Penale

Il diritto al silenzio vale anche nei confronti della Consob e della Banca d'Italia

Il caso esaminato dalla Consulta vedeva irrogare ad un amministratore di una società una ingente sanzione pecuniaria, di natura punitiva, per non aver risposto alle domande della CONSOB su una serie di operazioni finanziarie considerate dall'ente come "sospette"

di Fabrizio Ventimiglia e Maria Elena Orlandini*


Lo scorso 30 aprile 2021, la Corte Costituzionale ha depositato la sentenza n. 84/2021, redattore Francesco Viganò, con cui è stata dichiarata l'incostituzionalità parziale dell'art. 187- quinquiesdecies del TUF.

La Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: "il diritto fondamentale al silenzio vale anche rispetto i poteri d'indagine della Banca d'Italia e della CONSOB, quando dalle risposte alle domande possa emergere la propria responsabilità per un illecito passibile di sanzioni amministrative di carattere punitivo, ovvero per un reato".

Il caso esaminato dalla Consulta vedeva irrogare ad un amministratore di una società una ingente sanzione pecuniaria, di natura punitiva, per non aver risposto alle domande della CONSOB su una serie di operazioni finanziarie considerate dall'ente come "sospette".

L'imprenditore impugnava tale sanzione, sostenendo di avere semplicemente esercitato il diritto costituzionale di non rispondere a domande da cui sarebbe potuta emergere la propria responsabilità da un fatto illecito.

La Suprema Corte di Cassazione, investita del caso, sollevava nel 2018 questione di legittimità costituzionale dell'art. 187-quinquiesdecies del Testo Unico sulla Finanza nella parte in cui prevedeva "una sanzione da 50.000 a un milione di euro a carico di chi non ottempera nei termini alle richieste della Banca d'Italia o della CONSOB", senza al contempo prevedere alcuna garanzia a tutela di coloro che potessero essere già sospettati di aver commesso un illecito.

La stessa Corte Costituzionale, peraltro, con l'ordinanza n. 117 del 2019, si era rivolta ai giudici europei, chiedendo ai medesimi se chi fosse sospettato di market abuse avesse il diritto di non rispondere alle domande postegli dalla CONSOB nell'esercizio della sua attività di vigilanza sui mercati finanziari. In particolare, la Corte Costituzionale si interrogava in ordine alla sussistenza dell'obbligo di sanzionare la mancata collaborazione con le autorità di vigilanza sui mercati finanziari, chiedendosi se questo obbligo fosse compatibile con il diritto al silenzio riconosciuto dalla nostra Carta costituzionale, nonché dalla Carta di Nizza del 2001.

Sul punto, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea chiariva, con la sentenza del 2 febbraio 2021, come anche il diritto al silenzio sia uno di quei diritti che discendono dall'equo processo, in ossequio al dettato normativo dell'art. 6 CEDU. In quanto tale, il diritto al silenzio, secondo la Corte Europea, deve trovare riconoscimento in tutti i processi, compresi quelli amministrativi dai cui potrebbero derivare sanzioni aventi carattere punitivo.
Sulla scorta di tale principio, la Corte Costituzionale con la pronuncia in commento ha affermato che "dal diritto al silenzio discende l'impossibilità di punire una persona fisica che si sia rifiutata di rispondere a domande, formulate in sede di audizione o per iscritto dalla Banca d'Italia o dalla CONSOB, dalle quali sarebbe potuta emergere una sua responsabilità per un illecito amministrativo o addirittura penale".

Ciò chiarito, la Corte ha, tuttavia, ritenuto opportuno puntualizzare come in nessun caso il diritto al silenzio possa giustificare comportamenti ostruzionistici fonte d'indebiti ritardi allo svolgimento dell'attività di vigilanza.

*a cura di Avv. Fabrizio Ventimiglia e Avv. Maria Elena Orlandini, Studio Legale Ventimiglia

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