Civile

Indeterminatezza delle condizioni economiche e disciplina sanzionatoria per errata o mancata indicazione in contratto di Taeg/Isc

Il presente contributo è tratto da un elaborato in tema di normativa sulla trasparenza bancaria, redatto per Diritto24 dal dott. Fabrizio Di Paolo* - clicca qui per leggere l'approfondimento completo


Risulterà ormai chiaro al lettore che la normativa sulla "trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari" ha tra i suoi obiettivi quello di assicurare ai clienti un'informazione corretta, chiara ed esauriente che possa semplificare ed agevolare la comprensione delle caratteristiche, dei rischi e dei costi dei prodotti finanziari offerti e ne permetta la facile confrontabilità con altre offerte; abbiamo anche detto in relazione ai costi che il potenziale cliente dovrà controllare molto bene la presenza del tasso d'interesse applicato al conto corrente ovvero la presenza degli indici che sono il Taeg/Isc che rappresentano, in termini percentuali, il costo complessivo che andrà a sostenere sottoscrivendo quel determinato contratto di mutuo o finanziamento in genere.

Ma cosa accade al contratto e di conseguenza all'intermediario finanziario se nel contratto stesso non è indicato il tasso di interesse oppure gli indici Taeg/Isc, ovvero sono indicati in modo non corretto? Quali sono i riflessi sanzionatori per la mancata ovvero errata applicazione della norma?

La pattuizione delle condizioni economiche che regolano un contratto di finanziamento è, in primo luogo, disciplinata da alcune norme di carattere generale stabilite dal Codice Civile, tra cui l'art. 1346 c.c. che testualmente recita "L'oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile."

In aggiunta con specifico riferimento obbligazioni che prevedano la corresponsione di interessi su un capitale finanziato, interviene l'art. 1284 c.c. che stabilisce che gli "interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto" e specifica le conseguenze da applicarsi in caso di violazione di tale principio, ovvero che gli interessi non convenuti per iscritto o di cui le parti non hanno "determinato la misura" sono "dovuti nella misura legale".

Tale normativa, è stata più volte chiarita all'interno di sentenze emesse sia dai tribunali di merito che di legittimità. Tra le sentenze emesse dalla Suprema Corte di Cassazione III Sez. Civile vi è la n. 12276 del 19 maggio 2010 che affermava " […] E ‘giurisprudenza pacifica della Corte di legittimità quella per cui in tema di contratti di mutuo, la convenzione relativa agli interessi è validamente stipulata, ai sensi dell'art. 1284, comma terzo, c.c. – che è norma imperativa – soltanto se abbia un contenuto assolutamente univoco, contenente la puntuale specificazione del tasso di interesse."

Nella recente ordinanza n. 17110 del 26 giugno 2019 gli Ermellini hanno sostenuto che la disposizione di cui al co. 3° art. 1284 c.c. in materia di interessi ultra legali, possa ritenersi debitamente soddisfatta, in mancanza di una puntuale indicazione numerica, solo laddove vi sia un "richiamo a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, purché oggettivamente individuabili, funzionali alla concreta determinazione del tasso stesso[…] nel senso che è necessario […] il riferimento a parametri che consentano la sua precisa determinazione, non essendo sufficienti generici riferimenti dai quali non emerga con sufficiente chiarezza quale previsione le parti abbiano inteso richiamare con la loro pattuizione".

Il principio sopra esposto è stato tra l'altro seguito anche da un'altra sentenza sempre della Corte di Cassazione nella quale si afferma che ciò che rileva è che "possa essere a priori determinabile il criterio di calcolo del tasso d'interesse" e che, "onde potersi ritenere sussistente il requisito della determinabilità dell'oggetto del contratto di cui all'art. 1346 c.c., il suddetto tasso sia desumibile dal contratto, senza alcun margine d'incertezza o di discrezionalità" (cfr. Sent. Cass. Civ. III Sez. n. 16097/2019).

Tra le sentenze di merito, invece, assume importanza quella della dott.ssa Crugnola del Tribunale di Milano. Il requisito di univocità e determinabilità del tasso di interesse viene ulteriormente articolato dalla sentenza del Tribunale di Milano 30/10/2013 della dr.ssa Crugnola che ravvisava, in uno dei contratti in oggetto, profili di illegittimità della clausola interessi derivanti dall'impossibilità di interpretare univocamente le condizioni e la metodologia di calcolo applicata per la determinazione degli interessi. Secondo la giudice le condizioni pattuite potevano dar luogo "sulla base dello stesso testo negoziale ad almeno tre diverse ipotesi di piani d'ammortamento per così dire alternativi", ciascuno dei quali comportante l'applicazione di tassi di interesse diversi. Per tali motivi si disponeva la sostituzione della clausola convenuta con la clausola sostitutiva di cui all'art. 1284, ovvero la rideterminazione degli interessi al saggio legale per tempo vigente.

