Amministrativo

Il diritto di accesso ai dati reddituali, patrimoniali e finanziari di terzi sussiste e si esercita indipendentemente dalle norme processuali civilistiche

La ricerca di un punto di equilibrio tra il diritto di accesso ed il diritto alla riservatezza del terzo titolare è senz'altro rappresentato dalle controversie in materia di separazione o divorzio dei coniugi

di Fabio Andrea Bifulco


Adunanza Plenaria del Consiglio di stato, sentenze n.ri 19, 20, e 21 del 25 settembre 2020

I. Dacchè, tramite gli artt. 22 e ss. della l. 241/1990, il legislatore ha introdotto e disciplinato il diritto del cittadino di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi, il dibattito giurisprudenziale si è costantemente arricchito di sempre nuove casistiche.

A fronte della ampia e generale portata di tale diritto, seppure nei limiti della necessaria sussistenza di un interesse diretto, concreto e attuale, e che lo stesso sia corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento rispetto al quale è chiesto l'accesso (cfr. art. 22, comma 1, lett. b), le sue implicanze sono notevoli, ed in parte ancora inesplorate.

Uno dei terreni di elezione della ricerca di un punto di equilibrio tra il diritto di accesso ed il diritto alla riservatezza del terzo titolare, cui i documenti si riferiscono, è senz'altro rappresentato dalle controversie (pendenti, o anche solo potenziali) in materia di separazione o divorzio dei coniugi, nelle quali la ricerca della capacità reddituale delle parti assume particolare rilievo.

Ma molteplici altri possono essere i casi in cui, vuoi per esigenze di tutela in giudizio, vuoi per motivi extra processuali (ad esempio, in caso di trattative commerciali, o per sincerarsi della situazione economica dell'altra parte contraente), sia di interesse acquisire i dati relativi alla situazione fiscale, patrimoniale e finanziaria di terzi presso l'Agenzia delle Entrate.

II . Con specifico riguardo alle richieste di accesso motivate da esigenze di tutela nelle controversie tra coniugi, e, in particolare, al fatto se la presenza di specifici strumenti previsti dalle norme processuali civili escluda il diritto di accesso secondo la l. 241/1990, l'orientamento del Consiglio di Stato è risultato non omogeneo.

In particolare, se le dichiarazioni reddituali sono state ritenute generalmente accessibili, si sono registrate opposte decisioni per quanto attiene alla documentazione relativa ai dati finanziari contenuti nell'Archivio dell'Anagrafe tributaria.

Con sentenza 14 maggio 2014, n. 2472, il Consiglio di Stato, Sez. IV, aveva ritenuto che l'accessibilità della documentazione contenuta nell'Anagrafe Tributaria, seppure nella sola forma della visione, e non della estrazione di copia.

Diversa era stata la soluzione espressa, peraltro sempre dalla stessa Sez. IV del Consiglio di Stato, con la sentenza 13 luglio 2017, n. 3461, che, in analoghe circostanze, aveva escluso il diritto di accesso considerando che:

- tale esclusione non determina vulnus al diritto alla tutela giurisdizionale di cui all'art. 24 Cost., poiché l'ordinamento disciplina puntualmente (tramite gli artt. 211 e 213 c.p.c.) la possibilità di utilizzazione (mediante acquisizione al giudizio) documenti detenuti dalla pubblica amministrazione;

-la possibilità di acquisire extraiudicium i documenti amministrativi dei quali una delle parti intende avvalersi in giudizio, si tradurrebbe in una forma di singolare "aggiramento" delle norme che governano l'acquisizione delle prove, e costituisce una lesione al diritto di difesa dell'altra parte.

Peraltro, talune successive decisioni (nn. 5910 e 5347 del 2019), hanno invece nuovamente aderito al primo e più risalente orientamento.

