Penale

Il ricorso per cassazione inammissibile impedisce il vaglio della denuncia-querela

La Corte di cassazione ribadisce che l’inammissibilità del ricorso supera la questione di procedibilità sottoposta per la prima volta in sede di legittimità

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di Paola Rossi

La Corte di cassazione ribadisce che l’inammissibilità del ricorso supera la questione di procedibilità sottoposta per la prima volta in sede di legittimità. In particolare afferma che non si può pretendere con il ricorso per cassazione la valutazione, non chiesta in sede di merito, del reale contenuto dell’atto di denuncia fatto dalla parte offesa. Infatti, nel caso concreto, il ricorrente invocava la causa di improcedibilità per il furto mono aggravato, per cui era stato condannato, solo all’atto di impugnare la sentenza pronunciata dal giudice del rinvio. Non aveva in effetti sollevato la questione nel primo ricorso per cassazione quando tra la sentenza di appello e il giudizio di legittimità era già entrata in vigore la Riforma Cartabia. E neanche nel giudizio di rinvio conclusosi con la sentenza ora impugnata e con cui si chiedeva ora per la prima volta l’esame della denuncia orale della vittima.

Quindi la Cassazione penale nel dichiarare - con l’attuale sentenza n. 25441/2024 - l’inammissibilità del ricorso ha ritenuto di ribadire, in base al precedente recato dalla decisione n. 5223/2023, che nei giudizi pendenti in sede di legittimità l’improcedibilità per mancanza di querela, necessaria in base alla Riforma Cartabia per reati prima perseguibili d’ufficio, non prevale sull’inammissibilità del ricorso, poiché diversamente dai casi di abolitio criminis non è idonea a incidere sul giudicato sostanziale.

Sulla retroattività della procedibilità più favorevole all’imputato non sussiste ormai dubbio anche in assenza di una norma transitoria che la stabilisca. Infatti, la querela è atto di rilievo non solo formale, ma anche sostanziale, e quindi i regimi “vecchio o nuovo” vanno applicati nei procedimenti pendenti in base al principio del favor rei.

Il caso
Nel caso concreto di fatto il ricorrente aveva per la prima volta sottoposto alla Corte di legittimità la domanda di interpretare il contenuto concreto della “denuncia orale-querela” presentata dalla parte offesa, al fine di escludere che integrasse tutti gli elementi della querela da porre a base della procedibilità dell’azione penale. La Cassazione risponde però che si tratta di accertamento non espletabile ictu oculi e che tale esame avrebbe dovuto essere chiesto in sede di merito. Quindi si è formata la preclusione del giudicato sostanziale non potendo svolgersi in sede di legittimità l’interpretazione del documento allegato (contenente quella che il ricorrente indicava come denuncia orale non integrante una querela) al fine di stabilire se con esso fosse stata espressa la volontà punitiva da parte del denunciante. In effetti, quest’ultimo, risulta dal ricorso che non avesse nominato un difensore e che non si fosse costituito parte civile.

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