Amministrativo

Importazione di beni personali e violazioni doganali: le sanzioni alla luce della recente Riforma

Il quadro delle sanzioni penali, amministrative e confisca a seguito dell’entrata in vigore del D.lgs. n. 141/2024

Container Cargo freight ship for Logistic Import Export

di Francesco Bico e Jacopo Campiglio*

Spesso e volentieri, quando si parla di importazioni e di adempimenti doganali, si è portati a pensare ad attività relative a merci, svolte nell’ambito di attività imprenditoriali da operatori qualificati del settore e, quando si parla di “contrabbando”, è ancora ben radicata nella percezione comune l’idea del vecchio “spallone” che, con il proprio carico di merce ben occultato sulla propria persona o all’interno di veicoli appositamente stivati, tenta di superare la “frontiera” con il territorio comunitario.

La realtà, tuttavia, è ben diversa ed il rischio di rimanere coinvolti in spiacevoli situazioni con le autorità doganali è tutt’altro che remoto anche per il privato cittadino che, per qualsiasi motivo, desideri importare nel territorio comunitario beni (anche di natura personale) di un certo valore.

In tali casi, infatti, qualora non vengano seguite le corrette procedure doganali, si può andare incontro a contestazioni (nei casi più gravi anche di natura penale) e, a determinate condizioni, addirittura alla confisca dei beni importati.

Non a caso ha destato scalpore la vicissitudine occorsa ad inizio anno ad un noto attore statunitense, fermato alla dogana di un aeroporto tedesco per non aver dichiarato – secondo le procedure previste dalla normativa doganale – un orologio di rilevante valore di sua proprietà.

In ragione di ciò, anche in virtù della recentissima riforma entrata in vigore con il D.lgs. n. 141/2024 – che ha sostituito la ormai cinquantennale disciplina contenuta nel D.P.R. 43/1973 – pare utile cercare di fare un po’ di chiarezza su quello che è l’attuale quadro sanzionatorio previsto per i reati doganali.

Senza pretesa di esaustività (stante la complessità della normativa) va rilevato come, dal punto di vista sostanziale, la nuova legge abbia proceduto ad una completa razionalizzazione della fattispecie criminosa del contrabbando.

Con la nuova riforma, il Legislatore ha inteso rimediare alla precedente “frammentazione” della disciplina, riducendo notevolmente il numero delle fattispecie e, sostanzialmente, “accorpando” molti degli illeciti penali previsti dalla precedente normativa in due “macro-fattispecie (il contrabbando per omessa dichiarazione e il contrabbando per dichiarazione infedele) disciplinate rispettivamente dagli artt. 78 e 79 del D.lgs. 141/2024 e punite, nella loro forma base, con la sola pena della multa (dal 100% al 200% dei diritti di confine dovuti).

Significativo notare, tuttavia, come la nuova riforma abbia, comunque, mantenuto ben chiara la soglia di rilevanza penale del fatto, proseguendo nel solco tracciato dalle precedenti norme di depenalizzazione (in particolare il D.lgs. n. 75/2020) e mantenendo la precedente soglia della rilevanza penale di 10.000 euro di diritti di confine evasi.

L’art. 96 del D.lgs. n. 141/2024 prevede, infatti, la ricorrenza di un mero illecito amministrativo per: “chiunque commette le violazioni di cui agli articoli da 78 a 83, salvo che, alternativamente:

a) ricorra una delle circostanze aggravanti di cui all’articolo 88, comma 2, lettere da a) a d);

b) l’ammontare di almeno uno dei diritti di confine dovuti o indebitamente percepiti, distintamente considerati, ovvero dei diritti di confine indebitamente richiesti in restituzione, sia superiore a euro 10.000

In altre parole, al netto di una drastica riduzione (e semplificazione) delle fattispecie di illecito, con la nuova riforma sembra essere rimasta sostanzialmente immutata la soglia della rilevanza penale degli illeciti previsti in materia di contrabbando.

