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Ilva, produzione da sospendere se genera rischi per la salute umana

L’impianto deve rispettare non solo i parametri dell’autorizzazione iniziale posti a tutela dell’ambiente, ma anche porre rimedio ai pericoli, anche non previsti, che emergano per la salute umana

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di Paola Rossi

Se il Tribunale di Milano accerta che l’Ilva di Taranto genera pericoli gravi e rilevanti per l’ambiente e per la salute umana, l’esercizio dell’acciaieria andrà sospeso. Lo afferma la Corte Ue con la sentenza sulla causa C-626/22 decidendo il rinvio pregiudiziale dei giudici italiani che mirava a ottenere una corretta interpretazione delle norme comunitarie in materia di emissioni ambientali e della rilevante nozione di inquinamento.

L’impatto da valutare non è solo ambientale
La nozione di «inquinamento» ai sensi della direttiva relativa alle emissioni industriali include i danni all’ambiente e alla salute umana.
La previa valutazione dell’impatto dell’attività di un’installazione come l’acciaieria Ilva nell’Italia meridionale deve quindi costituire atto interno ai procedimenti di rilascio e riesame dell’autorizzazione all’esercizio previsti dalla direttiva.
Nel procedimento di riesame occorre considerare le sostanze inquinanti connesse all’attività dell’installazione, anche se non sono state valutate nel procedimento di autorizzazione iniziale.

L’ipotesi di sospendere l’esercizio
Se dall’esame connesso al mantenimento dell’autorizzazione dovessero emergere pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana, l’esercizio dell’installazione deve essere sospeso.

Il caso a quo dell’Ilva di Taranto
L’acciaieria Ilva di Taranto ha iniziato le sue attività nel 1965 e conta 11.000 dipendenti. Con un’estensione di circa 1.500 ettari è una delle più grandi acciaierie d’Europa.
Nel 2019 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha accertato che l’acciaieria provocava significativi effetti dannosi sull’ambiente e sulla salute degli abitanti della zona.

La riduzione delle emissioni differita e le azioni giudiziarie
In effetti, varie misure per la riduzione dell’impatto delle emissioni industriali sono state già previste sin dal 2012, ma i termini stabiliti per la loro attuazione sono stati ripetutamente differiti.
Da ciò ne è derivato che numerosi abitanti della zona hanno agito in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano contro il proseguimento dell’esercizio dell’acciaieria, sostenendo che le sue emissioni nuocciono alla loro salute e che l’installazione non è conforme ai requisiti della direttiva relativa alle emissioni industriali.

Il rinvio pregiudiziale del Tribunale di Milano
Il Tribunale di Milano ha dunque chiesto alla Corte di giustizia se la normativa italiana e le norme derogatorie speciali applicabili all’acciaieria Ilva, al fine di garantirne la continuità, siano in contrasto con la direttiva.
La Grande Sezione della Corte Ue ha sottolineato anzitutto lo stretto collegamento tra la protezione dell’ambiente e quella della salute umana, che costituiscono obiettivi chiave del diritto dell’Unione, garantiti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. I giudici chariscono quindi che la direttiva contribuisce al conseguimento di tali obiettivi e alla salvaguardia del diritto di vivere in un ambiente atto a garantire la salute e il benessere.

La posizione del Governo italiano
Il Governo italiano ha fatto invece rilevare che la direttiva non contiene alcun riferimento alla valutazione del danno sanitario. Ma la Corte Ue boccia tale lettura affermando che la nozione di «inquinamento» ai sensi della direttiva “emissioni” include sia i danni all’ambiente sia quelli alla salute umana. Pertanto, la valutazione dell’impatto dell’attività di un’installazione come l’acciaieria Ilva su tali due aspetti deve costituire atto interno ai procedimenti di rilascio e riesame dell’autorizzazione all’esercizio.

Valutazione del danno sanitario 
Secondo il Tribunale di Milano, il presupposto autorizzativo non è stato rispettato per quanto riguarda il danno sanitario. Il gestore deve altresì valutare tali impatti durante tutto il periodo di esercizio della sua installazione.
Inoltre, secondo il Tribunale di Milano, le norme speciali applicabili all’acciaieria Ilva hanno consentito di rilasciarle un’autorizzazione ambientale e di riesaminarla senza considerare talune sostanze inquinanti o i loro effetti nocivi sulla popolazione circostante.
Secondo la Corte Ue il gestore di un’installazione deve fornire, nella sua domanda di autorizzazione iniziale, informazioni relative al tipo, all’entità e al potenziale effetto negativo delle emissioni che possono essere prodotte dalla sua installazione. Solo le sostanze inquinanti che si ritiene abbiano un effetto trascurabile sulla salute umana e sull’ambiente possono non essere assoggettate al rispetto dei valori limite di emissione nell’autorizzazione all’esercizio.
La Corte afferma che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Ilva e dal Governo italiano, il procedimento di riesame non può limitarsi a fissare valori limite per le sostanze inquinanti la cui emissione era prevedibile. Occorre tener conto anche delle emissioni effettivamente generate dall’installazione nel corso del suo esercizio e relative ad altre sostanze inquinanti.

Violazioni dell’autorizzaione e ripristino della conformità
In caso di violazione delle condizioni di autorizzazione all’esercizio dell’installazione, il gestore deve adottare immediatamente le misure necessarie per garantire il ripristino della conformità della sua installazione a tali condizioni nel più breve tempo possibile. In caso di pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana, il termine per applicare le misure di protezione previste dall’autorizzazione all’esercizio non può essere prorogato ripetutamente e l’esercizio dell’installazione deve essere sospeso.

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