III. A seguito di altrettante decisioni di remissioni, tre speculari decisioni delle Adunanza Plenaria (le n. 19, 20, e 21 del 25 settembre 2020) hanno ora ricondotto ad unità il dilemma, a pro della sussistenza del diritto di accesso, in guisa incondizionata rispetto agli altri strumenti processuali.

Questi i principali passaggi ed enunciati:

a) i documenti reddituali, patrimoniali e finanziari, sono da qualificarsi quali documenti amministrativi, e quindi potenzialmente accessibili ai sensi degli artt. 22 e ss. della legge n. 241 del 1990. Al riguardo è stato precisato che la nozione normativa di "documento amministrativo" è ampia e può riguardare ogni documento detenuto dalla pubblica amministrazione o da un soggetto, anche privato, alla stessa equiparato, a prescindere dalla sua formazione;

b) quanto ai rapporti tra l'accesso ex lege n. 241/1990 e le norme processuali civilistiche, i relativi istituti si pongono nel senso della complementarietà, e non della loro reciproca esclusione. Ossia, la previsione nell'ordinamento processualcivilistico, di strumenti di esibizione istruttoria di documenti (anche) amministrativi (ai sensi degli artt. 210, 211 e 213 c.p.c.), nonché, nell'ambito dei procedimenti di famiglia, dello strumento di acquisizione di documenti dell'anagrafe tributaria (di cui artt. 155-sexies disp. att. cod. proc. civ. e 492-bis c.p.c.), non esclude l'esperibilità dell'accesso documentale ai sensi della l. 241/1990.

A questo riguardo l'Adunanza Plenaria ha valorizzato:

- il fatto che nella fattispecie giuridica "generale" dell'accesso amministrativo confluiscano due diverse ipotesi "particolari" di accesso; l'una come strumento di partecipazione, trasparenza ed imparzialità dell'azione amministrativa, l'altra come espressione della capacità difensiva degli interessi giuridici del singolo;

-la circostanza che l'accesso "difensivo" sia costruito positivamente in guisa tendenzialmente illimitata, ma sia comunque controbilanciato dalla necessità di dimostrare la "necessità" della conoscenza dell'atto, in uno con il nesso di strumentalità che avvince la situazione soggettiva finale rispetto allo specifico documento di cui viene richiesta l'ostensione;

-la assenza di alcuna previsione che subordini l'accesso all'attuale pendenza di un processo in sede giurisdizionale, e ciò ancorché detta pendenza possa però rappresentare un elemento utile per valutare la concretezza e l'attualità dell'interesse legittimante all'istanza di accesso;

-la considerazione che l'accesso difensivo non lede il diritto di difesa della parte controinteressata, e ciò anche per la ricorrenza di strumenti di contrapposizione ex art. 3, d.p.r. 184/2006;

-il convincimento che la opposta soluzione - l'esclusione dell'ammissibilità dell'accesso documentale difensivo, in via generale ed astratta, con richiamo alla disciplina processualcivilistica - finirebbe per incidere in modo pregiudizievole sull'effettività del diritto alla tutela giurisdizionale e sul diritto alla prova intesi in senso lato.

c) Per quanto concerne le modalità di accesso, oltre alla visione, deve altresì essere garantita l'estrazione della copia, ovvero ancora per via telematica.

In argomento, la Adunanza Plenaria, muovendo dal conforme dato del diritto positivo (cfr. l'art. 22, comma 1 lett. a), l. 241/1990), ha osservato:

- che la difforme previsione cui all'art. 5, comma 1, lettere a) e d), d.m. 29 ottobre 1996, n. 603 (che, in sede di accesso difensivo, consente solo la «la visione» della documentazione) deve ritenersi superata dalla novellazione apportata alla legge n. 241/1990 dalla legge n. 15/2005;

-che, nell'acceso difensivo, l'unica modalità ontologicamente idonea a soddisfare la funzione di e difesa della situazione giuridica è l'estrazione di copia, ciò vuoi per un eventuale utilizzo del documento in sede stragiudiziale vuoi, a maggior ragione, in sede processuale.

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