Penale

Indebita compensazione: il reato si può contestare anche senza parere Mise

Cassazione: si tratta di norme valide per i controlli amministrativi che non stabiliscono alcuna pregiudiziale rispetto alle autonome valutazioni del giudice penale

di Antonio Iorio

L’omessa acquisizione del parere del ministero dello Sviluppo economico (Mise) sulla spettanza del credito di imposta ricerca e sviluppo è irrilevante ai fini della sussistenza del reato di indebita compensazione, in quanto si tratta di norme valide per i controlli amministrativi che non stabiliscono alcuna pregiudiziale rispetto alle autonome valutazioni del giudice penale (Cassazione, sezione III penale, sentenze 32330 e 32331 del 2022).

All’amministratore di diritto e a quello «di fatto» di una società, venivano sequestrate polizze assicurative e beni immobili ipotizzando un’indebita compensazione, ex articolo 10-quater, Dlgs 74/2000, mediante l’utilizzo di crediti R&S inesistenti a fronte di debiti Iva e previdenziali. La misura cautelare era confermata dal Tribunale del riesame. Contro tale decisione gli interessati ricorrevano per Cassazione.Tra i motivi veniva eccepita l’effettività delle attività di R&S svolta dalla società e l’assenza del parere del Mise ritenuto necessario per l’accertamento dell’inesistenza del credito dalla giurisprudenza delle Ctp e Ctr. Per la difesa, tali argomenti avrebbero dovuto ritenere applicabile la causa di non punibilità ex articolo 15, Dlgs 74/2000, o la riqualificazione del reato in indebita compensazione di crediti non spettanti (articolo 10-quater, comma 1, Dlgs 74/2000)

La Cassazione ha respinto il ricorso. In merito al parere del Mise secondo i giudici di legittimità l’articolo 3, comma 12, Dl 145/2013 e l’articolo 8 ,Dm 27 maggio 2015, si limitano a prevedere i controlli da eseguire in sede amministrativa ai fini della verifica della effettività dei crediti d’imposta per attività di R&S, ma non stabiliscono alcuna “riserva di accertamento” amministrativa pregiudiziale rispetto alle valutazioni del giudice penale. Circa poi l’inesistenza del credito, le sentenze rilevano che il Riesame ha basato il suo convincimento su varie circostanze emerse nel corso delle indagini di polizia giudiziaria. In particolare: l’attività di R&S posta a base del credito non era descritta in maniera sufficiente, non vi erano documenti che attestassero la descrizione delle attività concretamente svolte, non era stata sviluppata alcuna App mobile; non vi era traccia di corrispondenza telematica per le interlocuzioni; l’impresa aveva già in uso programmi gestionali dedicati alla logistica e ai trasporti. Tali circostanze, a fronte delle quali la difesa, secondo la sentenza, non aveva richiamato e documentato elementi fattuali incompatibili con la ricostruzione del Tribunale, sono state ritenute sufficienti a fondare il “fumus” necessario per la legittimità della misura cautelare

Le due pronunce della Cassazione concernono misure cautelari reali, per le quali è richiesta la sussistenza (e la verifica) del solo fumus dell’illecito contestato. Tuttavia, i principi espressi possono tornare utili ai fini della valutazione di un’eventuale adesione alla sanatoria in corso sui crediti ricerca e sviluppo che, sotto il profilo penale, comporta la non punibilità del reato di indebita compensazione.

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