Il risarcimento dei danni da demansionamento e perdita di chance professionali non è soggetto a Irpef
Le somme liquidate in via equitativa dal giudice del lavoro per danni alle capacità professionali del lavoratore sono da considerarsi non imponibili, in quanto configurabili come danno emergente
L'Agenzia delle Entrate (risposta 185/2022) ha chiarito che le somme liquidate in via equitativa dal Giudice del Lavoro per danni alle capacità professionali del lavoratore sono da considerarsi non imponibili, in quanto configurabili come danno emergente e quindi volte a risarcire la perdita economica subita dal patrimonio, e pertanto non sono assoggettabili a ritenuta alla fonte ai sensi della normativa fiscale.
Lucro cessante e danno emergente
L'Agenzia ha innanzitutto chiarito che devono essere ricondotte a tassazione le indennità corrisposte a titolo risarcitorio, sempreché le stesse abbiano una funzione sostitutiva o integrativa del reddito del percipiente. In sostanza sono imponibili le somme corrisposte al fine di sostituire mancati guadagni - cd. lucro cessante - sia presenti che futuri del soggetto che le percepisce. A ben vedere qualora l'indennizzo percepito da un determinato soggetto vada a compensare in via integrativa o sostitutiva, la mancata percezione di redditi di lavoro ovvero il mancato guadagno, le somme corrisposte sono da considerarsi dirette a sostituire un reddito non conseguito - cd. lucro cessante - e conseguentemente vanno ricomprese nel reddito complessivo del soggetto percipiente ed assoggettate a tassazione. Non assumono invece rilevanza reddituale le indennità risarcitorie erogate al fine di reintegrare il patrimonio del soggetto ovvero al fine di risarcire la perdita economica subita dal patrimonio - cd. danno emergente.
Il demansionamento professionale
Secondo l'Agenzia in tema di demansionamento occorre distinguere il danno patrimoniale, derivante dall'impoverimento della capacità professionale del lavoratore o dalla mancata acquisizione di maggiori capacità, con la connessa perdita di chances ossia di ulteriori possibilità di guadagno, da quello non patrimoniale, comprendente sia l'eventuale lesione dell'integrità psico-fisica del lavoratore, accertabile medicalmente, sia il danno esistenziale - da intendersi come ogni pregiudizio di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all'espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno - sia infine la lesione arrecata all'immagine professionale ed alla dignità personale del lavoratore. Segnatamente la somma liquidata non è soggetta a imposizione fiscale ai fini Irpef in quanto non rappresenta alcuna reintegrazione di reddito patrimoniale non percepito, ma piuttosto il risarcimento del danno alla professionalità e all'immagine derivato dal demansionamento.
Le "chance professionali"
Per quanto riguarda le somme erogate, che trovino titolo nella necessità di ristorare la perdita delle cosiddette "chance professionali" ossia connesse alla privazione della possibilità di sviluppi o progressioni nell'attività lavorativa, l'Agenzia ha evidenziato che le stesse non sono imponibili. Infatti posto che la chance è un'entità patrimoniale, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione, la sua perdita configura un danno attuale e risarcibile - consistente non in un lucro cessante, bensì nel danno emergente da perdita di possibilità attuale - a condizione che il soggetto che agisce per il risarcimento ne provi la sussistenza, anche secondo un calcolo di probabilità o per presunzioni. In tali fattispecie il risarcimento non può essere riconosciuto, in concreto, se non in presenza di adeguata allegazione, ad esempio deducendo l'esercizio di una attività soggetta ad una continua evoluzione, e comunque caratterizzata da vantaggi connessi all'esperienza professionale destinati a venire meno in conseguenza del loro mancato esercizio per un apprezzabile periodo di tempo.
In questa logica, della perdita di chance, ovvero delle ulteriori potenzialità occupazionali o di ulteriori possibilità di guadagno, va data prova in concreto, indicando quali aspettative, conseguibili in caso di regolare svolgimento del rapporto, siano state frustrate dal demansionamento o dalla inattività forzata. In mancanza di detti elementi, da allegare necessariamente a opera dell'interessato, sarebbe difficile individuare un danno alla professionalità del lavoratore. Ciò perché - fermo l'inadempimento - l'interesse del lavoratore può ben esaurirsi, senza effetti pregiudizievoli, nella corresponsione del trattamento retributivo quale controprestazione dell'impegno assunto di svolgere l'attività che gli viene richiesta dal datore.
Da questi elementi può dedursi che le somme liquidate a titolo di perdita di chance professionali possono essere correttamente qualificate alla stregua di risarcimenti di danno emergente solo ove l'interessato abbia fornito prova concreta dell'esistenza e dell'ammontare di tale danno. In altri termini il titolo al risarcimento del danno, connesso alla "perdita di chance" non ha natura reddituale, poiché consiste nel ristoro del danno emergente dalla perdita di una possibilità attuale.