Famiglia

Il no della Procura di Padova all'indicazione della mamma non biologica

I media ne hanno parlato in questi giorni. Erroneamente si è parlato di cancellazioni, come di fatti già avvenuti. Ma non è così

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di Valeria Cianciolo



Alla luce del contesto legislativo vigente e della giurisprudenza che si è pronunciata sul tema, il Tribunale di Padova, visto il ricorso presentato dal Pm avente a oggetto la rettificazione dell'atto di nascita con riferimento alla cancellazione della madre intenzionale e del cognome, ha fissato udienza il 23 novembre 2023 per la decisone della controversia.

I media ne hanno parlato in questi giorni. Erroneamente si è parlato di cancellazioni, come di fatti già avvenuti. Ma non è così.

La bambina concepita in Spagna con PMA eterologa, è nata in Italia nel 2017 e iscritta all'Anagrafe di Padova come figlia delle due mamme, unite civilmente da un anno.
Non si pone una questione di applicabilità di una norma straniera, richiamata da norme di conflitto, o di riconoscibilità di una sentenza straniera. La fattispecie è regolata interamente dalla normativa italiana in vigore che non lascia spazio: da un lato, l'art. 5 della legge n. 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita stabilisce che possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi e dall'altro, la L. 20 maggio 2016, n. 76, la quale ha riconosciuto le unioni civili fra individui dello stesso sesso, che esclude l'applicabilità delle disposizioni in tema di filiazione e adozione al di fuori dell'ambito espressamente previsto. Quindi, nessuna possibilità di riconoscere la filiazione da parte di genitori dello stesso sesso.

Nel ricorso presentato dal Procuratore Valeria Sanzari si definisce come "illegittima l'indicazione nell'atto di nascita in questione del nominativo" della seconda mamma (non biologica) "quale secondo genitore", facendo leva sulle sentenze della Cassazione, nn. 23320 e 23321 del 2021 - le quali richiamano i principi di diritto espressi nelle pronunce nn. 7668 e 8029 del 2020 - secondo le quali il riconoscimento di un minore concepito mediante il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo da parte di una donna legata in unione civile con quella che lo ha partorito, ma non avente alcun legame biologico con il minore, si pone in contrasto con la L. n. 40 del 2004.
La questione involge scelte discrezionali del legislatore. Il che significa, come afferma la Cass. civ., Sez. I, ord., 25 febbraio 2022, n. 6383 richiamata nello stesso reclamo del Pm patavino, che una diversa interpretazione delle norme in esame, involgenti la sola questione della formazione dell'atto di nascita, «non è affatto imposta dalla necessità di colmare in via giurisprudenziale un vuoto di tutela», implicando pur sempre il suddetto vuoto, in materia, quale questa, eticamente sensibile, «scelte legislative di riscontro in base all'equilibrio di diversi valori costituzionali - tutti coinvolti e tutti in gioco », a fronte delle quali scelte «non sarebbe ammissibile, perché potenzialmente finanche arbitraria, una qualsivoglia attività di supplenza in termini solo giurisprudenziali».
E quindi, adesso i Giudici chiedono la cancellazione nell'atto di nascita della madre intenzionale e del cognome: si legge nel ricorso che "La giovane età della bambina esclude che la modifica del cognome come richiesto possa avere ripercussioni sulla sua vita sociale".
La prova "principale" della filiazione, ai sensi dell'art. 236 c.c., si dà con l'atto di nascita iscritto nei registri dello stato civile, sistema probatorio questo che mira a ottenere "certezza" nell'attribuzione e conservazione dello status di figlio. La bambina dovrebbe dunque avere il cognome della sola madre biologica e avere ovviamente una sola mamma. Quella che l'ha partorita. E dunque, richiamando i compiti di vigilanza sullo stato civile attribuiti dal legislatore alla Procura della Repubblica, si afferma di ritenere "illegittima l'indicazione nell'atto di nascita in questione del nominativo" della seconda mamma (non biologica) "quale secondo genitore".

