Lavoro

Gig-economy e rapporti di Lavoro: impatto della pandemia COVID-19

"Uber, la più grande piattaforma di taxi al mondo, non possiede veicoli. Facebook, il più diffuso gestore di media, non crea contenuti. Alibaba, il più completo rivenditore al dettaglio, non ha inventario. E Airbnb, il più grande portale di alloggi al mondo, non possiede immobili. Sta accadendo qualcosa di interessante" (Tom Goodwin, Havas Media)

di Vittorio Moresco*

L'avvento dell'economia digitale negli ultimi anni ha determinato sviluppi economici e sociali dirompenti. Le piattaforme digitali - quali motori di ricerca, social network e siti di e-commerce - hanno creato nuove forme di interazione sociale ed hanno modificato il modo in cui le persone lavorano, generano valore nella società e si organizzano per generare profitto.

Questi cambiamenti hanno significativamente influenzato anche il mondo del lavoro. Le nuove tecnologie digitali hanno, infatti, portato alla creazione di nuovi modelli di business.

Questo nuovo fenomeno è comunemente conosciuto come "gig economy", nel cui contesto vari tipi di freelancers (non solo riders/autisti ma anche soggetti con particolari competenze tecnico-professionali) generalmente prestano la propria attività attraverso l'uso di un'applicazione in autonomia/senza orari prestabiliti.

Le peculiari modalità di svolgimento della prestazione di questi lavoratori hanno dato luogo ad un dibattito – tutt'ora in corso – in merito alla riconducibilità di queste nuove forme di lavoro ad una delle "tradizionali" categorie giuridiche di rapporti di lavoro (e.g. lavoratori autonomi, lavoratori subordinati o "parasubordinati").

La pandemia Covid-19 - con le conseguenti restrizioni/limitazioni allo spostamento e, più in generale, alla possibilità di interazione-contatto fisico tra le persone - ha significativamente contribuito ad una ulteriore diffusione della gig-economy a livello globale, soprattutto nel settore della consegna di cibi/merci e, in alcuni paesi, anche in termini di crowd-working.

In particolare, durante la pandemia da Covid-19, e con riferimento al settore della consegna di cibo/merci:

-si è registrato un silenzioso (ma tangibile) sostegno generale alla gig-economy, considerata uno dei principali strumenti per attenuare le restrizioni imposte durante le fasi di lock-down e comunque le forti limitazioni allo svolgimento delle attività ordinarie/quotidiane;

-ma, parallelamente, Governi e Autorità competenti in materia di lavoro/Tribunali del lavoro si sono impegnati nella ricerca di soluzioni

(i) volte a garantire una copertura minima ai gig-workers in termini di Salute&Sicurezza, trattamento economico e sicurezza sociale, ma

(ii )adottando, in alcune occasioni, decisioni contrastanti con la flessibilità (anche in termini di costo del lavoro per le piattaforme) che caratterizza il mercato della gig-economy.

Le scelte legislative finora adottate, anche a livello Europeo, dimostrano una significativa diversità di approcci; ad esempio:

-in Spagna, la "rider law" prevede che i corrieri debbano essere considerati come dipendenti ordinari;

-in Inghilterra, i gig-workers sono stati qualificati come "workers", lavoratori che beneficiano solo di una porzione limitata delle tutele generalmente previste per i c.d. "Employee" (dipendenti);

-il legislatore italiano ha ritenuto di introdurre una disciplina specifica per quei lavoratori, non subordinati, che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l'ausilio di velocipedi o veicoli a motore attraverso piattaforme anche digitali. In tale contesto, a seconda delle modalità effettive di svolgimento della loro attività, nel sistema giuridico italiano, i gig-workers possono quindi essere classificati come:

(a)Lavoratori Subordinati: i.e. lavoratori delle piattaforme che svolgono le loro mansioni sulla base di ordini e direttive forniti dal datore di lavoro che, di conseguenza, li utilizza in base alle proprie esigenze (anche mutevoli).

(b)Collaboratori etero-organizzati (ai sensi dell'art 2 del D.Lgs. n. 81/2015): lavoratori che rendono le prestazioni in modo continuativo, personale ed organizzato dal committente /"piattaforma digitale".

