Famiglia

Famiglia e successioni: il punto sulla giurisprudenza dei giudici di merito

La selezione delle pronunce di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022

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di Valeria Cianciolo

Si segnalano in questa sede i depositi della giurisprudenza di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022. Le pronunce in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni:
1.Bigenitorialità, misure sanzionatorie e presupposti
2.Distinzione tra amministrazione di sostegno cosiddetta sostitutiva o mista e amministrazione puramente di assistenza
3.Incapacità del testatore e testamento olografo
4.Revoca della donazione e mancata prova dell'ingiuria grave
5.Nomina del curatore del minore con poteri di natura sostanziale
6.Nessuna validità per la scrittura privata contenente l'obbligo del mantenimento del figlio quarantenne
7.Revoca dell'interdizione e nomina dell'amministratore di sostegno per la persona borderline
8.Restituzione dei doni fra ex conviventi e non modicità della somma di denaro

1. PROCESSO CIVILE - Per l'applicazione delle misure sanzionatorie previste dall'articolo 709 ter Cpc occorre la lesione del benessere della prole necessario a giustificare l'intervento giudiziale. (Cpc, articolo 709 ter)
Per l'applicazione dell'articolo 709 ter Cpc deve essere ravvisabile il presupposto della lesione del benessere della prole necessario a giustificare l'intervento giudiziale. L'ingerenza giurisdizionale presuppone, infatti, che il mancato perfezionamento dell'accordo tra i genitori esercenti la potestà sia accertato come dissidio insuperabile, in quanto diversamente opinando, in presenza di una forte difformità di vedute e di orientamenti educativi tra i genitori, si avrebbe quale effetto che l'esercizio della potestà, e proprio con riguardo alle questioni di maggior rilievo, finirebbe per concentrarsi sul giudice, con conseguente sostanziale svuotamento dello stesso esercizio da parte dei titolari della potestà medesima e accumulo di responsabilità in capo all'organo giudiziario. In linea generale stando al perimetro della norma in esame, il giudice è chiamato ad intervenire solamente in casi di "insuperabile conflittualità, che integri, attraverso il blocco delle funzioni decisionali inerenti la vita del soggetto minore, un consistente pregiudizio ai suoi pregnanti interessi, non già in presenza di una forte difformità di vedute o di orientamenti educativi.
Corte d'Appello di Milano, decreto 4 maggio 2022 – Pres. Laurenzi, Cons. Est. Pizzi

2. AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO - Nel caso dell'amministrazione di mera assistenza il beneficiato è capace di disporre del suo patrimonio per testamento in favore dell'amministratore di sostegno. (Cc articoli 411, 414, 427, 596, 599 e 779)
L'amministrazione di sostegno sostitutiva o mista presenta caratteristiche affini alla tutela, poiché l'amministrato, pur non essendo tecnicamente incapace di compiere atti giuridici, non è comunque in grado di determinarsi autonomamente in difetto di un intervento, appunto sostitutivo ovvero di ausilio attivo, dell'amministratore. Nel secondo caso, invece, l'istituto dell'amministrazione di sostegno si avvicina alla curatela, in relazione alla quale l'ordinamento non prevede i divieti di ricevere per testamento e donazione, previsti, al contrario, per tutore e protutore dagli articoli 596, 599 e 779 c.c.. Ne discende che, in assenza di divieto di legge, nel caso dell'amministrazione di mera assistenza il beneficiato è da ritenere pienamente capace di disporre del suo patrimonio per testamento in favore dell'amministratore di sostegno, a prescindere dalla circostanza che tra i due soggetti (amministratore e beneficiato) sussistano vincoli di parentela di qualsiasi genere, di coniugio o una stabile condizione di convivenza.
NOTA
E' principio espresso dalla giurisprudenza che il beneficiario di amministrazione di sostegno, se pure può venire limitato nella sua autonomia negoziale, non di meno non diviene mai formalmente incapace (non si pronunzia sentenza costitutiva di limitazione totale o parziale della capacità).
Si deve ritenere che sicuramente nell'amministrazione di sostegno il beneficiario possa liberamente fare donazione, salvo che il giudice ritenga di dover inserire nel decreto la limitazione a tale facoltà, ex articolo 411, comma 4, c.c.; ciò sulla base dello spirito e della impostazione della legge 6/2004; in tale ottica, devono privilegiarsi soluzioni ermeneutiche che conservino facoltà e poteri in capo al beneficiario, laddove non vi siano divieti di legge o limitazioni ex decreto del Giudice.
La dottrina ha, altresì, individuato due diverse tipologie di amministrazione di sostegno, che si differenziano in base ai poteri conferiti all'amministratore di sostegno con l'atto di nomina. La cosiddetta amministrazione sostitutiva presenta caratteristiche simili all'interdizione, in quanto il beneficiario è incapace di determinarsi autonomamente in mancanza di un intervento sostitutivo dell'amministratore; mentre la cosiddetta amministrazione collaborativa o puramente di assistenza si avvicina alla curatela, in quanto l'amministratore si limita ad affiancare il beneficiario nei compiti indicati nel decreto di nomina.
Nel caso in esame, il rinvio operato dall'articolo 411, comma 2, c.c., in tema di amministrazione di sostegno, all'articolo 596 c.c. è stato erroneamente inteso, poiché tale richiamo non estenderebbe automaticamente all'amministratore di sostegno il divieto di succedere espressamente previsto per il tutore. Infatti, è lo stesso articolo 411 c.c. che prevede una condizione di compatibilità.

