Greco (Cnf): processo di riforma insufficiente, Italia fanalino di coda in Europa
La separazione tra magistratura giudicante e requirente non è più differibile. Si investa lo 0,50 % di quel 2% di perdita del PIL, destinando risorse al reclutamento di magistrati
È fortemente critico l’intervento del Presidente del Consiglio Nazionale Forense Francesco Greco , nel corso dell’Inaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione. Il processo di riforma della “Giustizia” sbandierato dal passato e dal presente governo è in mezzo al guado, una sorta di incompiuta con addirittura alcuni punti di arretramento sui diritti nel penale. Mentre sul fronte dei tempi il principale scoglio sembrano gli organici della magistratura e delle cancellerie che rallentano l’intera macchina facendo dell’Italia il fanalino di coda dell’area euro. E ciò nonostante la qualità dei magistrati.
«Il Presidente della Repubblica, in occasione della Sua seconda elezione – ha iniziato Greco alla presenza proprio del Capo dello Stato Sergio Mattarella, seduto in prima fila -, ha rivolto al Paese la richiesta di un “profondo processo riformatore della giustizia, diventata terreno di scontro che ha sovente fatto perdere di vista gli interessi della collettività”, chiedendo “rigore” per far recuperare fiducia nella giurisdizione, con il superamento di ‘logiche di appartenenza’ e interessi corporativi. Riteniamo, tuttavia, che il processo riformatore richiesto dal Capo dello Stato non sia stato interpretato dal legislatore nel senso dovuto, alla luce delle riforme approvate che hanno portato ad un allarmante allontanamento della giurisdizione dai principi fondanti del nostro sistema giuridico e dai cittadini».
«Le recenti riforme del rito civile - ha proseguito - hanno chiuso le porte dei Palazzi di Giustizia agli avvocati e, quindi ai cittadini, costruendo il paradosso di un “processo senza il processo”. Il sacrificio dell’oralità non è privo di conseguenze; non è indifferente che il Giudice decida la causa soltanto leggendo gli atti, senza avere mai incontrato, visto o ascoltato le parti e neanche i loro difensori. L’abuso – perché di questo si tratta – del sistema della trattazione scritta del processo civile, colpisce direttamente il contradditorio e il diritto di difesa».
Passando al processo penale Greco ha affermato che “in alcune norme, è stato leso il principio della difesa come diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”. L’art. 581 cpp, modificato dall’attuazione della riforma Cartabia, per esempio, afferma che nel caso in cui si è proceduto in assenza dell’imputato, per la proposizione dell’appello occorre, a pena di inammissibilità, uno specifico mandato, rilasciato dopo la sentenza. “Il legislatore – prosegue Greco - ha sottovalutato le conseguenze di questa norma, che finisce col precludere, di fatto, ai cittadini meno abbienti la possibilità di appellare la sentenza di primo grado. Si tratta quasi sempre di persone che in primo grado non si sono presentate innanzi al giudice, perché non erano in condizione di dotarsi di un difensore di fiducia, per cui ne hanno avuto assegnato uno d’ufficio il quale, pur con impegno e diligenza, raramente riesce anche solo a mettersi in contatto con loro. A costoro sarà riservato un solo grado di giudizio”.
Greco è poi tornato sul tema della separazione delle carriere. «La separazione tra magistratura giudicante e requirente non è più differibile. È indubbio che, nel rispetto dell’art. 111 della Costituzione, accusa e difesa devono essere equidistanti dal giudice e non possono esserlo fino a quando ci saranno due soggetti che hanno superato lo stesso concorso, che hanno la stessa carriera, che hanno lo stesso organo di autogoverno, che fanno insieme l’aggiornamento formativo, che indossano la stessa toga».
Il Presidente del Cnf ha poi sottolineato la necessità di intervenire urgentemente sul numero dei magistrati. “I dati dell’ultimo rapporto pubblicato dal CEPEJ, la Commissione europea per l’efficienza della giustizia del Consiglio d’Europa, vedono l’Italia agli ultimi posti delle classifiche europee”.
Differenze non più tollerabili per il vertice dell’Avvocatura anche perché si riflettono sui tempi dei processi. “È acclarato che la lentezza della giustizia costa al Paese due punti di PIL. Dunque, si “investa” lo 0,50 % di quel 2% di perdita del PIL, destinando risorse al reclutamento di magistrati, coprendo le piante organiche, anzi riscrivendole in base alle necessità effettive, riducendo il numero dei magistrati che non svolgono funzioni giudiziarie».
La tabella con i dati CEPEJ
• In Italia ci sono n. 11,86 giudici professionali ogni 100.000 abitanti, a fronte della media dei 44 Paesi europei (non solo dei 27 facenti parte dell’UE) in cui sono quasi il doppio, n. 22,2 giudici professionali ogni 100.000 abitanti.
• Nel nostro Paese, sempre su 100.000 abitanti, abbiamo 35,76 assistenti giudiziari a fronte dei 56,13 dei Paesi europei, così come abbiamo 3,83 Pubblici ministeri in Italia per 100.000 abitanti a fronte degli 11,10 nella media dei Paesi europei.
• In Italia, in primo grado, il termine medio di definizione di un processo civile è di 675 giorni, mentre è di 498 giorni il tempo medio di un processo penale, a fronte della media dei Paesi europei, ove è di 237 nel civile e 149 nel penale.
• In appello ed in cassazione la distanza aumenta a dismisura. Nel civile è di 1026 giorni la durata media di un processo in grado di appello e di 1526 giorni in cassazione: nella media europea è di 177 giorni in appello e 172 in cassazione.
• Nel rito penale, i tempi medi sono di 1167 giorni in un processo di appello e di 237 giorni in cassazione, mentre in Europa sono di 121 giorni in appello e 120 giorni in cassazione.
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