Civile

Estinzione anticipata, sussiste il diritto alla riduzione del costo totale del credito anche per contratti ante 2010

Nel recente arresto la Suprema Corte si spinge a rilevare anche la nullità della clausola che ne escluda il rimborso, dal momento che determinerebbe<i> "… a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, ai sensi dell'art.33 del D. Lgs 206/2005"</i>

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di Antonino La Lumia, Claudia Carmicino*

"L'art.125 del TUB, nella formulazione antecedente alle modifiche inserite con il D. Lgs n.141 del 2010 prevede che, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il consumatore ha diritto ad un'equa riduzione del costo complessivo del credito, secondo le modalità stabilite dal CICR. In caso di assenza della norma integrativa o di norma integrativa che rinvii all'autonomia contrattuale, il consumatore ha diritto al rimborso di tutti i costi del credito, compresi gli interessi e le altre spese che il consumatore deve pagare per il finanziamento": è questo il principio affermato dalla Suprema Corte con la recentissima ordinanza n. 25977 del 6 settembre 2023 .

Il tema affrontato è stato oggetto di un forte dibattito giurisprudenziale, che ha avuto origine dalla necessità - per il diritto nazionale - di uniformarsi alla normativa comunitaria e in particolare ai principi espressi nella nota sentenza Lexitor della Corte di Giustizia dell'11 settembre 2019 che ha interpretato l'art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, nel senso di ritenere che "il consumatore ha il diritto di adempiere in qualsiasi momento, in tutto o in parte, agli obblighi che gli derivano dal contratto di credito. In tal caso, egli ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, che comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto".

In occasione della sentenza Lexitor, la Corte di Giustizia aveva ritenuto di precisare che " … limitare la possibilità di riduzione del costo totale del credito ai soli costi espressamente correlati alla durata del contratto comporterebbe il rischio che il consumatore si veda imporre pagamenti non ricorrenti più elevati al momento della conclusione del contratto di credito, poiché il soggetto concedente il credito potrebbe essere tentato di ridurre al minimo i costi dipendenti dalla durata del contratto" (sentenza Lexitor, punto 32).

Nel contemperare gli interessi dei consumatori con quelli degli Istituti Bancari, la Corte di Giustizia aveva, quindi, privilegiato un'interpretazione finalizzata a garantire maggiore tutela ai consumatori, al fine di prevenire il rischio di abusi, anche a beneficio della concorrenza, e - come si evince anche dalla sentenza in commento - tali principi vengono oggi fatti propri dalla giurisprudenza di legittimità, proprio al fine di favorire l'armonizzazione del diritto nazionale a quello comunitario.

Nella fattispecie all'esame della Corte, il Giudice di Pace (con sentenza confermata in appello dal Tribunale di Napoli) aveva rigettato la domanda di un consumatore che, avendo estinto anticipatamente un contratto di credito al consumo, aveva chiesto la restituzione dei costi non maturati; secondo l'interpretazione fornita dal Tribunale, l'art. 125 del D.lgs. 385/93 (nel testo vigente al momento della conclusione del contratto) non poteva trovare applicazione nel caso in esame dal momento che rinviava al CICR la determinazione delle modalità di riduzione del costo del credito e, non essendo stata emanata la norma applicativa, la chiesta riduzione non poteva trovare accoglimento.

In ogni caso, a dire del giudice di primo grado, l'art. 125 sexies del TUB, come modificato dal D.lgs. 141/2010, non poteva trovare applicazione, trattandosi di norma entrata in vigore il 19 settembre 2010 e, dunque, dopo la conclusione del contratto in esame.

Le conclusioni del giudice di primo grado vengono ribaltate dalla Suprema Corte che, nell'ordinanza in commento, ha osservato come - anche in assenza di una norma attuativa del CICR - il consumatore non può essere privato del suo diritto al rimborso dei costi sostenuti "… sia perché il diritto alla riduzione del costo totale del credito è previsto dalla normativa interna e dalle direttive europee, sia perché confligge con l'orientamento giurisprudenziale volto a fornire ampia tutela al consumatore nell'ambito del credito al consumo, non solo nella fase di formazione del rapporto e della sua attuazione ma anche nell'ipotesi di adempimento anticipato del contratto. Tale finalità è evidente nella disposizione dell'art.125 del TUB, attuativo delle direttive 87/102/CEE e 90/88/CE, che prevedono il diritto del consumatore ad "un'equa riduzione del costo complessivo del credito", concetto che ricomprende "tutti i costi del credito, compresi gli interessi e le altre spese che il consumatore deve pagare per il credito".

La Corte rileva quindi che, nonostante all'epoca della conclusione del contratto il CICR non avesse emanato le delibere attuative richieste, l'art. 125 TUB, vigente all'epoca dell'estinzione del contratto, riconosceva - in caso di estinzione anticipata di finanziamento - il diritto del cliente ad un equa riduzione del costo complessivo del credito e che, nel concetto di costo, andavano compresi "tutti i costi del credito, gli interessi e le altre spese che il consumatore deve pagare per il credito".

La mancanza della norma attuativa non può, ad avviso del Collegio, privare il cliente del diritto al rimborso, anche considerato che il Giudice di merito è tenuto ad interpretare la normativa interna in modo conferme al diritto europeo, ormai orientato nel senso di riconoscere una effettiva tutela ai consumatori nell'ambito dei crediti al consumo (principio, da ultimo, ribadito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 263 del 22 dicembre 2022 ).

Del resto, sottolinea la Cassazione, anche gli interventi normativi successivi sono stati orientati nel senso di rafforzare le tutele previste a favore dei consumatori e tali interventi, unitamente alla disciplina comunitaria (direttiva 2008/48/CE), consentono di affermare che già prima dell'introduzione, nel 2010, della disciplina prevista nell'art. 125 sexies TUB, dovesse riconoscersi il diritto al rimborso dei costi in caso di estinzione anticipata del finanziamento.

A dire della Corte, la diversa interpretazione contenuta nella decisione censurata finirebbe con il privare il consumatore "… di tutela effettiva, in caso di adempimento anticipato, sulla base della inesistenza di una norma secondaria, la delibera CICR, che ha carattere integrativo di una norma primaria".

La Suprema Corte va oltre; a fronte delle eccezioni formulate dal convenuto, secondo cui il CICR sarebbe intervenuto nel determinare le modalità di rimborso, demandandolo all'autonomia contrattuale e che, nel caso di specie, nessun rimborso era stato previsto in favore del ricorrente in caso di estinzione anticipata del finanziamento, si spinge a rilevare la nullità di una clausola contrattuale che ne escluda il rimborso, dal momento che determinerebbe "… a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, ai sensi dell'art.33 del D. Lgs 206/2005".

Come chiarito nell'ordinanza in commento, tale clausola determinerebbe certamente uno squilibrio tra le parti, consentendo all'ente finanziatore di trattenere somme relative all'intera durata del contratto nonostante la prestazione venga estinta anticipatamente e la stessa avrebbe natura di clausola abusiva, con conseguente dovere – in capo al giudice - di rilevarne, anche d'ufficio, la nullità

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*A cura dell'avv. Antonino La Lumia e dell'avv. Claudia Carmicino - Lexalent

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