Civile

Improponibile la domanda proposta da uno dei coeredi del creditore per ottenere il pagamento della propria quota

Lo precisa la Sezione II della Cassazione con l' ordinanza 3 ottobre 2022 n. 28581

di Mario Finocchiaro

In tema di crediti facenti parte di una comunione ereditaria, i singoli coeredi non possono pretendere il pagamento di quella che assumono essere la loro quota, con la conseguenza che la stessa cessa di far parte di tale comunione, per la decisiva considerazione che non sono titolari del relativo diritto, non trovando applicazione il principio nomina et debita ipso iure dividuntur. Deriva da quanto precede, pertanto, che è improponibile la domanda proposta da uno dei coeredi del defunto creditore per ottenere il pagamento della propria quota ereditaria, potendo lo stesso unicamente agire per il riconoscimento del diritto del credito destinato a cadere nella comunione e non attribuibile in assenza di divisione ereditaria. Lo precisa la Sezione II della Cassazione con l' ordinanza 3 ottobre 2022 n. 28581.

I precedenti
Conforme, per l'affermazione - in particolare - che i crediti del de cuius, a differenza dei debiti, non si ripartiscono tra i coeredi in modo automatico in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria, essendo la regola della ripartizione automatica dell'articolo 752 Cc prevista solo per i debiti, mentre la diversa disciplina per i crediti risulta dal precedente articolo 727, il quale, stabilendo che le porzioni debbano essere formate comprendendo anche i crediti, presuppone che gli stessi facciano parte della comunione, nonché dal successivo articolo 757, il quale, prevedendo che il coerede al quale siano stati assegnati tutti o l'unico credito succede nel credito al momento dell'apertura della successione, rivela che i crediti ricadono nella comunione, ed è, inoltre, confermata dall'articolo 760, che escludendo la garanzia per insolvenza del debitore di un credito assegnato a un coerede, necessariamente presuppone che i crediti siano inclusi nella comunione, Cassazione, sez. un., sentenza 28 novembre 2007, n. 24657, in Guida al diritto, 2008, f. 1, p. 24 (con nota di Leo M., L'applicazione delle regole sulla comunione non è in grado di fugare le incertezze), che evidenzia, altresì, che in contrario, non può argomentarsi dagli articoli 1295 e 1314 dello stesso codice, concernendo il primo la diversa ipotesi del credito solidale tra il de cuius ed altri soggetti e il secondo la divisibilità del credito in generale e secondo la quale, pertanto, ciascuno dei partecipanti alla comunione ereditaria può agire singolarmente per far valere l'intero credito comune, o la sola parte proporzionale alla quota ereditaria, senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri coeredi, ferma la possibilità che il convenuto debitore chieda l'intervento di questi ultimi in presenza dell'interesse all'accertamento nei confronti di tutti della sussistenza o meno del credito, ricordata in motivazione, nella pronunzia in rassegna.
Nel senso che ciascun coerede può domandare il pagamento del credito ereditario in misura integrale o proporzionale alla quota di sua spettanza senza che il debitore possa opporsi adducendo il mancato consenso degli altri coeredi, i quali non sono neppure litisconsorti necessari nel conseguente giudizio di adempimento poiché i contrasti sorti tra gli stessi devono trovare soluzione nell'ambito dell'eventuale e distinta procedura di divisione, Cassazione, sentenze 20 novembre 2017, n. 27417, in Corriere giuridico, 2018, p. 1515, con nota di Rispoli G., Diritto di credito, comunione ereditaria e (non) necessità del litisconsorzio e 6 maggio 2020, n. 8508.
Non diversamente, Cassazione, sentenza 11 luglio 2014, n. 15894.
Per l'affermazione che i crediti del de cuius, a differenza dei debiti, non si ripartiscono tra i coeredi in modo automatico in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria, essendo la regola della ripartizione automatica dell'articolo 752 Cc prevista solo per i debiti, mentre la diversa disciplina per i crediti risulta sia dal precedente articolo 727, il quale, stabilendo che le porzioni debbano essere formate comprendendo anche i crediti, presuppone che gli stessi facciano parte della comunione, sia dall'articolo 757, il quale, prevedendo che il coerede succede nel credito al momento dell'apertura della successione, rivela che i crediti ricadono nella comunione. Trova, pertanto, applicazione il principio generale, secondo cui ciascun soggetto partecipante alla comunione può esercitare singolarmente le azioni a vantaggio della cosa comune, Cassazione, sentenze 24 gennaio 2012, n. 995 e 6 maggio 2013, n. 10517.

