Penale

Il foglio di via obbligatorio non è lo strumento per combattere la prostituzione

Lo ha ricordato il tribunale di Treviso conla sentenza 381/2021

immagine non disponibile

di Andrea Alberto Moramarco

Il foglio di via obbligatorio non può essere disposto nei confronti della prostituta che esercita la sua attività per strada se le modalità concrete dell'esercizio del meretricio non sono tali da qualificare l'attività pericolosa per la sicurezza pubblica o per la pubblica moralità, in quanto accompagnata da comportamenti oggettivamente idonei a costituire un pericolo per la sicurezza pubblica e l'integrità morale dei minori. In altri termini, il semplice svolgimento di tale attività non consente di ricondurre automaticamente la persona che la esercita ad una delle categorie di soggetti indicati dalla normativa in materia di misure di prevenzione. A ribadire l'inutizzabilità di tale prescrizione nei confronti di chi svolge l'attività di prostituta è il Tribunale di Treviso nella sentenza n. 381/2021, secondo cui «il foglio di via obbligatorio non è lo strumento deputato per intervenire sul fenomeno della prostituzione».

Il caso
Nella fattispecie, veniva tratta a giudizio una prostituta per aver violato il provvedimento questorile con cui si faceva divieto alla stessa di fare ritorno in un comune nel trevigiano per la durata di tre anni. Il Questore aveva motivato il provvedimento ritenendo che l'attività di meretricio esercitata dalla donna lungo una strada statale avveniva in "luogo di sosta di numerose persone, in gran parte di nazionalità estera", e contribuiva ad ingenerare "non di rado, sentimenti di preoccupazione e di timore per gli automobilisti che transitano lungo il suddetto asse stradale". A ciò, il Questore aggiungeva l'assunto che la prostituzione ai fini di lucro personale "in quanto attività immorale, ancorché lecita, può essere qualificata come attività pericolosa per la sicurezza pubblica o per la pubblica moralità allorquando è esercitata con particolari modalità, quali l'ostentazione scandalosa o gli atti osceni in luogo pubblico desumibili dall'abbigliamento".

Occorre motivare le ragioni della pericolosità
Il Tribunale smonta però l'impianto motivazionale del provvedimento questorile sottolineando come la giurisprudenza amministrativa ritenga ormai che per giustificare il provvedimento di cui agli articoli 2 e 76 comma 3 del Dlgs n. 159/2011 si debba dare «contezza delle concrete modalità di esercizio del meretricio, dell'eventuale continuità di tale condotta e di ogni altro elemento utile in ordine alle condizioni di vita dell'interessata, onde desumerne l'apprezzabile possibilità che la stessa sia incline alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica». Ebbene, nel caso di specie, il questore si è limitato ad effettuare «un sillogismo, tautologico», per il quale il meretricio è attività pericolosa per la sicurezza pubblica, l'imputata esercita il meretricio e, quindi, l'imputata è persona pericolosa, «senza spiegare in concreto le ragioni per le quali la specifica attività di prostituzione esercitata dalla destinataria del provvedimento dovesse essere ritenuta pericolosa per la sicurezza pubblica o la pubblica moralità».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©