In questo caso, secondo quanto previsto dal legislatore, i corrieri - pur se formalmente considerati lavoratori autonomi – hanno comunque diritto a beneficiare delle medesime tutele previste per i Lavoratori Subordinati ( n. 1 ) ;

In questo caso, secondo quanto previsto dal legislatore, i corrieri - pur se formalmente considerati lavoratori autonomi – hanno comunque diritto a beneficiare delle medesime tutele previste per i Lavoratori Subordinati ;

(c)Corrieri Autonomi (n.2) (il cui rapporto è regolato dall'art. 47bis e seguenti del d.lgs. n. 81/2015): i.e. corrieri che sostanzialmente sono autonomi nel decidere se, quando, come lavorare con il solo "limite" di fornire al committente la prestazione contrattualmente pattuita.

Questi corrieri – pur non essendo legittimati a beneficare delle medesime tutele previste per i Lavoratori Subordinati - hanno diritto, tra l'altro, a un compenso minimo, all'assicurazione obbligatoria contro gli incidenti sul lavoro (gestita dall'INAIL) e alle tutele previste dal TU sulla Sicurezza.

Tuttavia, in Italia, nonostante l'intervento legislativo sopracitato, si continua a registrare una crescente "attenzione" ad estendere ai rider il trattamento economico-normativo dei lavoratori subordinati, come dimostrato da:

(i) precedenti giurisprudenziali che hanno riclassificato i riders come Lavoratori Subordinati o Collaboratori Etero-organizzati ex art. 2 del D.Lgs. n. 81/2015, con conseguente applicazione delle medesime tutele applicabili ai Lavoratori Subordinati.

(ii) memorandum/note di autorità competenti in materia di lavoro preordinate a fornire i criteri per accertare se la prestazione dei riders è riconducibile al lavoro subordinato o alle collaborazioni etero-organizzate;

(iii) e contestazioni mosse all'indirizzo del primo Contratto Collettivo sottoscritto da Assodelivery (l'Associazione datoriale che rappresenta le principali piattaforme di food delivery in Italia) e UGL.

Nel contesto appena ricordato, l'"attenzione" dei Governi, Autorità competenti in materia di lavoro/Tribunali del Lavoro e operatori del settore sembra sostanzialmente basarsi sul presupposto che la gig-economy (soprattutto in alcuni settori, quali ad esempio quello dalla consegna di cibo/merci) implicherebbe, per definizione, contratti transitori e condizioni di lavoro precarie, soprattutto ove raffrontate al regime applicabile ai classici lavoratori subordinati.

Considerato, però, che il la gig-economy è un fenomeno oramai stabilizzato – ed anzi destinato a crescere in vari settori dell'economia – sarebbe opportuno:

-superare il pregiudizio verso tali nuove forme di lavoro flessibile e trovare soluzioni che bilancino equamente la flessibilità che caratterizza il lavoro della gig-economy con coperture/protezioni minime garantite (in termini di condizioni di lavoro/economiche, Salute&Sicurezza, sicurezza sociale) e dunque

-regolamentare il lavoro della gig-economy tendo conto che i gig-workers:

o non sono solo corrieri/fattorini ma anche – a seconda dei casi/settori di competenza - individui qualificati che forniscono servizi professionali, creativi o amministrativi;

oin molti casi, hanno un vero e proprio interesse a mantenere la piena autonomia nella gestione del rapporto (tra l'altro, anche al fine di poter continuare a svolgere – contestualmente – le proprie prestazioni per più operatori/piattaforme o anche solo per dedicarsi anche ad altre attività non lavorative di personale interesse).

Note:

1) Secondo la giurisprudenza più recente - tale disposizione non configura alcuna nuova "categoria" di impiego ma è una mera "disposizione normativa" applicabile a quei Riders la cui attività è sostanzialmente "organizzata" da piattaforme.

2) Cioè :"i) lavoratori autonomi ii) che svolgono attività che consistono nella consegna di beni per conto di altri, iii) all'interno di un ambiente urbano e utilizzando biciclette, motociclette, scooter o automobili attraverso piattaforme, comprese quelle digitali".

3) Pur essendo lavoratori autonomi, i corrieri autonomi hanno diritto a beneficiare di una protezione particolare soprattutto per quanto riguarda i seguenti argomenti: i) una copertura previdenziale specifica; ii) la copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (INAIL); iii) un compenso orario minimo che non può essere basato sul numero di consegne effettuate; iv) la protezione dei dati e i diritti di non discriminazione e v) la protezione della salute e della sicurezza.

*a cura di Vittorio Moresco, partner e responsabile Employment Law di Hogan Lovells in Italia.


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