Volendosi dunque attenere ad un'interpretazione più estensiva delle norme del Codice Civile, nel tracciato di quanto stabilito dalla sentenza appena citata, bisognerebbe non soltanto verificare se il contratto riporti esplicita indicazione della misura del tasso di interesse convenuto ma occorrerebbe valutare, inoltre, se il complesso delle condizioni pattuite consenta o meno di individuare una metodologia di calcolo dell'interesse che sia coerente ed univoca. In base a tale interpretazione è evidente che la mancata indicazione in contratto della tecnica mediante la quale il piano viene sviluppato (ad es. alla "francese", a capitale costante, ecc...) o anche soltanto l'omessa indicazione di taluni accorgimenti di calcolo in mancanza dei quali si può addivenire ad una pluralità di tassi di interesse configurerebbe la sussistenza di profili di indeterminatezza delle condizioni.

Ad integrazione del quadro sin qui esposto, ma con riferimento ai soli contratti in cui il finanziatore sia una banca od altro intermediario finanziario sottoposto a vigilanza, intervengono le previsioni contenute nel Testo Unico Bancario (TUB), nonché i principi riportati in talune delibere del Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio (CICR) in ordine ai requisiti di trasparenza dei contratti.

Più nello specifico, l'art.117 del TUB prevede al comma 4 che i contratti debbano indicare "il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati , inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora" ed al comma 6 si stabilisce che "si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati" .

Inoltre non si può dimenticare la previsione della delibera CICR 04/03/2003 che dispone "gli intermediari sono obbligati a rendere noto un "Indicatore Sintetico di Costo" (Isc) comprensivo degli interessi e degli oneri che concorrono a determinare il costo effettivo dell'operazione per il cliente, secondo la formula stabilita dalla Banca d'Italia medesima".

Occorre tuttavia sottolineare che, in contrapposizione alle previsioni del Codice Civile ed alla sanzione inflitta dalla citata sentenza del Tribunale di Milano, il TUB stabilisce all'art. 117 comma 7 che il tasso sostitutivo da applicarsi ai casi di nullità della clausola interessi sia il tasso BOT e non il tasso legale (più precisamente, si fa riferimento al "tasso nominale minimo e quello massimo, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive, dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell'economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, emessi nei dodici mesi precedenti lo svolgimento dell'operazione").

Ulteriore importante sentenza è la n. 1104 del 14/09/2016 emessa dal Tribunale di Udine che ha sancito con fermezza la nullità delle clausole contrattuali riportanti condizioni economiche indeterminate e/o indeterminabili all'interno di un contratto di locazione finanziaria immobiliare in una causa instaurata da una società a r.l., nei confronti di una società di leasing, nella quale l'attrice eccepiva la nullità per indeterminatezza ex art. 1346 c.c. delle clausole di indicizzazione fissate nel contratto di leasing immobiliare sottoscritto per l'acquisto di un immobile.

Dello stesso tenore la sentenza n. 650 del 12/05/2017 emessa sempre dallo stesso Tribunale di Udine. Il Tribunale ha, pertanto, sancito la nullità del combinato disposto delle «Condizioni Particolari» e delle clausole contrattuali del suddetto contratto di leasing disciplinanti le modalità di variazione futura della misura dei canoni mensili per effetto di due criteri di indicizzazione, così condannando la convenuta a restituire alla società attrice tutte le somme effettivamente pagate in modo indebito.

Secondo quanto stabilito dal giudice, nel contratto di leasing in questione veniva indicato il tasso effettivo (ovvero il tasso interno di attualizzazione mediante il quale si verifica l'uguaglianza fra costo di acquisto del bene ed il valore attuale di canoni e prezzo di opzione); mentre nelle Clausole Particolari dello stesso venivano inserite previsioni difformi le quali prevedevano "che il piano finanziario prevede canoni variabili in base a due criteri di indicizzazione (…)".