La commissione di uno dei fatti previsti dai “nuoviartt. 78-83, quindi, assumerà rilevanza penale soltanto in presenza di determinate circostanza aggravanti o qualora i diritti di confine evasi (dazi o IVA all’importazione) distintamente considerati superino la già nota soglia di € 10.000, residuando, al di sotto di tale soglia, la sola sanzione amministrativa (pari, comunque, anch’essa ad una sanzione compresa tra il 100 e il 200% dei diritti di confine dovuti).

Tale distinzione, ovviamente, non riguarda gli illeciti concernenti i tabacchi lavorati esteri che seguono una regolamentazione a parte (attualmente disciplinata dagli artt. 84-86 del D.lgs. n. 141/24) e che possono anch’essi, a determinate condizioni, assumere rilevanza penale.

Al di là dell’aspetto strettamente sanzionatorio, un’altra tematica degna di approfondimento, per i suoi risvolti pratici, è quella relativa al rischio di sequestro (e di successiva confisca definitiva) dei beni oggetto di illecita importazione.

L’Autorità Doganale, difatti, laddove vi sia il fondato sospetto della rilevanza penale del fatto, potrà sottoporre a sequestro preventivo finalizzato alla confisca l’oggetto del contrabbando, trasmettendo l’opportuna notizia di reato alla competente Procura della Repubblica.

Il nuovo art. 94 del D.lgs. n. 141/24 – ricalcando l’ormai ex art. 301 del D.P.R. 43/1973 – prevede infatti che, nei casi di contrabbando, sia sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l’oggetto ovvero il prodotto o il profitto.

Va sottolineato, tuttavia, come lo “spauracchio” della confisca, non sia limitato ai fatti di contrabbando aventi rilevanza penale.

La nuova riforma ha infatti chiarito, una volta per tutte, l’applicabilità della confisca anche alle ipotesi di contrabbando di mera rilevanza amministrativa, argomento in precedenza discusso e oggetto (poco prima dell’entrata in vigore della riforma) di alcune decisioni delle Sezioni Unite Civili che si erano, comunque, pronunciate in senso favorevole all’applicabilità della confisca anche in caso di contrabbando di sola rilevanza amministrativa.

L’art. 96 comma 7° del nuovo decreto, infatti, salvo alcune limitate e specifiche eccezioni, ha previsto che, anche in caso di violazioni di carattere amministrativo, sia sempre disposta la confisca amministrativa ad opera delle Dogane.

E’ evidente la particolare afflittività di questo tipo di confisca che colpisce il bene importato illegittimamente, anche in caso di pagamento successivo delle imposte evase e delle sanzioni (e, addirittura in caso estinzione del reato tramite il pagamento del tributo evaso nei casi previsti dall’Dlgs 141/2024).

Non tutti sono però al corrente dell’esistenza di una particolare procedura prevista appositamente per “riscattare i beni che siano stati oggetto di confisca da parte dell’Autorità Doganale.

Il nuovoart. 118, comma 8 del Dlgs. n. 141/24 – ricalcando la previsione di una norma risalente addirittura al diciannovesimo secolo (l’art. 337 del Regio Decreto n. 65/1896) ma ancora in vigore fino all’entrata in vigore della nuova disciplina - prevede infatti la possibilità, per il trasgressore, di riavere i beni oggetto di confisca amministrativa previo pagamento delle sanzioni, dei diritti di confine evasi e del valore” degli stessi beni.

Di fatto, quindi, in caso di confisca il contravventore potrà richiedere alle Autorità Doganali di riacquistare” i beni i propri beni al valore proprio, la cui quantificazione, a volte (soprattutto in caso di beni usati) potrebbe essere oggetto di contraddittorio con le Autorità Doganali.

In mancanza dell’esercizio di tale facoltà da parte del trasgressore, l’Autorità Doganale provvederà con la vendita all’asta della merce confiscata.

In sintesi, nel caso di importazione di beni anche di natura personali (qualora eccedenti determinati valori) da un territorio extra-comunitario, occorre prestare la massima attenzione ed informarsi per tempo circa i corretti adempimenti da adottare onde evitare in provvedimenti sanzionatori assai gravosi.

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*A cura di Francesco Bico, Partner di FDL Studio Legale e Tributario e da Jacopo Campiglio, Associate di FDL Studio Legale e Tributario

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