Civile

Il danno all'identità cittadina per la cattiva gestione dei centri per gli immigrati apre al risarcimento del Comune

La violazione di diritti fondamentali degli internati non determina però automaticamente la lesione morale risarcibile dall'Interno

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di Paola Rossi

La lesione di valori contemplati nello statuto comunale non determina automaticamente una lesione dell'identità cittadina, che va autonomamente accertata. Nel caso del Comune di Bari, ritenuto danneggiato dalla cattiva gestione del centro predisposto per l'identificazione di migranti stranieri, va quindi ancora dimostrato che il ministero dell'Interno - responsabile di tale gestione - abbia determinato quel nocumento non patrimoniale lamentato dall'ente territoriale alla tutela della propria identità "personale" espressa dalla collettività che la compone.
Così la Corte di cassazione civile - con la sentenza n. 26801/2023 - ha accolto parzialmente il ricorso del ministero contro la decisione di appello che lo condannava a risarcire il danno all'identità cittadina al Comune di Bari. I giudici di legittimità hanno infatti individuato il difetto della decisione di secondo grado che aveva fatto derivare de plano la sussistenza di tale voce di danno (anche privo di dirette conseguenze patrimoniali) dall'accertata mala gestio del Cie poi chiuso e riaperto l'anno dopo come Cpr.
Spiega, infatti, la Cassazione che i valori morali cui si ispira lo statuto comunale in rappresentazione di quelli espressi dalla storia di un'intera popolazione ne costituiscono l'identità collettiva in cui si riconoscono i singoli cittadini anche a fronte della percezione di terzi. Ossia deve essere provato il danno non patrimoniale subito dalla comunità per la lesione della propria identità storico-culturale determinatasi da fatti che la mettono indiscussionee agli occhi dei suoi componenti e di terzi.

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