Giustizia

I nuovi diritti e il ruolo dell'avvocatura. Si apre il Congresso Giuridico Forense

Si è aperto a Roma il 2 marzo 2023 il Congresso Giuridico Forense arrivato alla sua X edizione, dopo la pausa causata dal periodo Covid, con i saluti della Presidente Maria Masi e della Vicepresidente della Scuola superiore dell'Avvocatura, Giovanna Ollà

di Valeria Cianciolo *

Si è aperto a Roma il 2 marzo 2023 il Congresso Giuridico Forense arrivato alla sua X edizione, dopo la pausa causata dal periodo Covid, con i saluti della Presidente Maria Masi e della Vicepresidente della Scuola superiore dell'Avvocatura, Giovanna Ollà.

E' un Congresso che offre l'opportunità attraverso l'organizzazione di vari moduli tenuti da magistrati, avvocati e professori universitari di aggiornarsi e di riflettere.

Non voglio soffermarmi tanto sull'ottimo lavoro organizzativo svolto (seguire i vari moduli è affascinante), ma sulle relazioni inaugurali magistralmente tenute dal Prof. Guido Alpa, dalla Vicepresidente della Corte costituzionale, Daria de Pretis e dal Primo presidente della Cassazione, Pietro Curzio e da Vincenzo Cerulli Irelli, professore ordinario di Diritto amministrativo alla Sapienza. Davanti ad un legislatore silente, un mondo in rapida evoluzione, veloce a consumare i diritti per crearne di nuovi richiesti dalle esigenze del singolo, si è evidenziata la necessità di promuovere un dialogo intenso fra l'avvocatura da un lato e la magistratura, dall'altro.

Noi avvocati abbiamo davanti a noi una sfida importante rappresentata non tanto dall'attesa riforma sul processo, appena entrata in vigore, ma dal lavoro di operatori del diritto. O meglio, di creatori. La libertà interpretativa si dispiega, in difetto di un'esegesi stabilizzata.

Non a caso, il Professor Guido Alpa ha ricordato Paolo Grossi e Stefano Rodotà che nel sul libro Il diritto di avere diritti ha anticipato ciò a cui gli operatori giuridici assistono quotidianamente: "…in questo tempo tanto mutato torna, forte, l'appello ai diritti fondamentali, che percorre il mondo in forme inedite, incontra sempre più nuovi soggetti, costruisce un diverso modo d'intendere l'universalismo, fa parlare lo stesso linguaggio a persone lontane, e così fa scoprire appunto un mondo nuovo e appare come la vera, grande, drammatica narrazione comune del nostro presente. Il "diritto di avere diritti" connota la dimensione stessa dell'umano e della sua dignità, rimane saldo presidio contro ogni forma di totalitarismo".

Le costituzioni, la Carta europea dei diritti fondamentali, la Convenzione EDU elencano diritti. Alcuni riconosciuti e garantiti in capo a tutti, altri ai cittadini, altri a determinate categorie. La nostra Costituzione elenca diritti, assicura a tutti l'idoneità ad essere titolari di diritti e di doveri, cioè la capacità giuridica di cui nessuno può essere privato per motivi politici.

Ma idoneità non significa per ciò stesso titolarità effettiva. Lo stesso Rodotà affermava che la dimensione dei diritti "non può essere disgiunta da una considerazione della materialità delle condizioni delle persone, dunque dal confronto continuo tra la promessa dei diritti e gli effetti che essa produce".

L'avvocato è tenuto a chiedere al giudice la tutela di un diritto che non c'è e il giudice deve dare una risposta che spesso non c'è. Il fine vita ne è un esempio. La dignità di morire e di scegliere cosa essere e come morire.

Il diritto vivente è, peraltro, vincolante per il giudice comune soltanto se la norma desunta dalla disposizione è conforme ai parametri costituzionali e la sua interpretazione idonea a porla al riparo dai dubbi di legittimità costituzionale. E potrebbe essere un vestito creato su misura (si pensi, al caso di DJ Fabo).

Si parla di un diritto di procreare o di un diritto al figlio; del diritto di nascere e del diritto di non nascere; del diritto di nascere sano e del diritto di avere una famiglia composta da due genitori di sesso diverso.

La ricerca di punti di riferimento comuni è necessaria, tanto più in materie sensibili quali quelle etiche, ma raggiungere un'intesa è faticoso, per la mancanza di valori condivisi. Non possiamo e non dobbiamo considerare il diritto un mezzo imposto per imporre valori che la collettività fatica ad individuare. Ed è rischiosa la richiesta di consentire tutto.Questa consapevolezza però non comporta una rinuncia del diritto ad esercitare la sua funzione, né può portare ad accettare qualunque pratica culturale.

Si pensi alla GPA che lede l'integrità del corpo ed offende la donna e il divieto di trascrizione dell'atto di nascita formato all'estero.

Il Presidente della Cassazione Curzio ha ricordato sul punto la faticosa stesura della sentenza 38162 del 2022 che negando la trascrizione dell'atto di nascita formato all'estero, ha comunque, tutelato il minore nato da GPA attraverso l'adozione in casi particolari che rappresenta anche il modello rivolto a consolidare, con una veste giuridica, il rapporto con quello, dei due componenti della coppia, che non è genitore biologico e quindi, non risulta genitore secondo l'ordinamento italiano.

La bella e lunga sentenza è articolata attraverso sottili equilibri che tengono conto del divieto della maternità surrogata esistente nel nostro Paese, del formante comunitario e della tutela del minore, ma soprattutto, ribadendo qualcosa di ancora più forte a mio avviso: i desideri non sono diritti.

Il diritto non deve diventare esasperato individualismo

Restano, tuttavia, aperti i profili problematici legati alla circostanza che l'identificazione dei presupposti del diritto vivente e della sua esistenza spettano alla Corte Costituzionale.

Ma anche attraverso questo discutere e ridiscutere, tornare su sè stessi per poi andare avanti come i gamberi, si pongono le basi per la democrazia stessa.

Negare il ripensamento come pure il dubbio renderebbe impossibile l'esercizio dei diritti civili e la partecipazione alla vita pubblica.

Si è detto tutto questo. Occorre verificare la tenuta della Riforma Cartabia.

Renderà possibile questo dialogo creativo?

a cura defll'Avv. Valeria Cianciolo


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