Società

Il credito dei professionisti è prededucibile soltanto se la procedura di concordato è aperta

Corte di Cassazione, Sezione Unite Civile, Sentenza 31 dicembre 2021, n. 42093

di Marco Greggio*

Con la sentenza pubblicata l'ultimo giorno dell'anno scorso ( sentenza n. 42093 ) le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (consigliere estensore dott. Massimo Ferro, Presidente dott.ssa Adelaide Amendola) hanno statuito in merito all'annosa e controversa questione della collocazione in prededuzione del credito dei professionisti che hanno assistito la società debitrice nella fase preliminare all'ammissione al beneficio del concordato preventivo.

Nel caso analizzato dalla Suprema Corte, un dottore commercialista aveva impugnato il decreto del Tribunale di Mantova (del 30 novembre 2016) che aveva rigettato la sua opposizione allo stato passivo avverso il decreto del giudice delegato del fallimento di una società che, a sua volta, aveva respinto la insinuazione al passivo del proprio credito professionale. L'opponente aveva domandato in via principale l'ammissione al passivo in prededuzione del suo credito professionale e, in subordine, con il privilegio dell'art.2751-bis n.2 c.c. (salvo un minor importo in chirografo per IVA).

L'attività era stata svolta dal professionista durante la pendenza di domanda prenotativa ex art.161 co.6 l.f. ed aveva titolo nel contratto di consulenza professionale di advisor contabile, in assistenza alla società debitrice ed era finalizzata alla predisposizione della proposta e del piano di concordato preventivo. Tuttavia la società, venuta meno la disponibilità della famiglia di riferimento ad apportare nuova finanza, aveva rinunciato al concordato, conseguendone la dichiarazione di fallimento. Pertanto il Tribunale aveva ritenuto l'attività professionale non conclusa in quanto non si era giunti ad una dichiarazione di ammissibilità della proposta di concordato (mai presentata).

Al seguito del ricorso in Cassazione del professionista, con l'ordinanza interlocutoria n. 10885/2021 la Prima Sezione civile, constatata la non sedimentazione di un univoco indirizzo e ravvisata l'esigenza di ricostruire un quadro interpretativo chiaro, ha chiesto di sottoporre alle Sezioni Unite i seguenti testuali quesiti:
"i) se la disciplina della revocatoria dei pagamenti di crediti insorti a fronte della «prestazione di servizi strumentali all'accesso alle procedure concorsuali» condivide la medesima ratio che è posta a fondamento della prededuzione del credito dei professionisti che abbiano prestato la propria opera in vista dell'accesso alla procedura concordataria;
ii) se debba essere ribadito che la prededuzione di detto credito non trova fondamento nel presupposto dell'occasionalità, ma in quelli della funzionalità e/o della espressa previsione legale;
iii) se debba essere ribadito che il criterio della funzionalità va scrutinato ex ante, non considerando in alcuna misura l'utilità della prestazione del professionista;
iv) se la previsione legale si riferisca al solo professionista attestatore o anche agli altri professionisti cui si è fatto cenno;
v) se il preconcordato sia una fase di un'organica procedura o se la procedura di concordato preventivo, anche in caso di concordato in bianco, abbia inizio con il provvedimento di ammissione del tribunale;
vi) se la prededuzione spetti anche in caso di procedura concordataria in bianco che non varca la soglia dell'ammissibilità ovvero in caso di revoca della proposta da parte del proponente;
vii) se la prededuzione spetti al professionista che ha lavorato prima ancora del deposito della domanda di concordato;
viii) se l'esigenza di contrastare il danno inferto ai creditori per effetto del depauperamento dell'attivo derivante da una gestione preconcordataria produttiva di debiti prededucibili possa essere soddisfatta attraverso la verifica dell'esatto adempimento, e del carattere non abusivo e/o fraudatorio, della prestazione richiesta al professionista in vista dell'accesso alla procedura concordataria."
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Nella complessa e articolata sentenza (di ben 45 pagine), le Sezioni Unite hanno ricostruito le vicende normative relative alla prededuzione, a partire dall'originario testo dell'art.111 l.f. anteriore alla riforma del d.lgs. n.5 del 2006, nonché le varie opzioni interpretative formatesi in giurisprudenza e dottrina, soffermandosi in particolare sul parametro della "funzionalità" delle prestazioni per la collocazione dei rispettivi crediti in prededuzione e sulla consecuzione delle procedure (concordato/fallimento).

Dando atto del superamento della tesi della utilità in concreto e del suo riscontro ex post quale criterio attributivo della funzionalità della prestazione ad una procedura concorsuale seguita ad un'altra, diversa da quella per la quale il terzo ha effettuato la propria attività o ceduto beni o erogato servizi, le Sezioni Unite hanno posto in discussione il principio secondo cui la fase preconcordataria sia assimilabile ad ogni effetto al regime pieno del concordato preventivo, evidenziando la necessità che il concordato sia stato almeno aperto per la positiva collocazione in prededuzione del credito del professionista . A tal fine si rende infatti necessaria per la Corte una "positiva valutazione ex ante della strumentalità" dell'opera del professionista: strumentalità rispetto alla presentazione della proposta del debitore, che costituisce la finalità tipica dell'istituto.

