Comunitario e Internazionale

Il Tribunale Ue boccia la Commissione sui contratti di acquisto di vaccini anti Covid-19

L’infrazione riguarda l’accesso parziale ai documenti relativi alle clausole sull’indennizzo delle case farmaceutiche e sull’assenza di conflitto di interessi dei membri della squadra negoziale Ue

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di Paola Rossi

Con le sentenze sulle cause T-689/21 e T-761/21 il Tribunale dell’Unione europeea ha bocciato - in quanto insufficiente alla dovuta informazione al pubblico - l’accesso solo parziale concesso dalla Commissione al contenuto dei contratti di acquisto di vaccini contro il Covid-19.

L’accesso negato
Tale infrazione riguarda in particolare le clausole di detti contratti relative all’indennizzo nonché le dichiarazioni di assenza di conflitto di interessi dei membri della squadra negoziale per l’acquisto dei vaccini durante l’emergenza della pandemia da Covid-19.

Nel 2020 e nel 2021 sono stati stipulati tra la Commissione e alcune imprese farmaceutiche contratti di acquisto di vaccini. Con circa 2,7 miliardi di euro - che sono stati rapidamente resi disponibili - è stato effettuato un ordine per oltre un miliardo di dosi di vaccino.

La richiesta
Nel 2021 alcuni deputati europei e alcuni privati hanno chiesto, sulla base del regolamento n. 1049/2001/Ce relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione di poter prendere visione di tali contratti e di taluni documenti annessi al fine di poter comprenderne i termini e le condizioni rispetto alla tutela dell’interesse pubblico.

Poiché la Commissione ha concesso solo un accesso parziale a tali documenti, che sono stati messi in rete in versioni oscurate, i deputati europei interessati e alcuni privati hanno investito il Tribunale dell’Unione europea di domande di annullamento.

Il ricorso accolto in parte
Nelle sue sentenze, il Tribunale accoglie parzialmente entrambi i ricorsi e annulla le decisioni della Commissione nella parte in cui esse contengono irregolarità.
Per quanto riguarda le clausole dei contratti relative all’indennizzo delle imprese farmaceutiche da parte degli Stati membri per eventuali risarcimenti che esse dovrebbero pagare in caso di difetto dei loro vaccini, il Tribunale sottolinea che il produttore è responsabile del danno causato da un difetto del suo prodotto e la sua responsabilità non può essere soppressa o limitata, nei confronti del danneggiato, da una clausola esonerativa o limitativa di responsabilità ai sensi della direttiva 85/374 (relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati Membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi).

La compensazione da un terzo dei rischi dell’emergenza
Il Tribunale Ue rileva però che nessuna disposizione della direttiva 85/374 vieta a un terzo di rimborsare gli importi pagati a titolo di risarcimento da un produttore a causa della difettosità del suo prodotto. E, nel caso concreto della pandemia, il Tribunale precisa che la previsione di clausole sull’indennizzo dei produttori mira a compensare i rischi corsi dalle imprese farmaceutiche connessi all’emergenza, cioè l’abbreviazione del termine di messa a punto dei vaccini perorata dagli stessi Stati membri. E soprattutto, sottolinea il Tribunale, tale circostanza era di dominio pubblico.

Ma con le sentenze di oggi il giudice europeo precisa che l’errore della Commissione è stato di non aver dimostrato che un accesso più ampio a tali clausole avrebbe effettivamente arrecato pregiudizio agli interessi commerciali delle imprese coinvolte.
Tra l’altro la Commissione non avrebbe fornito spiegazioni sufficienti per comprendere come l’accesso alle definizioni contrattuali di «dolo» e di «ogni ragionevole sforzo» e alle clausole relative alle donazioni e alle rivendite dei vaccini avrebbe potuto arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio agli interessi commerciali delle case farmaceutiche.

Sul conflitto di interessi dei negoziatori
La Commissione europea aveva poi invocato la tutela della vita privata delle persone al fine di negare parzialmente l’accesso anche alle dichiarazioni di assenza di conflitto di interessi dei membri della squadra negoziale per l’acquisto dei vaccini.
Ma il Tribunale ritiene che i privati interessati nella vicenda avessero debitamente dimostrato la sussistenza del fine specifico di garanzia dell’interesse pubblico dell’accesso ai dati personali di tali membri. Infatti, è solo dai loro cognomi, nomi e ruoli professionali o istituzionali che si sarebbe potuto verificare che i soggetti in questione non si trovassero in una situazione di conflitto di interessi.
Infine, secondo il Tribunale Ue, la Commissione non ha considerato sufficientemente tutte le circostanze pertinenti al caso, al fine di soppesare correttamente gli interessi in gioco, connessi all’assenza di conflitto di interessi e a un rischio di pregiudizio alla vita privata degli interessati.

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