Pertanto, riscontrato che la nullità delle disposizioni testamentarie a favore del tutore si riferisce ad una fattispecie legale in cui il tutelato perde del tutto la propria capacità di agire a causa di una infermità mentale abituale, essa potrà trovare applicazione soltanto ad un'amministrazione di sostegno cosiddetta sostitutiva, in cui il beneficiario non è ritenuto in grado di determinarsi autonomamente senza l'intervento sostitutivo dell'amministratore. In presenza, invece, di un'amministrazione di sostegno cosiddetta assistenziale, il beneficiato - che viene assimilato dalla Suprema Corte all'inabilitato - «è pienamente capace di disporre del suo patrimonio, anche per testamento e con disposizione in favore dell'amministratore di sostegno, a prescindere dalla circostanza che tra i due soggetti (amministratore e beneficiato) sussistano vincoli di parentela di qualsiasi genere, o di coniugio, ovvero una stabile condizione di convivenza».
Parimenti, da quanto disposto al comma 3, dell'articolo 411 c.c. non si può far discendere l'invalidità delle disposizioni testamentarie in favore di parenti oltre il quarto grado o non parenti. Detta norma nel sancire la validità delle disposizioni testamentarie a favore dell'amministratore di sostegno che sia parente entro il quarto grado del beneficiario, ovvero che ne sia coniuge o persona che sia stata chiamata alla funzione in quanto con lui stabilmente convivente, non prevede affatto l'incapacità a succedere oltre il quarto grado.

Corte d'Appello Palermo, Sez. II, sentenza 21 aprile 2022, n. 671 – Pres. Lupo, Cons. rel. Ciardo

3. INCAPACITA' E TESTAMENTO - Se manca la prova di una infermità incidente sulla capacità di intendere e di volere in modo permanente, occorre provare che la redazione del testamento era avvenuta in un momento di incapacità di intendere e di volere di tipo transitorio. (Cc articolo 591)
La nozione di "incapacità di intendere e di volere" tale da determinare la incapacità di testare nella accezione di cui all'articolo 591 comma 2 n. 3 Cc, implica di accertare che il testatore versasse in condizioni intellettive tali da dover far escludere la permanenza di qualsiasi facoltà di discernimento o della possibilità di potersi determinare liberamente e autonomamente nelle proprie scelte; in tale prospettiva, non ogni anomalia o alterazione delle facoltà intellettuali implica incapacità di testare, ma occorre, a tale effetto, che l'anomalia incida totalmente sulla coscienza dei propri atti ovvero di quell'attitudine ad autodeterminarsi; e tale condizione non si identifica in una generica alterazione del normale processo di formazione ed estrinsecazione della volontà ma richiede che, a causa dell'infermità, il soggetto, al momento della redazione del testamento, sia assolutamente privo della coscienza del significato dei propri atti e della capacità di autodeterminarsi.
Quanto alla ripartizione degli oneri probatori, spetta a chi deduca la invalidità del testamento dimostrare che il testamento venne redatto in una condizione di permanente e stabile demenza poiché, in questo caso, la incapacità di testare si presume e spetta a chi intenda avvalersene dimostrare che lo stesso fu redatto in un momento di lucido intervallo. Qualora, invece, detta infermità sia intermittente o ricorrente, poiché si alternano periodi di capacità e di incapacità, non sussiste tale presunzione e, quindi, la prova dell'incapacità deve essere data da chi impugna il testamento.
Corte d'Appello Torino, Sez. II, Sent., 28 marzo 2022, n. 340 – Pres. Grosso, Cons. Rel. Giani