In questo senso, le Sezioni Unite richiamano la simmetria tra la funzionalità di cui all'art.111 co.2 l.f. e la strumentalità dei servizi le cui prestazioni siano state remunerate in periodo sospetto ai sensi dell'art.67 co. 3 lett. g) l.f.: così la non assoggettabilità alla revocatoria fallimentare dei pagamenti di debiti liquidi ed esigibili intervenuti alla scadenza per conseguire tali opere, viene fatta dipendere dall'aver esse agevolato l'accesso alle procedure concorsuali, incluso il concordato preventivo, rilevando così un'identità di ratio delle due norme.

In tale ottica, il curatore potrà eccepire l'inadempimento del professionista, secondo i canoni diretti a far valere la responsabilità contrattuale, contestando la non corretta esecuzione della prestazione o anche la sua inutilità per la massa o la solo parziale utilità (con riduzione del quantum ammissibile) o l'incompleto adempimento (sulla base del criterio di corrispettività ed essendo parzialmente nulle le clausole di insindacabilità del compenso a forfait). Per contro, a carico del professionista ricade l'onere di dimostrare l'esattezza del suo adempimento, per rispondenza della sua condotta al modello professionale e deontologico richiesto in concreto dalla situazione su cui è intervenuto con la propria opera ovvero l'imputazione a fattori esogeni, imprevisti e imprevedibili dell'evoluzione dannosa della procedura, culminata nella sua cessazione (anticipata o non approvata giudizialmente) e nel conseguente fallimento.

Peraltro, all'attestatore potrà essere negato il compenso per la redazione della relazione di cui all'art. 161, co.3, l.f. a causa di carenze nella dovuta diligenza e nonostante l'ammissione del debitore alla procedura concordataria, non costituendo – a questi fini - il decreto emesso dal tribunale ex art. 163, co. 1, l.f. approvazione della relazione, né un apprezzamento di competenza esclusiva del tribunale in ambito concordatario. Secondo la Corte v'è infatti differenza di presupposti tra la collocazione in prededuzione rispetto al riconoscimento del credito nella sua opponibilità e sussistenza.

Dopo questo articolato excursus, le Sezioni Unite enunciano il principio di diritto cui dovranno uniformarsi tutti i giudici di merito, in considerazione della funzione nomofilattica della Cassazione: «il credito del professionista incaricato dal debitore di ausilio tecnico per l'accesso al concordato preventivo o il perfezionamento dei relativi atti è considerato prededucibile, anche nel successivo e consecutivo fallimento, se la relativa prestazione, anteriore o posteriore alla domanda di cui all'art.161 l.f., sia stata funzionale, ai sensi dell'art.111 co.2 l.f., alle finalità della prima procedura, contribuendo con inerenza necessaria, secondo un giudizio ex ante rimesso all'apprezzamento del giudice del merito, alla conservazione o all'incremento dei valori aziendali dell'impresa, sempre che il debitore venga ammesso alla procedura ai sensi dell'art.163 l.f., ciò permettendo istituzionalmente ai creditori, cui la proposta è rivolta, di potersi esprimere sulla stessa; restano impregiudicate, da un lato, la possibile ammissione al passivo, con l'eventuale causa di prelazione e, per l'altro, la non ammissione, totale o parziale, del singolo credito ove si accerti l'inadempimento della obbligazione assunta o la partecipazione del professionista ad attività fraudatoria».

Sulla scorta di tale principio, pertanto, la Corte ha rigettato il ricorso presentato dal professionista, condannandolo alle spese del procedimento secondo il principio della soccombenza.

Invero tale decisione va nel solco di quanto già stabilito nel Codice della Crisi e dell'Insolvenza, che a seguito di vari rinvii entrerà in vigore il 16 maggio di quest'anno, laddove all'art. 6 si collegava la collocazione in prededuzione del credito al "risultato" del decreto di apertura della procedura di concordato preventivo (peraltro nei limiti del 75% del credito richiesto dal professionista). Norma molto criticata da professionisti in quanto considerata eccessivamente punitiva nei confronti di chi dedica la propria attività alle ristrutturazioni delle aziende.

Accogliendo di fatto il principio espresso dal Codice della Crisi, laddove la valutazione di ammissibilità da parte del tribunale comporta implicitamente l'accertamento della funzionalità del credito, la decisione commentata si rivela particolarmente gravosa nei confronti dei professionisti che assistono il debitore nella fase prodromica alla presentazione di un ricorso c.d. in bianco: essi dovranno sostanzialmente assumersi il rischio dell'insuccesso delle ristrutturazioni mediante concordati in relazione alla mancata ammissione della procedura, spesso dovuta a fattori esterni (i.e. interpretazioni di una questione controversa) e non alla negligenza del professionista.

Tale sentenza, che potrebbe dare adito a comportamenti estremi da parte dei professionisti (per esempio farsi pagare la maggior parte del compenso prima dell'inizio dell'opera, salvo il concreto rischio di subire ex post, in caso di fallimento della società debitrice, l'azione revocatoria) riecheggia invero la volontà del legislatore di diminuire le prededuzioni nelle procedure in un'ottica di economicità e contenimento dei costi, a favore della massa dei creditori.

Non v'è dubbio che a seguito di tale sentenza delle Sezioni Unite l'accettazione degli incarichi da parte dei professionisti dovrà essere preceduta da un serio ed approfondito vaglio circa le probabilità di successo della procedura, altrimenti il rischio – a carico del professionista medesimo – sarà quello di lavorare…per nulla (ed anzi, rischiando la revoca degli anticipi percepiti e finanche un'azione di danni). Ciò che rischia di rivelarsi come un boomerang nel mercato delle crisi aziendali.

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*A cura di Marco Greggio, Partner 24 ORE Avvocati

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