Energia elettrica, i paletti al rimborso diretto delle addizionali provinciali
La Cassazione, ordinanza interlocutoria n. 32088 depositata oggi, ha rinviato la questione alla pubblica udienza
Resta ancora aperta la questione della rimborsabilità della addizionale provinciale pagata sulla fornitura di energia elettrica da parte del fornitore. La Cassazione adita per risolvere una controversia tra Enel energia (ricorrente) e un consumatore ha infatti rinviato la decisione, ordinanza interlocutoria n. 32088 depositata oggi, alla pubblica udienza per la rilevanza e la novità della questione.
L’addizionale sulle accise, introdotta nel 1998 e abolita nel 2012, era a carico del fornitore che poteva poi traslarne il costo sull’utente finale. Secondo la Direttiva UE del 2008 (n. 2008/118/CE) gli Stati membri possono introdurre nuove tasse sulla fornitura di energia purché rispondano a specifiche finalità. E proprio la presenza di una specifica finalità è stata messa in dubbio da molti consumatori che hanno chiesto il rimborso di quanto versato.
Secondo Enel, per un verso, non siamo davanti ad una nuova imposta ma soltanto ad un “aumento” di quella già esistente; per l’altro, trattandosi di un rapporto tra privati, non sarebbe comunque possibile la disapplicazione della norma interna, in quanto le Direttive hanno efficacia solo verticale (tra il privato e lo Stato).
Ci troviamo dunque, riassume la Suprema corte, di fronte ad una duplice questione: a) se l’addizionale provinciale sia un autonomo tributo, che si giustifica solo se assolve ad una specifica finalità (o se invece sia un mero aumento quantitativo della usuale accisa); b) se comunque, anche ove fosse autonomo tributo, il giudice possa ritenerlo indebito, disapplicando le norme interne che lo prevedono per contrasto con la direttiva europea.
Per la Terza sezione civile la questione va rimessa alla pubblica udienza. Infatti, si legge nella decisione, su una vicenda assolutamente analoga, ossia un soggetto privato che ha agito contro il suo fornitore per la restituzione della addizionale provinciale, un tribunale italiano ha sollevato questione pregiudiziale alla UE ponendo proprio la questione se la Direttiva del 2008 possa essere applicata direttamente nei rapporti tra privati e se di conseguenza si possano disapplicare le norme interne confliggenti con la direttiva.
La Corte di Giustizia, l’ 11 aprile 2024 ( GCUE in causa C-316/22) ha risposto che il Tfue “osta a che un giudice nazionale disapplichi, in una controversia tra privati, una norma nazionale che istituisce un’imposta indiretta contraria ad una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva non trasposta o non correttamente trasposta, salvo che il diritto interno disponga diversamente o che l’ente … sia soggetto all’autorità o al controllo dello Stato o disponga di poteri esorbitanti rispetto a quelli risultanti dalle norme applicabili ai rapporti tra privati”.
Perché ciò accada, riassume la Corte, si deve allora verificare: a) che il diritto interno autorizzi una diretta applicazione della direttiva europea (o ritenere che valgano anche gli orientamenti giurisprudenziali; b) in caso contrario, che il fornitore disponga di poteri esorbitanti rispetto a quelli risultanti dalle norme applicabili ai rapporti tra privati.
Sulla questione dei rimborsi e delle connesse difficoltà o impossibilià ad ottenerli da parte dei consumatori (alla luce della sentenza della Cgue) la Sezione tributaria della Cassazione, nel luglio scorso, aveva aperto all’azione diretta contro il Fisco affermado il seguente principio di diritto: «In caso di addebito da parte del fornitore di energia al consumatore finale dell’addizionale provinciale di cui all’art. 6, comma 2, d.l. n. 511/1988 in contrasto con l’art. 48 Dir. 2008/118/CE, l’impossibilità per il consumatore finale di far valere l’azione di indebito oggettivo nei confronti del fornitore costituisce presupposto per formulare l’azione di indebito oggettivo nei confronti dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli».