Penale

Furti in abitazione e con strappo, nessuna eccessività sulla pena detentiva prevista

Con la sentenza n. 117 la Consulta dichiara inammissibile la questione posta dai giudici pugliesi

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In tema di reati in abitazione e con strappo è stata sollevata questione di legittimità costituzionale per eccessività della pena, ma la Consulta, con sentenza n. 117/2021 ha bocciato la richiesta dichiarandola inammissibile.

La vicenda

I giudici pugliesi dovevano giudicare sulle imputazioni di furto aggravato in abitazione privata nei confronti due soggetti incensurati, sui quali  nonostante le attenuanti e la diminuente per il rito abbreviato, la pena da irrogarsi non poteva essere inferiore a un anno, cinque mesi e ventisette di reclusione, oltre alla multa. Viene richiamata la giurisprudenza costituzionale, perché per il rimettente la pena edittale del furto in abitazione manifesta un «eccessivo iato» rispetto ad altri reati contro il patrimonio, come il furto semplice o aggravato, la truffa semplice o aggravata, la circonvenzione di persone incapaci, la ricettazione, il danneggiamento di sistemi informatici, la frode in emigrazione e l’usura.

Secondo il Tribunale di Lecce gli articoli 3 e 27 della Costituzione sarebbero violati non soltanto dall’eccessività della pena detentiva prevista dall’articolo 624-bis del Cp per il reato di furto in abitazione, ma anche dalla limitazione del bilanciamento delle circostanze eterogenee stabilita dal quarto comma della stessa norma, «laddove, invece, la previsione di un minimo edittale più basso e la eliminazione dei rigidi automatismi di cui al quarto comma o la previsione di una “ipotesi lieve”, consentirebbe l’irrogazione di una pena molto più adeguata alla peculiarità del caso concreto».

 

La sentenza della Corte costituzionale

Dopo una ricostruzione normativa la Consulta si esprime sulle eccezioni sollevate dal Tribunale dichiarando inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 624-bis del codice penale riguardo all’eccessività del minimo edittale di pena detentiva e all’omessa previsione di una fattispecie attenuata di reato, e infondato il motivo attinente al divieto di bilanciamento tra circostanze eterogenee.

Sul primo punto i giudici delle leggi ribadiscono che le valutazioni discrezionali di dosimetria penale competono in esclusiva al legislatore, «chiamato dalla riserva di legge ex articolo 25 della Costituzione a stabilire il grado di reazione dell’ordinamento al cospetto della lesione di un determinato bene giuridico: il sindacato di legittimità costituzionale al metro degli artt. 3 e 27 Cost. può quindi esercitarsi unicamente su scelte sanzionatorie arbitrarie o manifestamente sproporzionate, tali da evidenziare un uso distorto della discrezionalità legislativa».

Mentre la questione sollevata a proposito del divieto di bilanciamento tra circostanze eterogenee previsto dal quarto comma dell’articolo 624-bis del codice penale può accedere all’esame di merito, ma va  necessariamente delimitata in rapporto alla fattispecie concreta. «Occorre infatti tenere presente che la norma censurata riferisce tale divieto al concorso tra qualunque circostanza attenuante (eccettuate solo la minore età ex articolo 98 del codice penale e la cooperazione ex articolo 625-bis del codice penale) e qualunque circostanza aggravante tra quelle previste per il furto dall’articolo 625 cod. pen. Quindi sebbene formulata in termini generali, l’odierna censura deve intendersi riferita alle sole circostanze effettivamente ricorrenti nella fattispecie concreta, cioè – secondo quanto espone lo stesso giudice a quo – al divieto di equivalenza o prevalenza dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità ex articolo 62, primo comma, numero 4), codice penale e delle attenuanti generiche ex articolo 62-bis del codice penale nella comparazione con l’aggravante della violenza sulle cose ex articolo 625, primo comma, numero 2), del codice penale, quest’ultima elevata dall’articolo 624-bis, quarto comma, del codice penale al rango di circostanza “privilegiata”». Delimitato in questo modo il tema sul divieto di bilanciamento correlato alla natura “privilegiata” dell’aggravante per la Corte costituzionale non può essere fondato.

Infine sulla particolare gravità del reato di furto in abitazione e la correttezza della pena inflitta prima di tutto viene considerato che nel furto in abitazione l’offensività patrimoniale assume una peculiare connotazione personalistica, in ragione dell’aggancio con l’inviolabilità del domicilio assicurata dall’articolo 14 della Costituzione, domicilio inteso come «proiezione spaziale della persona». In passato poi nella sentenza n. 216 del 2019 e nell’ordinanza n. 67 del 2020, la Consulta, ha precisato «che la particolare gravità del fatto e la speciale pericolosità soggettiva del suo autore, dimostrate dall’ingresso non autorizzato nei luoghi predetti al fine di commettervi un furto, non vengono meno per il solo fatto che l’autore non abbia usato violenza nei confronti di alcuno».

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