4. DONAZIONE – Nessuna revoca della donazione se non vi è prova che il figlio si è disinteressato del padre.(Cc articolo 801; Cp articoli 594 e 595)
Il presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale la sua natura di offesa all'onore ed al decoro della persona, deve essere caratterizzato dalla manifestazione, nel comportamento del donatario, di un durevole sentimento di disistima delle qualità morali e di irrispettosità della dignità del donante contrastanti con il senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbe, invece, improntarne l'atteggiamento.
Con riguardo, invece, alla nozione di pregiudizio grave al patrimonio del donante ricorre il requisito laddove la condotta del donatario si traduce un malvagio, inteso come doloso e quindi intenzionale, proponimento di danneggiare così da comportare un pregiudizio economico a carico del donante.
Nel caso di specie in quanto non è emersa con certezza la prova che il figlio si fosse disinteressato del padre e che da una tale condotta fosse derivato un grave pregiudizio economico per quest'ultimo.
NOTA
Particolare rilievo riveste l'ipotesi dell'ingiuria grave, perpetrata dal donatario nei confronti del donante nella quale, differentemente dalle ipotesi di cui all'articolo 463, nn. 1, 2 e 3 Cc, ha rilevanza il comportamento in danno soltanto del donante e non anche nei confronti dei suoi congiunti più stretti, ciò in considerazione della minore gravità del fatto.
L'elemento oggettivo del presupposto in argomento consiste nell'ingiuria grave.
La nozione di ingiuria grave è concetto giuridico aperto, una di quelle definizioni prive di confini predeterminati che l'ordinamento utilizza per assimilare la valutazione giuridica a quella sociale, lasciando un ampio margine di discrezionalità alle Corti nella loro determinazione.
Quando sussiste l'ingiuria grave? L'ampiezza dello spatium deliberandi affidato all'applicazione giurisprudenziale ha determinato negli anni non poche oscillazioni interpretative e forzature esegetiche.
Per dottrina e giurisprudenza consolidate, a tal fine, non sono di aiuto le norme penalistiche dettate in tema di ingiuria (articolo 594 Cp) e di diffamazione (articolo 595 Cp), fattispecie di reato che, comunque, possono senz'altro servire all'interprete come orientamento: il concetto di ingiuria grave è svincolato, ai fini civilistici, da quello penalistico, sia sotto il profilo sostanziale, sia sotto quello processuale, non occorrendo un preventivo accertamento dei fatti in giudizio penale e dunque, se l'eventuale proscioglimento del donatario in sede penale preclude, verosimilmente, l'azione di revocazione, l'eventuale condanna non comporta, necessariamente, la sussistenza dei presupposti per la revocazione.
Centrale, al fine di giustificare la revocabilità della donazione per ingiuria, risulta essere l'indagine, affidata insindacabilmente al giudice di merito, circa l'entità dell'offesa arrecata all'onore ed al decoro del donante: soltanto quando si manifesta con particolare gravità, infatti, giustifica la potenziale inefficacia dell'atto liberale.
In tal senso, la Cassazione ha più volte sottolineato come la gravità dell'ingiuria non vada stimata soltanto dal punto di vista dell'entità del fatto, ma principalmente come manifestazione di un particolare sentimento di avversione del donatario nei confronti di chi lo ha beneficiato che esprima quella ingratitudine che ripugna alla coscienza comune.