Tutto corretto. Dura lex, sed lex. E così la Procura, avendo evidentemente tempo di andare all'indietro come i gamberi, a ritroso nel tempo, ha infatti impugnato, ritenendoli illegittimi, 33 atti dell'anagrafe trascritti dal 2017 a oggi dal sindaco di Padova, Sergio Giordani.
Ma nel ruolo di garante della legge, il giudice deve sentire il costume sociale che muta. E avere se possibile, quella sensibilità che porta a vedere la situazione nel suo complesso: la Cassazione non ha anche detto che occorre un bilanciamento fra il favor veritatis e il favor minoris dove il primo può cedere al secondo?

E quindi, volendo dare una lettura insieme a quello che sta accadendo, la mente corre alla recente bocciatura della proposta di regolamento della Commissione UE sul riconoscimento delle decisioni giudiziarie e degli atti pubblici che accertano la filiazione (cosa che avrebbe consentito ai bambini arcobaleno, l'automatico riconoscimento dello stato di figlio, anche se ottenuto in altro stato membro), giustificata dalla preoccupazione di veder aggirato il divieto di maternità surrogata, statuito dalle Sezioni Unite della Cassazione, riguardo al quale proprio due giorni fa, ha avuto avvio la discussione generale sul disegno di legge per perseguirlo come reato anche quando consumato all'estero. In tale vis persecutoria alacremente perseguita, si dimenticano le basi del diritto penale: già l'art. 9, co. 2 del codice penale stabilisce che i delitti comuni commessi dal cittadino all'estero, puniti con pena della reclusione inferiore nel minimo a tre anni (e la maternità surrogata è punita nel massimo con due anni di reclusione), sono punibili a richiesta del Ministro della giustizia. In forza dell'art. 9, comma 2 c.p., pertanto, la surrogazione di maternità realizzata interamente all'estero da cittadino italiano è già punibile secondo la legge italiana, purché vi sia una richiesta del Ministro della Giustizia. Ma le proposte di legge spingono a derogare alla disciplina dell'art. 9, comma 2 c.p. e a rendere incondizionatamente punibile il fatto commesso all'estero: indipendentemente dalla richiesta del Ministro e dalla doppia incriminazione. In buona sostanza, volendo applicare, non l'art. 9, comma 2 c.p., bensì, l'art. 7 n. 5 c.p., secondo cui è punito in base alla legge italiana il cittadino (e anche lo straniero, nella proposta Varchi) che commette in territorio estero alcuni gravi reati a danno dello Stato o di interessi pubblici, ovvero altri reati per i quali speciali disposizioni di legge stabiliscono l'applicabilità della legge penale italiana.

Si controbatte dicendo: esiste la possibilità dell'adozione in casi particolari.
Siamo sicuri che anche questa non sia una bugia politicamente corretta?
E allora occorre ricordare, ad esempio, che il Tribunale di Roma con l' ordinanza 9 settembre 2022, ha ritenuto illegittimo e disapplicato per eccesso di potere il decreto del Ministero dell'interno 31 gennaio 2019 che, nel disciplinare le modalità di produzione, emissione e rilascio della carta di identità elettronica, non consentiva di indicare con la qualifica neutra di "genitore" la madre naturale e la madre adottiva di una minore, figlia di una coppia "same-sex", adottata in forza di sentenza resa ai sensi dell' art. 44, c. I , lett. d), L. n. 184/1983.
Sembra che le motivazioni siano poco giuridiche e più politiche. Se il legislatore latita, il politico incombe, con la conseguenza di un nevrastenico stop and go sui riconoscimenti dei diritti delle persone.
Si fosse sempre così solerti nell'applicazione delle norme e nella spasmodica ricerca dei contravventori della normativa urbanistica che in Italia dilapida un patrimonio paesaggistico di tutto rispetto, nessuno obietterebbe nulla. Il punto è che si è rigorosi sulla pelle degli altri. Si è fatto ricorso per la rettifica di ben 33 atti di nascita. Non pezzi di carta. Bambini. Persone che sono cresciute in un contesto familiare stabilendo dei legami che hanno delle ricadute giuridiche e che hanno acquisito dei diritti che si sono consolidati nel tempo e che non possono essere cancellati retroattivamente.
Un vecchio detto diceva che la legge per gli amici si interpreta, per gli altri si applica.

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