Penale

Furto in abitazione per chi ruba dalla sagrestia

Lo afferma il tribunale di Ferrara con la sentenza n. 638/2021

di Andrea Alberto Moramarco

Commette il reato di furto in abitazione colui che, approfittando dell'assenza del parroco impegnato nella celebrazione della messa, ruba soldi e oggetti di valore dalla sagrestia. Tale luogo, infatti, è da considerarsi quale privata dimora, essendo funzionale allo svolgimento di attività complementari a quelle di culto nonché all'espletamento di attività di gestione della parrocchia caratterizzate da profili di riservatezza. Ad affermarlo è il Tribunale di Ferrara nella sentenza n. 638/2021, ritenendo applicabile all'imputato la fattispecie di cui all'articolo 624-bis cod. pen..

Il caso
Gli episodi incriminati si svolgevano in due giorni successivi. Il primo giorno il ladro si introduceva nella sagrestia durante l'orario della messa e si impossessava delle offerte dei fedeli, circa 100 euro custoditi nel giubbotto del parroco. Il secondo giorno l'uomo ripeteva la stessa azione cercando di impossessarsi di alcuni oggetti di culto di valore custoditi negli armadi della stessa sagrestia. Individuato dal sacerdote e da alcuni fedeli, nei confronti del ladro si apriva così un procedimento penale che sfociava in un verdetto di condanna.

La sagrestia è privata dimora del sacerdote
Accertata la responsabilità penale dell'uomo, il Tribunale sottolinea che il furto commesso da costui è inquadrabile nella fattispecie di furto in abitazione, di cui all'articolo 624-bis cod. pen.. Difatti, la sagrestia, luogo dove sono avvenuti gli episodi furtivi, è a tutti gli effetti una privata dimora, in quanto luogo ove si svolgono le attività complementari a quelle di culto, nonché organizzative della vita parrocchiale. Trattasi di attività riservate rispetto a quelle che si svolgono nelle chiesa, come ad esempio la «vestizione dei celebranti, la preparazione delle attività liturgiche, l'attività di ricevimento riservato di determinati fedeli da parte del parroco, l'espletamento di attività di gestione della parrocchia», tutte caratterizzate da profili di riservatezza.
D'altra parte, chiosa il giudice, «il rapporto tra la sagrestia e il parroco è connotato da stabilità, trattandosi di locale servente non solo rispetto all'edificio sacro ma anche alla stessa casa canonica e che, dunque, deve ritenersi luogo destinato, in tutto o in parte, a privata dimora, essendo l'ingresso di terze persone selezionato ad iniziativa di colui che ne ha la disponibilità».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©