Impianto fotovoltaico in area vincolata senza autorizzazione, scattano contravvenzione e danni
L'installazione di un impianto fotovoltaico in violazione dell'autorizzazione della Provincia e della Soprintendenza per i beni ambientali e paesaggistici fa scattare il reato contravvenzionale previsto dal comma 1 dell'articolo 181 del Dlgs 42/2004 e non l'ipotesi incriminatrice prevista dal successivo comma 1 bis. Infatti, per tale ultima ipotesi di reato è necessario che sull'area sia intervenuto uno specifico provvedimento amministrativo che abbia dichiarato d'interesse pubblico il bene paesaggistico. Il distinguo viene fatto dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 21935/16, depositata ieri.
La vicenda - Nel caso specifico venivano realizzati impianti fotovoltaici ben oltre i limiti volumetrici ammessi dalla Provincia, in un'area ricompresa tra il Parco nazionale del Gran Sasso e i Monti della Laga. La Corte d'appello aveva perciò condannato due ingegneri per aver realizzato l'opera in difformità delle prescrizioni autorizzative provinciali senza alcuna scusante per il favorevole parere tecnico del Genio civile, ottenuto solo a fini antisismici. La sentenza di appello li condannava anche al risarcimento del danno in favore dell'Ente parco, senza dare rilievo all'argomento degli imputati secondo i quali non si può definire danneggiato un soggetto, che come nel caso specifico aveva espresso parere favorevole ai lavori.
Il vincolo paesaggistico - La norma al centro della vicenda cioè l'articolo 181 del Codice dei beni culturali e del paesaggio è stata anche oggetto di una pronuncia di parziale illegittimità sulla parte dove prevedeva sanzioni più severe, compreso il carcere da uno a quattro anni, per violazioni di provvedimenti amministrativi che affermano l'interesse pubblico del sito rispetto a quelli vincolati con norma di legge. Ma al di là della sentenza costituzionale, giunta dopo i fatti di causa, la Cassazione fa notare che l'area in questione non era stata oggetto di provvedimento amministrativo dichiarativo dell'interesse pubblico. E, di conseguenza, va rinviata al giudice di merito la sentenza per la parte in cui non contemplava la rilevanza della rimessa in pristino dell'area. Infatti, tale ipotesi di ripristino comporta l'estinzione del reato commesso su aree vincolate in base alla legge. I giudici di merito del rinvio dovranno quindi accertare il corretto inquadramento della fattispecie di reato, compresa la causa estintiva.
I danni all'ente - Sul punto dei danni acclarati anche se non quantificati dal giudice penale, i ricorrenti sostenevano che di alcun danno si può parlare visto il parere favorevole espresso dall'Ente parco. Al contrario, ha chiarito la Cassazione, che il danno è in re ipsa proprio perché l'illecito ha violato il vincolo posto dalla legge sul sito paesaggistico. Infatti, afferma la sentenza di legittimità che in tali ipotesi la condotta degli imputati è «comunque» produttiva di un danno, se non altro all'immagine dell'Ente tenuto a garantire la tutela. La quantificazione spetta al giudice competente per i danni come prospettato dai giudici di appello.
Corte di Cassazione – Sezione III penale – Sentenza 25 maggio 2016 n. 21935