Elezione di domicilio non è violata se all'indagato non sono comunicati estremi del procedimento
È da escludere che l'elezione di domicilio possa ritenersi violata per il solo fatto che all'indagato non siano stati comunicati, al momento dell'elezione, gli estremi del procedimento penale a suo carico né gli siano state contestate le norme asseritamente violate. La Corte di cassaziome, con la sentenza 11 gennaio 2019 n. 1208, si è impegnata nel ricostruire il significato e il contenuto della dichiarazione e dell'elezione di domicilio.
Nel ribadirsi, in proposito, che la dichiarazione di domicilio è una manifestazione di scienza, che consiste nell'indicazione del luogo di abitazione o di abituale esercizio dell'attività professionale, sicché l'imputato comunica una situazione reale, indicando il luogo dove effettivamente abita o lavora, mentre l'elezione di domicilio è invece una manifestazione di volontà, che consiste nella scelta di un luogo e di una persona presso la quale l'indagato o l'imputato intende ricevere le notificazioni, la Cassazione ha escluso che la dichiarazione e l'elezione di domicilio abbiano anche una funzione di contestazione delle norme che si assumono violate o di comunicazione degli estremi del procedimento penale a carico, costituendo esclusivamente atti preordinati all'effettuazione delle notificazioni.
Infatti, si è argomentato, l'articolo 161 del Cpp non prevede che il giudice, il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, nell'invitare l'indagato o I'imputato a dichiarare o eleggere domicilio per le notificazioni, gli comunichino gli estremi del procedimento penale che lo riguarda e, ancor meno, le norme che si assumono violate: tanto è vero che la dichiarazione e l'elezione di domicilio dispiegano i propri effetti anche in relazione ad altri reati, oggetto di contestazione successivamente alla dichiarazione o all'elezione. La legge processuale penale, conclude il giudice di legittimità, prevede che i dati relativi al procedimento e ai reati che ne costituiscono l'oggetto vengano comunicati con l'informazione di garanzia ex articolo 369 del Cpp, che costituisce atto ben distinto dalla dichiarazione o dall'elezione di domicilio, sebbene l'invito ex articolo 161 del Cpp possa essere anche formulato con la predetta informazione di garanzia.
L'indagato potrà poi venire a conoscenza degli estremi del procedimento penale a suo carico mediante una richiesta ex articolo 335 del Cpp, tranne che l'iscrizione non riguardi uno dei reati di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del Cpp. È una disciplina che conferma il fatto che si tratta di strumenti processuali completamente diversi dalla dichiarazione o dall'elezione di domicilio.
In termini, di recente, sezione III, 6 aprile 2017, Proc. Rep. Trib. Bologna in proc. Maderegger, dove si è affermato che il verbale di elezione o dichiarazione di domicilio deve avere come suo contenuto essenziale l'avvertimento al soggetto richiesto che questi, come indagato o imputato, «ha l'obbligo comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in mancanza di tale comunicazione o nel caso di rifiuto di dichiarare o eleggere domicilio, le notificazioni verranno eseguite mediante consegna al difensore», senza alcun riferimento invece all'articolo di legge in cui è prevista la fattispecie di reato e alla descrizione del fatto contestato e senza quindi la necessità, in caso di persona alloglotta, di tradurre la norma violata e la descrizione del fatto, dovendosi limitare, in tal caso, la traduzione al suddetto avvertimento: è quindi abnorme, perché determina una stasi irrimediabile del procedimento, il provvedimento con cui il tribunale abbia erroneamente dichiarata la nullità del verbale di elezione/dichiarazione di domicilio (e di tutti gli atti conseguenti, compreso il decreto di rinvio a giudizio) sull'inesatto presupposto che questo, riguardando un imputato alloglotta, dovesse contenere anche la traduzione della norma violata e della descrizione del fatto contestato, e, per l'effetto disposta la restituzione degli atti al giudice dell'udienza preliminare.
Cassazione – Sezione IV penale – Sentenza 11 gennaio 2019 n. 1208