Penale

Impugnazioni, la dicotomia capi-punti della sentenza è imprescindibile per gli esatti confini del gravame

La "Cosa giudicata" si forma solo quando tali punti siano stati definiti e le relative decisioni non siano censurate con ulteriori mezzi di gravame<br/>

di Pietro Alessio Palumbo

A ogni capo della sentenza corrisponde una pluralità di punti della decisione, ognuno dei quali segna un "passaggio obbligato" per la completa definizione di ciascuna imputazione, sulla quale la facoltà di decidere non può considerarsi esaurita se non quando siano stati affrontati e motivatamente risolti tutti i presupposti della pronuncia finale su ciascun reato. Ebbene con la recente sentenza n.306 del 10 gennaio 2022 la Corte di Cassazione ha posto in evidenza che poiché il giudicato si forma sui "capi" della sentenza e non sui "punti" di essa (che possono essere unicamente oggetto della preclusione correlata all'effetto devolutivo del gravame e al principio della disponibilità del processo nella fase delle impugnazioni), in caso di condanna la mancata impugnazione della ritenuta responsabilità dell'imputato determina una preclusione su tale punto; tuttavia a ben vedere non è idonea a far acquistare alla relativa statuizione l'autorità di Cosa giudicata quando per quello stesso capo l'impugnazione abbia devoluto al giudice l'indagine riguardante la sussistenza di circostanze e la quantificazione della pena. Dal che la "Cosa giudicata" si forma solo quando tali punti siano stati definiti e le relative decisioni non siano censurate con ulteriori mezzi di gravame.

Correlazione funzionale tra struttura dell'argomentazione della sentenza e forma dell'atto di impugnazione
La materia delle impugnazioni costituisce uno degli ambiti sui quali la disciplina delle modifiche del 2017 al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario, ha più profondamente inciso. In linea con la logica ispiratrice della riforma in parola, finalizzata alla razionalizzazione, deflazione ed efficacia dei procedimenti impugnatori, la normativa di riforma è intervenuta in duplice direzione. Da un lato è stato declinato un nuovo modello legale di motivazione in fatto della decisione di merito al quale si raccorda l'onere di specificità dei motivi di ricorso; dall'altro sono stati rimodulati, in coerenza con siffatto modello, i requisiti formali di ammissibilità dell'impugnazione. Su quest'onda è stata valorizzata la profonda correlazione funzionale tra struttura dell'argomentazione della sentenza e forma dell'atto di impugnazione. Infatti la sentenza deve rappresentare gli elementi dimostrativi ed esplicitare pienamente le determinazioni del giudice. L'atto di impugnazione dovrà invece correlarsi criticamente ai capi, ai punti, alle questioni processuali e probatorie contenute nella decisione attraverso la prospettazione di richieste e argomentazioni, in fatto e in diritto, sintetizzate in motivi dotati di adeguata specificità.

L'esplicitazione del percorso logico seguito dal giudice e i fondamenti di libertà del cittadino
In tale prospettiva il legislatore ha modificato la disciplina processuale innanzitutto prevedendo che la sentenza debba contenere la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata. E ciò con l'indicazione dei risultati acquisiti e dei criteri di valutazione della prova adottati. Con l'enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie con riguardo: all'accertamento dei fatti e delle circostanze che si riferiscono all'imputazione e alla loro qualificazione giuridica; alla punibilità e alla determinazione della pena e della misura di sicurezza; alla responsabilità civile derivante dal reato; all'accertamento dei fatti dai quali dipende l'applicazione di norme processuali. Sono stati quindi puntualizzati una serie di elementi ricompresi all'interno della motivazione della sentenza, al fine di garantire attraverso l'esplicitazione del percorso logico seguito dal giudice, i fondamenti di libertà del cittadino. Tutto ciò in linea con le coordinate di cui all'articolo 111 della Costituzione repubblicana.

