Lavoro

Il comportamento "omissivo" del lavoratore dimissionario giustifica la restituzione del ticket Naspi

Nota a sentenza n. 106 del 30 settembre 2020 - Sezione Lavoro - Civile - Tribunale di Udine

di Eleonora Baggio*

La profonda revisione degli ammortizzatori sociali, operata dalla Legge Fornero (n. 92/12), ha portato all'istituzione di un contributo, a carico del datore di lavoro, dovuto per il licenziamento di lavoratori a Tempo Indeterminato che, indipendentemente dal requisito contributivo, dà diritto alla Naspi. La norma prevede l'esenzione del contributo per alcune tipologie di cessazione dal rapporto , trascurandone altre parimenti degne di analisi.

Una tipologia abbastanza diffusa, non annoverata tra gli esoneri, è stata per l'appunto oggetto di giudizio da parte del Tribunale di Udine che, in data 30 settembre 2020, ha pronunciato la sentenza n. 106/2020 con la quale ha stabilito che, il lavoratore, dimissionario "a voce" il quale, non avendo fatto la procedura telematica obbligatoria, prevista dal DM del Ministro del Lavoro in esecuzione della previsione contenuta nell'art. 26 del D.Lgs n. 151/2015, con assenze continue non giustificate, aveva costretto il datore di lavoro a procedere alla risoluzione del rapporto per giusta causa, nel rispetto della procedura prevista dall'art. 7 della Legge n. 300/1970, è tenuto a rifondere allo stesso la somma dovuta a titolo di ticket di ingresso alla NASPI già pagato dallo stesso (euro 1.469 euro).

Nello specifico, il Tribunale dopo aver revocato il decreto ingiuntivo ottenuto dal lavoratore per il pagamento degli stipendi, ha accertato la sussistenza del credito dell'azienda per l'importo del contributo di licenziamento pagato, in quanto il licenziamento era stato indotto dal comportamento omissivo del dipendente, la decisione del tribunale si basa, infatti, sui riscontri effettuati in corso di giudizio in base ai quali ha accertato la sussistenza di un obiettivo non legittimo da parte del lavoratore e, precisamente, indurre il datore di lavoro a licenziarlo per ottenere l'accesso Naspi.

La Corte Suprema non riconosce questa particolare astuzia e afferma che, l'atteggiamento del lavoratore assente ingiustificato in modo continuativo dal luogo di lavoro, anche se per un significativo periodo di tempo, non può essere ritenuto una manifestazione formale della volontà di risolvere il contratto (Sentenza n. 1025 depositata il 21 gennaio 2015).

Situazione "paradossale", visto che , uno dei principali requisiti per il diritto alla Naspi è la perdita involontaria del lavoro. Se la perdita avviene per un comportamento contrario agli adempimenti del contratto di lavoro, come l'assenza ingiustificata, dovrebbe, senza alcun dubbio, decadere il requisito di "involontaria" e, conseguentemente, il diritto di percepire la Naspi, e l'obbligo da parte del datore di lavoro di pagare il ticket di licenziamento.

La sentenza n. 106/2020 del Tribunale di Udine, apporta, finalmente, una soluzione interessante, dal punto di vista sostanziale , all'interno di un quadro normativo che presenta qualche criticità anche di carattere etico, affronta, infatti, la tematica dell'assenza ingiustificata dal lavoro, protratta nel tempo, anche, dal punto di vista datoriale. Aspetto che il legislatore ha trascurato ponendo il datore di lavoro, comunque, soccombente in una situazione indipendente dalla sua volontà e, spesso creata artificiosamente dal lavoratore per indirizzarla verso un epilogo a lui favorevole.

Alla luce del fatto che, come dimostra la presente sentenza ed altre che l'hanno preceduta ( vedi la n. 25583 del 10 ottobre 2019 della Cassazione che, confermando quanto stabilito dalla Corte d'Appello, ha sancito la validità delle dimissioni del lavoratore anche nel caso in cui manchi una manifestazione formale della volontà di risolvere il contratto , se questa sia deducibile in modo inequivocabile dal suo comportamento che, di fatto, manifesta la volontà di interrompere la prestazione lavorativa e recedere dal rapporto – dimissioni per c.d. fatti concludenti), la normativa attuale pone alcuni dubbi interpretativi, è auspicabile che il legislatore provveda a modificarla per evitare il ricorso in giudizio ogniqualvolta si presenta il caso.

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*Consulente del lavoro - Componente del Comitato Scientifico Nazionale della Fondazione School University

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