Corte d'Appello L'Aquila, sentenza 5 maggio 2022, n. 645 – Presidente Ciofani

5. PROCESSO CIVILE - Nomina del curatore del minore con poteri di natura sostanziale. (Cc, articoli 147, 156, 333, 336, 337 sexies e 342 ter; Cpc, articoli 33, 103, 104, 78, 80, 210 e 709 ter; Costituzione, articolo 30 Cost.; Reg. 2201/2003, articolo 8; articolo 17 della Convenzione dell'Aja del 19 ottobre 1996; Legge 206/2021, articolo 1 comma 31)
Nei giudizi riguardanti l'adozione di provvedimenti limitativi, ablativi o restitutivi, della responsabilità genitoriale, l'articolo 336, comma 4, Cc, in ragione del conflitto di interessi verso entrambi i genitori, richiede la nomina di un curatore speciale del minore, ai sensi dell'articolo 78 Cpc.
Attribuiti al curatore speciale poteri che travalicano l'ambito processuale e involgono la sfera quotidiana dei minori come prevede la Legge 26 novembre 2021, n. 206 che ha recentemente modificato l'articolo 80 Cpc, prevedendo che al curatore speciale del minore possano essere attribuiti specifici poteri di rappresentanza sostanziale e che egli debba procedere all'ascolto del minore.
NOTA
Si segnala il provvedimento perché anticipa quanto stabilito dalla riforma del processo civile con la Legge 26 novembre 2021, n. 206 che ha modificato l'articolo 80 Cpc, aggiungendo un terzo comma, il quale prevede che al curatore speciale del minore possano essere attribuiti specifici poteri di rappresentanza sostanziale e che egli debba procedere all'ascolto del minore in attuazione delle disposizioni delle Convenzioni internazionali. Si tratta di una norma che va contestualizzata alla luce delle disposizioni già esistenti che possono legittimare l'adozione di provvedimenti che coinvolgano il minore nel corso di una separazione, laddove uno o entrambi i genitori non siano capaci di assumere decisioni nell'interesse del minore.
La riforma ha accolto le istanze indicate da tempo dalla giurisprudenza che si è espressa per la obbligatorietà della nomina del curatore in ogni giudizio de potestate, osservando che in tali giudizi la posizione del figlio è opposta a quella di entrambi i genitori e va tutelata direttamente in quanto persona titolare di diritti soggettivi che l'ordinamento deve non solo riconoscere e garantire.
L'articolo 1, comma 37, Legge delega n. 206/2021 prevede che le disposizioni contenute nei commi da 27 a 36 si applichino ai procedimenti instaurati a decorrere dal 180° giorno successivo all'entrata in vigore della Legge stessa (24 dicembre 2021), e quindi dal 22 giugno 2022, e precisamente:
– ai procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie (commi 27, 28, 30, 31, 33, 34 e 35); – ai procedimenti in materia di esecuzione forzata (commi 29 e 32); – ai procedimenti in materia di stato di cittadinanza (comma 36). Le modifiche introdotte, pertanto, troveranno applicazione prima dell'esercizio della delega per la riforma del processo civile, che potrà a sua volta intervenire sul medesimo ambito di applicazione (in particolare in materia di procedimenti relativi ai diritti delle persone e delle famiglie).

Tribunale di Treviso, decreto 26 aprile 2022 – Pres. Ronzani, Giud. Rel. est. Civiero

6. MANTENIMENTO DEL FIGLIO - Non configurabile l'obbligo del mantenimento di un figlio maggiorenne a mezzo di una scrittura privata. (Cc articoli 337-sexies, 438, 443, 1988)
La promessa di pagamento, pur invertendo l'onere di provare il rapporto fondamentale, impone la dimostrazione dell'esistenza di causa idonea a giustificare lo spostamento patrimoniale previsto.
Una scrittura privata con la quale il padre si obbliga al mantenimento del figlio quasi quarantenne non può qualificarsi come promessa di pagamento né è sorretta da alcuna idonea causa risultando, di conseguenza, nulla.
Nel caso di specie, le condizioni per il contributo di mantenimento per il figlio quarantenne erano insussistenti all'esito di un esauriente accertamento di fatto circa la complessiva condotta personale tenuta dall'interessato, dedito all'alcol e alla droga, visto il mancato impegno per la ricerca di un'occupazione lavorativa.
Tribunale di Modena, sentenza 30 maggio 2022 n. 697 – Giud. Bolondi

7. AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO – Revocata l'interdizione e disposta la nomina di un amministratore di sostegno per la persona affetta da disturbo borderline. (Cc, articoli 414, 404, 429; Legge 6/2004, articoli 3, 4, 10)
L'amministrazione di sostegno è uno strumento di protezione che viene privilegiato dall'ordinamento rispetto all'interdizione, offerto alle persone non autonome, tuttavia in possesso di capacità di agire, anche residuali e contenute, tale da non richiedere una permanente totale rappresentanza della persona disabile in tutti gli atti della sua vita.
Tenuto conto che nel caso in esame, non vi fosse prova che fosse venuta meno la condizione di infermità mentale che ne aveva imposto l'interdizione e rivelandosi ancora necessaria una forma di protezione giuridica, considerando poi le attuali condizioni della beneficiaria, persona con disturbo borderline, e della natura del suo patrimonio (costituito da immobili e da denaro), si è ritenuto legittimo revocare la misura dell'interdizione sostituendola con quella dell'amministrazione di sostegno.
NOTA
L'istituto dell'interdizione non sempre adeguato alle concrete esigenze di tutela dei soggetti coinvolti è misura residuale, mentre lo strumento dell'amministrazione di sostegno tutela, senza escludere la capacità di agire del beneficiario, le persone prive in tutto o in parte di autonomia.
L'interdizione e l'inabilitazione, a differenza dell'amministrazione di sostegno, sono inoltre misure di protezione essenzialmente finalizzate alla tutela degli interessi di natura patrimoniale dell'interessato, con un particolare riguardo agli interessi dei suoi familiari (soprattutto nell'ottica di conservazione di ingenti patrimoni). Probabilmente di questo insegnamento della Cassazione ha tenuto conto il Tribunale felsineo disponendo la misura dell'interdizione, poi revocata.
Secondo la Cassazione "nel giudizio di interdizione il giudice di merito, nel valutare se ricorrono le condizioni, a mente dell'articolo 418 Cc, per applicare l'amministrazione di sostegno, rimettendo gli atti al giudice tutelare, deve considerare che, rispetto all'interdizione e all'inabilitazione, l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento di adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa, ben potendo il giudice tutelare graduare i limiti della sfera negoziale del beneficiario dell'amministrazione di sostegno a mente dell'articolo 405, 5° co., nn. 3 e 4, c.c. in modo da evitare che questi possa essere esposto al rischio di compiere un'attività negoziale per sé pregiudizievole

• Tribunale di Bologna, sentenza 21 marzo 2022 n. 709 – Pres. Perla, Giud. Rel. Migliori

8. DONAZIONE - I doni tra fidanzati sono donazioni soggetti a requisiti di sostanza e di forma (Cc , articoli 80, 81, 770, 783, 2031)
I doni tra fidanzati non sono equiparabili nè alle liberalità in occasione di servizi, nè alle donazioni fatte in segno tangibile di speciale riconoscenza per i servizi resi in precedenza dal donatario, nè, infine, alle liberalità d'uso. I doni tra fidanzati non sono donativi d'uso, ma vere e proprie donazioni, come tali soggetti a requisiti di sostanza e di forma previsti dal codice.
Nel caso prospettato al Tribunale felsineo, la donna convenuta in giudizio, responsabile della rottura della relazione sentimentale, è stata condannata alla restituzione di un'ingente somma di denaro all'ex compagno.
NOTA
La restituzione dei doni tra fidanzati costituisce una causa speciale di revocazione dell'atto di liberalità compiuto, in sé perfettamente valido ed efficace: l'obbligo della restituzione non scaturisce dalla sola rottura del fidanzamento, ma richiede che il disponente richieda all'altra parte la restituzione del bene.
La restituzione dei doni tra fidanzati deriva non dalla promessa di matrimonio, ma dal mancato matrimonio, cosa differente rispetto alla promessa semplice. Ai fini della restituzione dei doni d'uso tra fidanzati (unico aspetto preso in considerazione dalla legge in relazione alla promessa semplice di matrimonio), la legge fa riferimento a qualsiasi promessa di matrimonio, formale o informale, sia unilaterale che vicendevole, sia fra persone capaci che fra minori non autorizzati. In caso di rottura di fidanzamento, presupposto per l'esercizio dell'azione di restituzione dei doni è la circostanza che i doni siano stati fatti sulla presupposizione della celebrazione del futuro matrimonio, senza necessità di una particolare forma, né di pubblicità della promessa, conseguendone il diritto alla restituzione per la sola ipotesi che il matrimonio non sia stato eseguito.
Le liberalità d'uso, costituite da regali in occasione di particolari festività, in conformità dell'uso sociale e familiare non comportano problemi di restituzione, proprio per l'uso invalso in tal senso e perché manca la causa relativa alla promessa di matrimonio non realizzatasi.

Tribunale di Bologna, sentenza 1 aprile 2022 n. 880 - Giudice Gentili

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