Esercizio abusivo dell’attività per il consulente tributario
Indicare sulle fatture l’iscrizione all’associazione nazionale dei consulenti tributari non salva dal reato di esercizio abusivo della professione di commercialista, se le prestazioni invadono la sfera riservata agli iscritti all’Albo. La Cassazione, (sentenza 12282/2020) respinge il ricorso contro la condanna per il reato, previsto dall’articolo 348 del Codice penale.
Nel mirino dei giudici è finito il lavoro svolto dalla consulente per due società, che andava dalla tenuta della contabilità alle dichiarazioni fiscali, dalla predisposizione dei modelli di pagamento, alle verifiche delle imposte. A questo si aggiungeva un compito di rappresentanza nei rapporti con Equitalia e agenzia delle Entrate. Funzioni, svolte con continuità e organizzazione che - specifica la Corte - pur non essend o esclusive di una professione rientrano nella competenza specifica dei dottori commercialisti ed esperti contabili. Dunque, off -limit per il non iscritto all’Albo, a prescindere dal consenso e dalla consapevolezza del clienteche la prestazione non è eseguita da un abilitatoo
Un principio, ricorda la Suprema corte, ribadito anche dalla sentenza 33464/2018, in un caso di tenuta della contabilità aziendale con consulenza di lavoro.
Nello specifico non basta la presenza delle “indicazioni diverse”, invocate dalla difesa. L’imputata, riteneva di poter svolgere il lavoro perché nelle fatture che rilasciava era, specificato «consulenze di direzione-legale rappresentante iscritto all’Ancot». Questo senza riportare mai il titolo di commercialista.
Ad avviso della ricorrente le cautele, che provavano anche la buona fede, erano adeguate - come riconosciuto in parte dal Tribunale - a integrare quella «chiara indicazione diversa» che basta a escludere il reato. Per la Cassazione però, l’esplicitazione dell’assenza di un’abilitazione, che andrebbe comunque fatta su un piano generale e oggettivo, e non nell’ambito dei rapporti interpersonali, non è una scriminante. Non passa neppure la richiesta delle attenuanti generiche, negate per il lungo periodo di tempo nel quale si era esercitata la condotta illecita.
Corte di cassazione – Sezione IV – Sentenza 16 aprile 2020 n.12282