Crediti e debiti
In termini generali, i crediti del de cuius, a differenza dei debiti (articolo 752 Cc), non si dividono automaticamente tra i coeredi in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione, ereditaria come è dato desumere dalle disposizioni degli articoli 752 e 757 Cc, Cassazione, sentenza 13 ottobre 1992, n. 11128, in Vita not., 1993, p. 804.
Per altri riferimenti, cfr., nel senso che gli articoli 752 e 754 Cc regolando, rispettivamente, la ripartizione dei debiti ereditari tra gli eredi ed il pagamento di tali debiti da parte dei coeredi, disciplinano i rapporti tra coeredi, da un lato, e creditori del de cuius, dall'altro, tra i quali ultimi non rientra il coerede che vanti un credito nei confronti del de cuius; né a tale credito consegue un diritto al prelevamento, ai sensi dell'articolo 725 Cc, riguardando piuttosto, quest'ultima norma, in combinato con l'articolo 724, comma 2, Cc, la definizione dei rapporti obbligatori tra coeredi in dipendenza della situazione di comunione. Nondimeno, il medesimo credito del coerede verso il de cuius, e quindi verso la massa, può essere fatto valere, per ragioni di economia processuale, nello stesso giudizio di scioglimento della comunione ereditaria mediante imputazione alle quote degli altri coeredi, trattandosi di rapporto obbligatorio avente comunque la sua collocazione e la sua tutela nell'ambito della vicenda successoria, la quale ha dato luogo alla comunione ereditaria, Cassazione, sentenza 24 agosto 2012, n. 14629, in Giur. it., 2013, c. 1535, con nota di Bellante M., Divisione ereditaria e pagamento di debiti ereditari verso un coerede.

La giurisprudenza pre Sezioni Unite
Per la giurisprudenza anteriore a Cass., sez. un., sentenza 28 novembre 2007, n. 24657, cit., in termini opposti alla ricordata pronunzia, cfr:
- per l'affermazione che i crediti del de cuius, a differenza dei debiti (articolo 752 Cc), non si dividono automaticamente tra i coeredi in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria, secondo le regole dettate dagli articoli 727, 757 e 760 Cc con la conseguenza che i compartecipi assumono la veste di litisconsorti necessari nei giudizi diretti all'accertamento dei crediti ereditari ed al loro soddisfacimento, Cassazione, sentenze 5 settembre 2006, n. 19062 e 5 gennaio 1979, n. 31, in Foro it., 1979, I, c. 954 (secondo la quale nel caso di persona deceduta a causa di fatto illecito altrui, i prossimi congiunti possono chiedere il risarcimento dei danni agendo o iure proprio, per ottenere la riparazione dell'offesa arrecata al loro patrimonio materiale e morale, essendo irrilevante la loro eventuale qualità di eredi, ovvero iure haereditario, ciascuno nei limiti della propria quota, onde ottenere la riparazione dei danni sofferti in vita dal defunto e far valere cosi il diritto al risarcimento già entrato a far parte del patrimonio di questo ultimo e che ha confermato la sentenza del merito che, avendo ravvisato nella domanda degli attori un'azione intesa a far valere, iure haereditario, il diritto al risarcimento già spettante al defunto, aveva ritenuto che la relativa prescrizione fosse iniziata a decorrere dal giorno del fatto illecito);
- nel senso che in materia di prestazioni previdenziali e assistenziali, poiché secondo i principi generali vigenti in materia successoria alla morte del titolare la prestazione può essere rivendicata da ciascun coerede non per l'intero ma solo nei limiti della propria quota ereditaria, non sussiste litisconsorzio necessario esteso a tutti gli eredi nel giudizio per il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale, Cassazione, sentenze 9 agosto 2002, n. 12128 e 5 maggio 1999, n. 4501;

La dottrina
In dottrina:
- in margine a Cassazione, sez. un., sentenza 28 novembre 2007, n. 24657, cit., tra i numerosi contributi: Bertotto A., Comunione ereditaria del credito ed esercizio della facoltà di pretesa, in Giur. it., 2008, c. 1916; Militerni L., Le Sezioni unite dettano il regime dei crediti ereditari, in Corriere giuridico, 2008, p. 1100; Musolino G., Note in tema di crediti del de cuius e comunione ereditaria, in Riv. notariato, 2008, II, p. 1478; Novello D., Configurabilità di un litisconsorzio necessario tra eredi del creditore nell'azione per il recupero delle somme dovute al loro dante causa, in Nuova giur. civ. comm., 2008, p. 655; Pilloni M., Accertamento di credito ereditario e litisconsorzio "non" necessario, in Responsabilità civile e previdenza, 2008, II, p. 1773; Timpano E., La comunione ereditaria si apre ai crediti: le Sezioni Unite sanciscono il superamento del principio nomina ipso iure dividuntur, in Riv. notariato, 2008, II, p. 944;
- in commento a Cassazione, sentenza 13 ottobre 1992, n. 11128, cit.: Di Mauro N., Nomina hereditaria ipso iure non dividuntur, in Giustizia civile, 1993, I, p. 1563; Regine F., Comunione ereditaria e diritti di credito, in Nuova giur. civ. comm., 1993, II, p. 583; Tafuri U., Il problema della divisione (automatica o non) dei crediti ereditari, in Corriere giuridico, 1993, p. 55; Triola R., Nomina hereditaria ipso iure dividuntur?, in Giustizia civile, 1993, I, p. 1563.

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