Penale

Il possesso a fini di spaccio di dosi di droga pesante non esclude l'esame del giudice sull'ipotesi di lieve entità

La fattispecie attenuata può ricorrere in base ad altre circostanze di fatto anche per la detenzione di dosi di crack e cocaina

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di Paola Rossi

L'ipotesi della lieve entità del reato di illecita detenzione di stupefacenti, anche a fini di spaccio, non può essere esclusa de plano dal giudice solo perché si tratta di droga "pesante".

La Corte di cassazione penale - con la sentenza n. 34537/2023 - ha accolto il motivo di ricorso sulla mancata applicazione del comma quinto dell'articolo 73 del testo unico degli stupefacenti. Infatti, i giudici di legittimità hanno ravvisato un'esclusione automatica dell'ipotesi attenuata del reato in quanto le dosi di cui era stato trovato in posssso il ricorrente erano di cocaina e crack sostanze pacificamente non appartenenti al novero delle droghe "leggere".

La Cassazione chiarisce proprio l'interpretazione da dare al comma quinto della disposizione del Dpr 309/1990. E, afferma che il giudice è tenuto a valutare la ricorrenza di tutti gli elementi indicati dalla norma in un giudizio di bilanciamento tra gli stessi e soprattutto senza alcuna automatica preclusione nel caso ricorra l'ipotesi della detenzione di sostanze droganti "pesanti".

Quindi il giudice del rinvio dovrà - a fronte della conferma della penale responsabilità del ricorrente - valutare se gli elementi che costiutiscono la condotta incriminata possano comunque condurre a un giudizio di lieve entità con conseguente riduzione della pena.

La sentenza di legittimità - nel rigettaree l'altro motivo di ricorso - offre un chiarimento e cioè che non è illegittima la contestazione del reato fondata sui risultati del narcotest. Il ricorrente, infatti, lamentava che l'imputazione e la successiva condanna fossero fondate su tale test di accertamento che non offre la misurazione della capacità drogante della sostanza, ma solo ne indidividua la tipologia.

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