Errore giudiziario, riparazione estesa alla custodia cautelare
La Corte di cassazione, sentenza 32632 depositata oggi, torna sui rapporti tra riparazione e ingiusta detenzione<br/>
La riparazione dell'errore giudiziario attiene non soltanto ai pregiudizi derivati dalla espiazione della pena definitiva ma anche a quelli conseguenti alla detenzione a titolo di custodia cautelare subita nel corso del processo. In questo senso la domanda relativa alla riparazione dell'errore giudiziario può comprendere anche quella per la riparazione dell'ingiusta detenzione eventualmente subita, "senza applicazione del tetto massimo previsto dall'art. 315 cod. proc. pen. di 516.456,00 euro stabilito per l'ingiusta detenzione, anche se da tale parametro di riferimento tuttavia può trarsi un criterio di massima di quantificazione pro die".
La Corte di cassazione, sentenza 32632 depositata oggi, nuovamente adita a seguito di annullamento con rinvio, torna sui principi espressi con la prima decisione (n. 10236/2020) relativa al caso di un uomo ingiustamente processato e sottoposto a detenzione per cinque anni, respingendone però la richiesta di una maggiorazione nella liquidazione dei danni.
"È vero – argomenta la decisione - che l'art, 643 c.p.p., comma 1 (Riparazione errore giudiziario), prende in considerazione, per stabilire l'entità della riparazione per l'errore giudiziario, la durata della eventuale espiazione della pena o internamento, oltre alle conseguenze personali e familiari derivanti dalla condanna, e non ricomprende invece espressamente le conseguenze derivanti dalla privazione della libertà personale a diverso titolo". "Ma - aggiunge - un'interpretazione riduttiva, fondata esclusivamente sulla lettera della nonna indicata, non sarebbe condivisibile".
Quanto poi al problema, affrontato dalla decisione assunta in sede di rinvio e oggi impugnata, relativo al danno mora le e al danno esistenziale nell'epoca successiva alla detenzione, la Corte territoriale – prosegue la Cassazione - ha assunto, da un lato, che la "richiesta del ristoro di detti affermati pregiudizi era comunque coperta dall'intangibilità della valutazione già operata in relazione alla liquidazione del danno biologico permanente, atteso altresì il carattere tendenzialmente omnicomprensivo delle cd. tabelle milanesi; d'altro canto ha sottolineato - con una considerazione che non è stata specificamente censurata in relazione a tale peculiare aspetto - che faceva difetto la prova che di tali affermati pregiudizi si potesse parlare in termini ulteriori rispetto a quanto già determinato, in ossequio ed adempimento all'entità standard già determinata dalle tabelle".
Parimenti, quanto al danno morale per il periodo di detenzione, prosegue la decisione, l'ordinanza impugnata "non ha disatteso la richiesta ovvero negato la possibilità di indennizzare il pregiudizio, ma ha ritenuto che non vi fosse prova del pregiudizio ulteriore".
In relazione poi alla contestata determinazione - nel 5% del parametro aritmetico già liquidato - del quantum concernente l'ulteriore indennizzo per il danno esistenziale sofferto, "è stato ad es. osservato che in tema di quantificazione della somma dovuta per ingiusta detenzione, il danno biologico non deve necessariamente essere liquidato mediante applicazione del criterio tabellare adottato dalla giurisprudenza civile, dovendosi ritenere che la natura non patrimoniale di questo tipo di danno consenta di ricorrere anche a criteri equitativi, purché essi non risultino illogici e conducano ad un risultato che non si discosti in modo irragionevole e immotivato dai menzionati parametri tabellari".
Così, conclude la Corte, "alcuna manifesta irragionevolezza può dirsi evidenziata, tenuto conto che il riferimento al cd. parametro aritmetico consente comunque di ovviare alla lacuna evidenziata in sede di annullamento quanto all'assenza di parametri e che, in definitiva, il ricorso al criterio equitativo non si pone nell'alveo dell'illogicità, tenuto invero conto che si tratta non del danno esistenziale in sé ma di un pregiudizio ulteriore ritenuto meritevole di indennizzo adeguato".