Penale

Il superamento dei limiti dell'alcool test non fa scattare il reato di guida in stato di ebbrezza

Gli Ermellini, confermando il giudizio della Corte territoriale, hanno ritenuto che il comportamento del conducente dovesse ritenersi non punibile

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di Domenico Carola

Guida in stato di ebbrezza
I giudici della quarta sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 35825 del 30 settembre 2021 hanno ritenuto che il superamento dei limiti del tasso alcolico consentito non è requisito sufficiente per condannarlo per il reato di guida in stato di ebrezza

Il caso
Un automobilista veniva fermato dagli agenti di polizia per un ordinario controllo e all'esito dell'alcool test risultava aver superato i limiti consentiti dalla legge pertanto veniva rinviato a giudizio per il reato di guida in stato di ebrezza. La Corte territoriale di Catanzaro, in riforma della sentenza del Tribunale di Cosenza che aveva riconosciuto l'automobilista colpevole del reato di guida in stato di ebbrezza, dichiarava non doversi procedere nei suoi confronti in ragione del fatto di particolare tenuità. Evidenziava che il comportamento dell'automobilisti doveva ritenersi di modesto disvalore trattandosi di soggetto incensurato, non aduso all'assunzione di sostanze alcoliche e pertanto di condotta occasionale e circoscritta, accompagnata da spirito di collaborazione e dalla persistente capacità di autodeterminazione. Sotto diverso profilo riteneva la particolare tenuità dell'offesa per la circolazione stradale, atteso che non solo non si erano prospettati pericoli concreti per la circolazione ma si era trattato di un controllo routinario senza che risultassero palesate condotte di guida inappropriate o pericolose. Avverso la pronuncia proponeva ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Catanzaro denunciando violazione di legge e vizio di motivazione per contraddittorietà e illogicità nel riconoscimento della causa di non punibilità.

La decisione
Gli Ermellini, confermando il giudizio della Corte territoriale, hanno ritenuto che il comportamento del conducente dovesse ritenersi non punibile in quanto:
a) il valore superava di poco il limite massimo consentito dalla legge;
b) si trattava di un soggetto incensurato non aduso all'assunzione di sostanze alcoliche;
c) si trattava di una condotta occasionale e circoscritta accompagnata da spirito di collaborazione e dalla persistente capacità di autodeterminazione.

In relazione alla richiesta di riconoscimento della causa di non punibilità la giurisprudenza di questa Corte ha evidenziato che il giudice di legittimità deve basarsi su quanto emerso nel corso del giudizio di merito, tenendo conto degli eventuali giudizi già espressi nelle relative pronunce. Invero nel caso in specie deve ritenersi assolutamente coerente e adeguata sotto il profilo logico giuridico la motivazione della impugnata sentenza in ordine alla ritenuta operatività del suddetto istituto. Ricorrono infatti i presupposti per riconoscere la modestia del fatto reato, avuto riguardo, in particolare alle modalità della condotta e alla gravità del pericolo, requisiti espressamente richiamati dalla disciplina introdotta con l'art. 131-bis codice penale, nonché ai profili di antidoverosità della condotta, pure valorizzati dall'art.133 codice penale in relazione al grado della colpa.

Premesso che nella specie non ricorre alcuno dei fattori preclusivi all'applicazione della causa di non punibilità, codificati dallo stesso legislatore che l'ha disciplinata e introdotta nell'ordinamento giuridico (limiti di pena, esclusioni oggettive, abitualità della condotta), la valutazione che il giudice di merito era chiamato a operare non poteva che fondarsi sulla specificità del caso concreto, senza ricorrere a presunzioni o a preclusioni derivanti dalla originaria previsione di soglie di maggiore o minore offensività.

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