Imputato di minore età, il trattamento sanzionatorio va adeguato alla "particolare condizione minorile"
Nota a Cassazione, Sez. III Penale, Sentenza 9 aprile 2021 n. 13267
La sentenza del 9 aprile 2021 n. 13267 della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione costituisce un ottimo spunto di riflessione sul tema dei principi generali del processo minorile, con specifico riferimento all'applicabilità delle pene accessorie all'imputato di minore età.
Dopo aver rigettato le motivazioni volte a mettere in dubbio l'attendibilità delle dichiarazioni, l'utilizzabilità dei riscontri fattuali e la determinazione del trattamento sanzionatorio, i giudici di legittimità hanno parzialmente accolto il ricorso presentato dalla difesa di un minore, annullando senza rinvio la pronuncia della Corte d'Appello di Genova, confermativa la condanna alla reclusione di un anno, condizionalmente sospesa, per il reato ex art. 609 bis c.p. e alle pene accessorie ex art. 609 nonies c.p., inflitta in primo grado dal Tribunale per i Minorenni di Genova.
L'attenzione della Terza Sezione si è dunque incentrata sulla contestata applicazione nei confronti di un minore delle pene accessorie di cui alla norma citata, in palese violazione degli artt. 98, comma II c.p. e 27, comma III della Costituzione.
Premessa la rilevabilità d'ufficio, nel corso del giudizio di Cassazione, dell'illegittimità e dell'erronea applicazione della pena accessoria, i giudici hanno messo a raffronto i dati normativi di cui agli artt. 609 nonines e 98 c.p..
Entrambe le disposizioni, infatti, contengono una disciplina speciale riguardante l'applicazione delle pene accessorie, ponendosi in apparente antinomia.
Da un lato, l'articolo 609 nonies contempla un elenco di sanzioni applicabili "in ogni caso" a specifiche fattispecie criminose, senza tuttavia fare alcun riferimento all'età dell'imputato.
Dall'altro lato, invece, il comma II dell'articolo 98 prevede, in generale, l'inapplicabilità di tutte le pene accessorie all'imputato minorenne, condannato ad una pena detentiva inferiore a cinque anni o alla pena pecuniaria.
Con la sentenza n. 13267/2021 , la Cassazione ha risolto l'apparente contrasto a favore del disposto di cui all'articolo 98, che privilegia la cosiddetta "condizione minorile", facendo propria l'interpretazione sistematica e teleologica delle norme, già più volte proposta dalla Corte Costituzionale.
Nel dichiarare l'incostituzionalità degli artt. 17 e 22 c.p., riguardanti l'uno le pene principali per i delitti e per le contravvenzioni, l'altro la pena dell'ergastolo, la Consulta ha sottolineato la necessità di diversificare il trattamento sanzionatorio dei minori, in virtù della loro delicata posizione, riconosciuta a livello costituzionale dagli artt. 27, comma III e 31, comma II.
Com'è noto, la prima disposizione enuncia uno dei principi fondamentali dell'intero sistema penale, secondo il quale la pena deve svolgere una funzione rieducativa del condannato, mentre la seconda attribuisce alla Repubblica il compito di tutelare "la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo".
Con la recente sentenza 263/2019 , gli Ermellini hanno valutato la legittimità o meno delle disposizioni riguardanti la concessione di benefici penitenziari ed hanno nuovamente evidenziato la funzione rieducativa del sistema penale minorile e dell'esigenza di assicurare al minore un trattamento sanzionatorio individualizzato, più flessibile rispetto a quello riservato agli adulti e soprattutto privo di automatismi nella fase esecutiva.
L'esigenza di un sistema "a misura di minore" non viene meno di fronte al dato testuale di cui all'articolo 609 nonies c.p., specialmente a fronte dei principi generali che governano l'intero ordinamento minorile.
A tale proposito è sufficiente richiamare l'articolo 1 del D.P.R. 22 settembre 1988 n. 448, recante l'"Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni".
Premessa l'applicabilità, per quanto non previsto nel provvedimento stesso, delle disposizioni contenute nel codice di procedura penale, la norma precisa che esse devono comunque essere "applicate in modo adeguato alla personalità e alle esigenze educative del minorenne".
È questo una delle colonne portati dell'intero sistema giudiziario minorile, ossia il cosiddetto principio dell'adeguatezza.
Come ha giustamente riconosciuto il Ministero della Giustizia (si veda www.giustizia.it ), pur non potendosi considerare il processo minorile in maniera del tutto autonoma da quello riservato agli adulti, il Legislatore ha predisposto una disciplina strutturata volta a tutelare il prevalente interesse del minore.
Secondo altri capisaldi dell'ordinamento penale minorile, il circuito penale deve tendere ad educare e a rieducare il minore, senza pregiudicare irrimediabilmente il suo equilibrio psico-fisico..
In altre parole, l'intervento delle Autorità Giudiziarie non deve ripercuotersi negativamente sulla personalità, ancora non del tutto formatasi, del minore.
I principi di minima offensività e di destigmatizzazione richiedono, dunque, l'adozione di particolari cautele che consentano un completo recupero del minore ed il suo positivo reinserimento nel tessuto sociale.
Proprio le esigenze rieducative e di massima tutela dell'identità personale del minore giustificano il principio della residualità della pena detentiva – anch'esso citato dal Ministero, quale colonna portante del sistema –, la quale deve essere intesa come soluzione ultima, applicabile quando i beni giuridici messi in pericolo dalla condotta del minore non trovano altra adeguata protezione.
Quanto sopra esposto aiuta certo a comprendere e a condividere la soluzione adottata dalla sentenzan. 13267/2021 che, nell'accogliere solo parzialmente il ricorso, ha riconosciuto la prevalenza della disciplina ex art. 98 comma, II e ha ribadito la necessità di adeguare il trattamento sanzionatorio, anche con specifico riferimento alle pene accessorie ex art. 609 nonies c.p., tenendo sempre in considerazione la "particolare condizione minorile".
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*A cura dell'Avv. Camilla Insardà, Studio Legale Insardà