L'enunciazione dei capi o dei punti della decisione ai quali si riferisce l'impugnazione
Nei sensi evidenziati la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto viene a costituire il "baricentro" dell'apparato giustificativo-motivazionale della sentenza e a esso si parametra un analogo rigore logico-argomentativo richiesto ai motivi d'impugnazione. A tal fine è stato ridefinito il disposto del codice di procedura penale che regola i requisiti formali della impugnazione, richiedendosi, a pena di inammissibilità, non solo la specificità dei motivi, ma anche della enunciazione dei capi o dei punti della decisione ai quali si riferisce l'impugnazione, delle prove delle quali si deduce l'inesistenza, l'omessa assunzione o l'omessa o erronea valutazione, nonché delle richieste, anche istruttorie. Tutto ciò in modo che un atto privo della necessaria specificità dei predetti enunciati non costituisce valida forma d'impugnazione e non è idoneo a produrre gli effetti introduttivi del giudizio del grado successivo; con conseguente preclusione all'emissione di una pronuncia diversa dalla declaratoria di inammissibilità.

La dicotomia capi-punti della sentenza e gli esatti confini del gravame
Nella cornice ricostruttiva così delineata assume particolare rilevanza la dicotomia capi-punti della sentenza, funzionale a qualificare in ambito di ammissibilità l'atto di impugnazione delimitandone con precisione l'oggetto, in modo che sia lo stesso impugnante a circoscrivere gli esatti confini del gravame al fine di scongiurare impugnazioni generiche o dilatorie. Nella prospettiva delineata, per capo deve dunque intendersi la statuizione emessa in relazione a una incolpazione che assume autonomia rispetto ad altre parti o capi della decisione, tanto da poter costituire di per sé oggetto di sentenza. In altre parole il capo corrisponde a quella parte di decisione che sarebbe stata idonea, di per sé sola, a esaurire il contenuto della sentenza e che, trovandosi invece inserita all'interno di decisione cumulativa, può essere da questa scissa senza che il resto della sentenza cada. Il giudicato, difatti, si forma sul capo, nel senso che la decisione acquista il carattere dell'irrevocabilità soltanto se siano divenute irretrattabili tutte le questioni necessarie per il proscioglimento o per la condanna dell'imputato rispetto ad uno dei reati attribuitigli. Il punto, invece, assume portata più limitata ed è costituito da ogni singolo tema affrontato all'interno di un capo di decisione, relativamente all'accertamento del fatto storico, all'attribuzione di questo all'imputato, alla sua qualificazione giuridica, all'eventuale inesistenza di cause di giustificazione, all'elemento soggettivo e, nel caso di condanna, all'accertamento delle circostanze aggravanti ed attenuanti ed alla determinazione della pena. Tutto ciò porta alla conclusione per cui ad ogni capo si collima una molteplicità di punti del provvedimento, ciascuno dei quali contrassegna un passaggio necessario per la compiuta definizione di ogni imputazione, su cui la facoltà di decidere non va valutata come esaurita se non quando siano stati affrontati e risolti in maniera argomentata tutti i presupposti della decisione finale su ogni reato. Con riferimento infine al requisito della specificità riferito alle prove, in relazione alla inesistenza, omessa ed erronea valutazione delle stesse, il vizio di travisamento della prova dichiarativa, per essere deducibile anche in fase di appello, deve avere un oggetto del tutto definito o attenere alla proposizione di un dato storico chiaro e non opinabile.

L'onere per l'impugnante di individuare in forma specifica le richieste principali e quelle secondarie
La nuova formulazione codicistica impone l'onere per l'impugnante di individuare in forma specifica le richieste principali e quelle secondarie. In tale contesto se rispetto alle prime la richiesta di assoluzione deve contenere l'esatta indicazione della formula in relazione alla quale viene prospettata l'esigenza di rivisitazione della sentenza di primo grado, è nei confronti delle richieste secondarie che la disciplina si mostra particolarmente rilevante. Queste ultime infatti vanno formulate in adeguato ordine logico. Con la conseguenza che non sono (più) consentite eventuali richieste subordinate inserite nel corpo dei motivi. Devono essere chiaramente ed analiticamente espresse con riguardo alle circostanze; al giudizio di bilanciamento; alla determinazione della pena; ai benefici della sospensione condizionale e della non menzione; alla conversione della pena detentiva; alla confisca e alle altre misure di sicurezza.

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