Penale

Equa riparazione, perdita di chance da considerare ai fini dell'indennizzo

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 37206 depositata oggi

di Francesco Machina Grifeo

Nella definizione del quantum dell'indennizzo per l'equa riparazione conseguente alla ingiusta detenzione, il giudice non può trascurare la perdita di occasioni lavorative allegata dalla vittima di "malagiustizia". Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 37206 depositata oggi, accogliendo con rinvio il ricorso di un ingegnere,particolarmente affermato nella sua provincia di origine, ingiustamente messo agli arresti domiciliari per circa un mese per turbativa d'asta.

La Corte di appello di L'Aquila, considerato il clamore mediatico dell'arresto, aveva aumentato l'importo derivante dal calcolo aritmetico portandolo a 6mila euro. Contro questa decisione il professionista ha proposto ricorso in appello affermando di aver patito altri danni patrimoniali non presi in considerazione dal Collegio territoriale.

La IV Sezione ricorda che ferma restando la cifra massima stabilita dalla legge in 516.456,90 euro, il giudice della riparazione può discostarsi dall'ammontare giornaliero di 235,82 euro (117,91 per gli arresti domiciliari), "valorizzando lo specifico pregiudizio, di natura patrimoniale e non patrimoniale derivante dalla restrizione della libertà dimostratasi ingiusta".

Il riferimento al criterio aritmetico, che risponde all'esigenza di garantire un trattamento tendenzialmente uniforme nei diversi contesti territoriali, dunque, "non esime il giudice dall'obbligo di valutare le specificità, positive o negative, di ciascun caso e, quindi, dall'integrare opportunamente tale criterio, innalzando ovvero riducendo il risultato del calcolo aritmetico per rendere la decisione più equa possibile e rispondente alle diverse situazioni sottoposte al suo esame".

In questo senso, conclude la Corte, debbono ritenersi fondate le censure prospettate dal ricorrente con riferimento al "diniego del riconoscimento, di ulteriori danni non patrimoniali, rispetto a quelli liquidati, con specifico riferimento al mancato affidamento di nuovi incarichi professionali".

La Corte territoriale, infatti, ha ritenuto di accedere alla richiesta di liquidazione in relazione agli ulteriori danni, limitandosi ad esaminare il solo profilo del discredito subito in relazione alla pubblicazione della notizia dell'arresto sui quotidiani".

Così facendo però "ha omesso di approfondire la problematica relativa alla perdita degli incarichi in corso e di chances lavorative di analoga natura". Al contrario, prosegue la decisione, il Giudice della riparazione deve valutare le specificità, positive o negative, di ciascun caso e, quindi, "integrare opportunamente il criterio aritmetico in relazione a tutte le diverse situazioni sottoposte al suo esame e, in particolare, esaminando analiticamente gli ulteriori pregiudizi lamentati dal ricorrente".

Mentre l'eventuale "implementazione dell'indennizzo" trova una giustificazione normativa nel richiamo, ex articolo 315, comma 3, cod. proc. pen, alle disposizioni in materia di errore giudiziario (articoli 643 e segg. cod. proc. pen.), "quanto agli elementi (conseguenze personali e quindi anche professionali oltre che familiari) di cui il giudice deve tener conto ai fini della decisione, in guisa da soddisfare, nel conteggio conclusivo, le diverse voci di danno elencate".

La Corte di appello di L'Aquila, in sede di rinvio, dovrà dunque, a seguito di una valutazione delle specificità positive o negative, operare una valutazione dell'opportunità di integrare o meno il risultato del calcolo, eventualmente "rivalutando i profili lavorativi e considerando altresì gli eventuali ulteriori pregiudizi (se adeguatamente documentati), al fine di rendere la decisione più equa possibile".

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