E' da evidenziare, inoltre, che dalla lettura delle citate sentenze è possibile individuare una serie di elementi o condizioni che dovrebbero essere indicati per avere la perfetta determinabilità del piano di rimborso di un finanziamento:
-Capitale finanziato;
-Data inizio ammortamento;
-Durata (numero di rate o data finale);
-Frequenza rate;
-Tipologia di ammortamento (francese, quota capitale costante, etc ..)
-Tasso di interesse (parametro base, fixing, etc…)
-Convenzione sui giorni di calcolo degli interessi
-Modalità di ricalcolo della rata se a tasso variabile (rata costante e allungamento del piano di rimborso, ricalcolo della rata tenendo fissa la quota capitale, ridefinizione del piano di ammortamento ad ogni scadenza in cui varia il tasso).

Inoltre, per quanto riguarda l'indeterminatezza delle clausole di indicizzazione con relativa nullità parziale dalla lettura della sentenza n.650/17 del tribunale di Udine emerge che:

1.è indeterminata la clausola di indicizzazione che non specifica se, al variare del parametro di indicizzazione, a) rimangono costanti le quote capitale originarie e varia la quota interessi; b) si ridetermina il valore della rata costante che, sulla base del nuovo tasso, assicura il rimborso nel tempo residuo di vita del finanziamento;
2.è indeterminata la clausola di indicizzazione che nel testo del contratto indica di operare sulla quota capitale del canone e nel documento di sintesi indica, invece, di operare sull'intero canone.

Volendo, quindi, indirizzarci verso la conclusione di questa breve disamina sulle conseguenze che si generano in caso di osservanza delle norme sulla trasparenza bancaria si può affermare che in base a tale normativa gli intermediari finanziari devono indicare ai clienti, sia consumatori sia non consumatori, il costo complessivo del finanziamento attraverso l'inserimento nei contratti di un indicatore di costi, espresso con l'acronimo l'Isc o Taeg (quest'ultimo relativo al credito al consumo).

L'omessa indicazione nel contratto di finanziamento dell' Isc (che equivale al Taeg) costituisce grave vizio genetico, che causa la nullità del contratto stesso. L'indicazione dell'Isc rappresenta dunque un elemento tipico del contratto di finanziamento, la sua omessa indicazione comporta la nullità del contratto per la mancanza dei requisiti minimi di trasparenza voluti dal legislatore.

La scorretta/errata indicazione dell'Isc comporta invece la nullità della sola clausola afferente gli interessi. L'errata indicazione dell'Isc o del Taeg (per il credito al consumo) comporta invece l'applicabilità del comma 6 del già citato art. 117 Tub il quale dispone che: "sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati".

La sanzione non è dunque quella della nullità dell'intero contratto ma della sola clausola afferente agli interessi pattizi che, in osservanza al disposto del comma 6 dell'arti 117 Tub comporta la sanzione del ricalcolo degli interessi al "il tasso nominale minimo e quello massimo, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive, dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell'economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, emessi nei dodici mesi precedenti lo svolgimento dell'operazione.", così come prevede l'art.117 comma 7 del Tub.

L' ABF (Arbitro Bancario Finanziario) in merito ai costi relativi alla polizza sottoscritta dal mutuatario, prevista dell'art. 2, comma 3, lett. d), del D.M.8 luglio 1992, conferma che devono essere ricompresi nel calcolo del Taeg ritenendo perciò irrilevante che il modulo prestampato dall'intermediario qualifichi tale polizza come "facoltativa". Il Collegio Arbitrale di Roma si è perciò pronunciato nel senso dell'applicazione di quanto previsto ai commi 6 e 7 dell'art. 125-bis Tub., essendo nulla la clausola di determinazione del Taeg, con la conseguenza che al mutuatario dovranno essere restituiti gli interessi pagati in eccedenza, in base al ricalcolo effettuato in base ai tassi BOT.

Parallelamente alle norme sopra esposte è opportuno ricordare che ne operano delle altre previste da altri comparti dell'ordinamento in materia di trasparenza e correttezza dei comportamenti nei confronti della clientela.

Ci si riferisce, in particolare, alle norme relative all'offerta di servizi di investimento o di prodotti assicurativi, disciplinata dal Testo Unico della Finanza (Tuf), che al comma 1 dell'art. 21 così recita "Nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori i soggetti abilitati devono:
a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati;
b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati;
c) utilizzare comunicazioni pubblicitarie e promozionali corrette, chiare e non fuorvianti […]
".

In caso di inadempienza per mancata applicazione dell'art. 21, operano gli artt. 23, 1 e 2 comma, e 24, comma 2, Tuf; è, invece, discusso in dottrina se possa applicarsi l'art. 1418, comma 1 c.c (Cause di nullità del contratto).

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