Il domiciliatario non risponde per patrocinio infedele
I rapporti tra cliente e avvocato possono essere molto delicati e, in caso di insuccesso nella lite o controversia, possono incrinarsi al punto tale da finire dinanzi al giudice penale. Se a ciò si aggiungono i poco chiari e lineari rapporti tra "dominus" della causa e semplice "domiciliatario", allora la vicenda può divenire paradossale. In questi termini si può descrivere la vicenda analizzata dal Tribunale di Frosinone nella sentenza n. 1098/2019, che ha visto come imputato per il reato di patrocinio infedele, ex articolo 380 cod. pen., un avvocato che aveva assunto il ruolo di domiciliatario in relazione a un procedimento di esecuzione immobiliare da promuovere nei confronti di alcuni debitori. Tale procedimento si era concluso con l'inefficacia del pignoramento a causa della notifica negativa a uno dei debitori e con la conseguente cancellazione dal ruolo della procedura esecutiva.
La vicenda - Il cliente riteneva il legale infedele ai propri doveri e sporgeva denuncia nei suoi confronti per il reato ex articolo 380 cod. pen., in quanto il professionista aveva omesso di provvedere entro i termini previsti dall'articolo 497 cod. proc. civ. al deposito dell'istanza di vendita del compenso pignorato. Di qui la citazione diretta a giudizio dell'avvocato, il quale però faceva semplicemente notare di non essere mai stato il procuratore della parte offesa e che il suo ruolo nella vicenda era soltanto quello di domiciliatario, tenuto cioè a eseguire le istruzioni impartite dal dominus, ovvero il legale incaricato dal cliente per seguire e portare avanti la procedura esecutiva.
Durante il giudizio il cliente riferiva di aver sporto querela nei confronti dell'avvocato domiciliatario, perché ritenuto responsabile di non aver eseguito le richieste del suo dominus. Tuttavia, le deposizioni dell'imputato, di altri colleghi e dello stesso dominus delineavano una diversa versione dei fatti, in cui emergeva una cattiva comunicazione tra i due legali e un risentimento del procuratore del fatto che il cliente avesse in due occasioni contattato direttamente il domiciliatario.
L'inconfigurabilità del patrocinio infedele - All'esito dell'istruttoria dibattimentale, il Tribunale assolve così il domiciliatario per l'assoluta carenza dei presupposti richiesti dall'articolo 380 cod. pen. Ebbene, il giudice ricorda che il delitto di patrocinio infedele è un reato plurioffensivo, che tutela «sia il buon funzionamento della giustizia, sotto il profilo della garanzia di un leale svolgimento delle funzioni di difesa e assistenza delle parti, sia l'interesse particolare della persona assistita, in quanto lesa dalla condotta infedele». Inoltre, per la configurabilità del delitto devono sussistere: un incarico professionale; il corretto e leale svolgimento dello stesso; un'attività svolta davanti a un giudice, procedure stragiudiziali escluse; un danno per il cliente, inteso come mancato conseguimento di beni giuridici o benefici anche di ordine morale. A ciò si aggiunge il fatto che si tratta di un reato proprio, che cioè può essere commesso «unicamente dal "patrocinatore"».
Concludendo, il Tribunale sostiene che l'ipotesi di reato avrebbe dovuto essere contestata ad altro soggetto, ovvero all'avvocato incaricato, nei confronti del comportamento del quale il giudice «ritiene di dover stendere il velo dell'oblio». Sorte peggiore tocca, invece, al cliente, per il quale si è disposto l'invio degli atti alla Procura per valutare la sussistenza del reato di calunnia, ex articolo 368 cod. pen., in quanto costui ha presentato querela nei confronti dell'avvocato domiciliatario ben consapevole della estraneità della stesso ai fatti e, pertanto, sapendolo innocente.
Tribunale di Frosinone - Sezione penale - Sentenza 21 settembre 2019 n. 1098