Civile

Fondi comuni senza autonoma soggettività giuridica

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di Angelo Busani e Elisabetta Smaniotto

I fondi comuni d’investimento (e, in particolare, i fondi immobiliari chiusi) sono privi di autonoma soggettività giuridica: si tratta di patrimoni separati della società di gestione del risparmio che li amministra, con la conseguenza che è la Sgr, e non il fondo, il titolare del patrimonio allocato nei fondi. Ne deriva, ad esempio, che gli acquisti del fondo devono essere intestati alla Sgr e non al fondo e che è la Sgr, e non il fondo, a poter agire in giudizio per tutelare il patrimonio del fondo.

È quanto deciso dalla Cassazione in una sentenza (12062/2019) dotata di una stringata motivazione, consistente nell’affermazione che si è inteso dare «continuità» all’identico «orientamento» espresso dalla Cassazione stessa con la sentenza 16605/2010, «non essendo prospettate serie ragioni a esso contrarie».

La sentenza decide non in ordine a una questione di intestazione degli immobili del fondo ma alla legittimazione del fondo a stare in giudizio, che è stata dunque negata dalla Cassazione, la quale ha affermato che è la Sgr a essere legittimata al giudizio per tutelare le ragioni del patrimonio del fondo.

La continuità che la Cassazione esprime tra la sentenza 16605/2010 e la sentenza 12062/2019 per mancanza di «serie ragioni … contrarie» rappresenta la perdita di un’ottima occasione per prendere atto che i ragionamenti espressi in dottrina e in giurisprudenza, dal 2010 in avanti, sulla soggettività del fondo appaiono convergenti nel senso di indicare che l’autonomia patrimoniale dei fondi rispetto alla Sgr che li gestisce conferisce ai fondi un intenso connotato soggettivo.

Già l’aveva affermato il Consiglio di Stato nel parere 608 dell’11 maggio 1999, ma poi il concetto è stato vigorosamente ripreso dalla Corte d’appello di Venezia ( decisione del primo marzo 2012) nonché soprattutto, dal Tribunale di Milano nella sentenza 7232 del 10 giugno 2016, la quale aveva ritenuto di «riconoscere autonomia patrimoniale - dunque capacità di essere titolare di diritti sostanziali e processuali - ai fondi comuni di investimento» e pertanto, «posto che il fondo comune d’investimento ha autonomia propria, in caso di sostituzione di una in caso di sostituzione di una società di gestione del risparmio assoggettata a commissariamento con altra società di gestione non si determina un trasferimento delle azioni incluse nel patrimonio del fondo stesso».

Il legislatore stesso, da un lato, ha esteso la disciplina della crisi ai fondi comuni di investimento (articolo 57, comma 6-bis, Tuf, introdotto dall’articolo 1, Dlgs 47/12, poi modificato dall’articolo 2, Dlgs 181/15), con ciò evidentemente dandosi credito alla tendenza circa la soggettivizzazione del fondo comune; d’altro lato, ha trattato esplicitamente i fondi come “soggetti” nella normativa in tema di dismissione di immobili pubblici: l’articolo 6, comma 1, legge 183/2011 sancisce che il ministro dell’Economia «è autorizzato a conferire o trasferire beni immobili dello Stato, a uno o più fondi comuni di investimento immobiliare»; e il successivo comma 7 (nell’introdurre il comma 8-bis all’articolo 33, decreto legge 98/2001, convertito in legge 111/2011), afferma che «I fondi istituiti dalla società di gestione del risparmio del Ministero dell’economia e delle finanze possono acquistare immobili».

Vi è infine da osservare l’articolo 36, comma 4, Tuf, ove è delineata una autonomia patrimoniale perfetta del fondo (rispetto ai quotisti, alla Sgr, ai creditori, agli altri fondi che la Sgr amministri) e una nettissima delimitazione dei poteri della Sgr in quanto a gestione, disposizione e godimento del patrimonio del fondo, che sono le tipiche esplicazioni del diritto del proprietario.

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