Il termine cadente di venerdì va rispettato anche se il sabato è festivo
Lo ha affermato la Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 17280 depositata oggi, respingendo il ricorso di un datore di lavoro
Il termine che cade di venerdì va rispettato, non avendo alcun rilievo il fatto del tutto occasionale che il sabato successivo sia un giorno festivo. Lo ha affermato la Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 17280 depositata oggi, respingendo il ricorso di un datore di lavoro. Confermata dunque la sentenza della Corte di appello di Roma che aveva dichiarato inammissibile perché tardivo il ricorso di un professionista contro la decisione del Tribunale di Frosinone che, accogliendo la domanda del lavoratore, aveva accertato la natura subordinata del suo rapporto di lavoro (periodo 1/03/2007 - 31/05/2013), con il conseguente diritto all'inquadramento nel 4° livello studi professionali. Ne era scaturita la condanna del titolare dello studio, attuale ricorrente, al pagamento della somma di 77.633,82 euro a titolo di differenze retributive, 13° e 14° mensilità, Tfr, oltre accessori.
Secondo il giudice di secondo grado, infatti, il ricorso d'appello depositato l'8 gennaio 2018, era tardivo, in quanto proposto oltre il termine di decadenza di sei mesi previsto dall'articolo 327 c.p.c. (scaduto il 05/01/2018) e considerata, altresì, l'inapplicabilità della sospensione del termine nel periodo feriale, trattandosi di rito del lavoro, ai sensi dell'art. 3 L. n. 742/1969.
Il ricorrente, invece, pur concedendo che il termine lungo di sei mesi era scaduto il 5 gennaio 2018, che cadeva di venerdì, andava considerato che il 6 gennaio era sabato, ma coincidendo con l'Epifania e quindi con un giorno festivo, la scadenza del termine doveva ritenersi prorogata al successivo lunedì 8 gennaio. Sempre secondo il ricorrente, infatti, l'articolo 155, co. 5, c.p.c., con cui il legislatore estende al sabato la disciplina del termine cadente in giorno festivo, andrebbe applicato a tutti i giorni prefestivi e, quindi, nel caso in esame anche al 5 gennaio 2018, che appunto era un giorno prefestivo (rispetto all'Epifania).
Una lettura bocciata dalla Sezione lavoro. L'articolo 155, ricorda la decisione, ai commi 4, 5 e 6, c.p.c. dispone:
"Se il giorno di scadenza è festivo la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo.
La proroga prevista dal quarto comma si applica altresì ai termini per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell'udienza che scadono nella giornata del sabato.
Resta fermo il regolare svolgimento delle udienze e di ogni altra attività giudiziaria, anche svolta da ausiliari, nella giornata del sabato, che ad ogni effetto è considerata lavorativa".
Dall'interpretazione sistematica di questi commi, prosegue la Corte, si evince che il legislatore considera, in via di principio, la giornata del sabato come lavorativa (co. 6), ma ciononostante ed eccezionalmente la esclude dal computo del termine soltanto per il compimento di atti processuali "fuori dell'udienza" (co. 5). Trattandosi di una norma eccezionale, essa è insuscettibile di interpretazione estensiva e di applicazione analogica (art. 14 disp.prel.c.c.).
Inoltre, prosegue la decisione, con il comma 5° dell'art. 155 c.p.c. il legislatore ha solo inteso affermare che per il compimento di atti processuali "fuori dell'udienza" i giorni settimanali disponibili sono cinque (e non sei). Non a caso nella formulazione dell'art. 155 c.p.c. anteriore alla novella apportata dall'art. 2, co. 1, lett. f), della legge 28/12/2005, n. 263 (che vi ha aggiunto i commi 5° e 6°), il differimento del termine era previsto solo nel caso cui cadesse in giorno festivo, non anche di sabato.
Con la novella del 2005, spiega la Cassazione, il sabato è rimasto comunque giorno lavorativo ad ogni effetto, ad eccezione del compimento di atti processuali "fuori dell'udienza", per i quali è stato eccezionalmente equiparato al giorno festivo. Dunque, contrariamente all'assunto del ricorrente, il sostantivo "sabato" adoperato dal legislatore non equivale a "giorno prefestivo": la ratio legis non è quella di dettare un regime generale per i giorni prefestivi, ossia per qualunque giorno che cada subito prima di uno festivo, bensì quella di limitare il compimento di atti processuali "fuori dell'udienza" a cinque giorni alla settimana.
"Ne consegue - conclude la decisione - che il termine cadente di venerdì va rispettato, a nulla rilevando il fatto – del tutto occasionale – che il sabato successivo sia un giorno festivo".