Penale

Il medico non viola segreto se certifica sterilità del padre che agisce per disconoscere la figlia

E afferma l'esistenza del consenso paterno all'inseminazione eterologa della moglie che intende contrastare il disconoscimento

di Paola Rossi

La Cassazione fa il punto sul bilanciamento tra interessi contrapposti, insito nel concetto di giusta causa, definita dalla Cassazione quale "valvola di sicurezza" che fa venir meno l'imputabilità per una condotta formalmente identica a quella che il Codice penale stigmatizza come reato. Nel caso esaminato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 318/2020 i reati della cui scriminante si discute sono la rivelazione di segreto professionale e la diffamazione tramite attribuzione di un fatto determinato.

La vicenda riguarda un ginecologo che aveva rilasciato una certificazione sulla sterilità dell'ex marito a una madre che aveva partorito a seguito di fecondazione assistita eterologa e che intendeva contrastare l'azione di disconoscimento di paternità della figlia. Il padre riteneva di essere stato vittima del reato ex articolo 622 Cp da parte del medico che aveva "rivelato" il proprio stato di infertilità grave e affermato l'esistenza del suo consenso all'inseminazione artificiale eterologa della moglie.

Inoltre lo stesso padre aveva denunciato il medico anche per diffamazione, in quanto gli aveva attribuito - comunicandolo ad altri - un comportamento scorretto in ordine alla causa di disconoscimento e di vendetta nei suoi confronti, perché in quanto medico, aveva certificato fatti che avrebbero impedito l'accoglimento della domanda. Infatti, il medico ginecologo della donna - al fine di reagire all'esposto del padre della bambina presentato all'Ordine dei medici determinando un procedimento disciplinare a suo carico - aveva a sua volta presentato un esposto al notariato, ordine professionale di appartenenza di chi lo aveva denunciato. Secondo il notaio e l'accusa, il ricorrente aveva rivelato con la propria comunicazione al Consiglio notarile notizie riservate di cui aveva conoscenza in ragione della sua professione di medico e, perciò, coperte da segreto. Ma sia il reato di rivelazione di segreto sia quello di diffamazione si sono prescritti e la Cassazione ha annullato le statuizioni civili del giudice penale rinviando la questione a quello civile.

Il punto fondamentale della sentenza della Cassazione è quello dove precisa, nell'ambito della concreta vicenda, i profili da valutare per affermare la non colpevolezza della condotta tenuta dal medico in ordine alla contestazione dei due reati.

In primis, la certificazione richiesta dalla madre della bambina al fine di contrastare l'azione di disconoscimento della paternità - come affermato dal medico - ben sarebbe stata necessaria a difesa dei diritti della minore nei confronti del padre e quindi non vi sarebbe stata illegittima rivelazione dei dati medici dell'uomo. Il diritto alla privacy del notaio va bilanciato al diritto costituzionalmente garantito della minore.

In secondo luogo, in ordine alla denunciata diffamazione, la Cassazione ritiene che non sia stato individuato in sede di merito il fatto determinato illegittimamente attribuito al notaio dal medico. L'esposto del ginecologo al Notariato definiva quello contro di lui all'ordine dei medici come una pura vendetta e pertanto foriero di grave scorrettezza da parte di un professionista il cui ruolo principale è quello di garantire il rispetto della legge. Ovviamente venivano riportati i profili della vicenda della filiazione al fine di far comprendere la gravità o meno del comportamento del notaio denunciante e a sua volta denunciato a fini disciplinari.

La Cassazione indica al giudice civile del rinvio di tener conto di quanto emerso nell'ambito della causa di disconoscimento in ordine alle conseguenze da legare al comportamento dei soggetti coinvolti.

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