui al comma 2, invece, si consuma al momento dell'accettazione dell'offerta o della promessa o della ricezione del denaro o altra utilità e non è necessario, per la sua integrazione, il conseguimento delle provvidenze, purché offerte o promesse e accettate in funzione del voto da esprimere in una determinata e prossima competizione elettorale, consistendo in ciò l'accordo illecito tra l'elettore e il candidato (Sezione VI, 20 luglio 2016, Di Puppo).

Per la consumazione di entrambi i reati, conclude la Corte, è sufficiente il compimento della condotta illecita descritta nel modello legale di reato per l'integrazione della fattispecie incriminatrice, essendo la soglia di punibilità anticipata alla previsione della semplice promessa o alla sua accettazione, condotte ampiamente sufficienti per porre in pericolo il bene giuridico protetto dall'incriminazione (trattasi di reato plurioffensivo perché la norma incriminatrice appresta tutela sia all'interesse dello Stato al libero e corretto svolgimento delle consultazioni elettorali, che il diritto politico di ogni elettore alla libera determinazione ed espressione della propria propensione elettorale).

Corte di cassazione – Sezione III penale - Sentenza 10 agosto 2017 n. 39064

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