“Indici di fraudolenza” e bancarotta, la Cassazione torna sull’accertamento della condotta fraudolenta
Nota a Corte di Cassazione, Sez. I Penale, sentenza 29 settembre 2023, n. 39674
Con la sentenza in commento, la Prima Sezione della Corte di Cassazione ha ribadito un fondamentale principio di diritto in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, secondo cui “l’accertamento dell’elemento oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo e del dolo generico debba avvenire valorizzando la ricerca di “indici di fraudolenza”, rinvenibili, ad esempio, nella disamina della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, nel contesto in cui l‘impresa ha operato, avuto riguardo alle cointeressenze dell’amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte, nella irriducibile estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra attività e passività rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall’altro, all’accertamento in capo all’agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa”.
Questa, sinteticamente, la vicenda processuale.
La pronuncia in esame trae origine dal ricorso presentato dall’Amministratore unico e socio raccomandatario di una società, avverso il provvedimento emesso dalla Corte d’appello di Perugia in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Teramo, con la quale l’imputato veniva condannato per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per aver distratto rilevanti somme – mediante ingiustificati prelevamenti di cassa ovvero dai conti bancari – così determinando un sistematico drenaggio di liquidità che aveva portato poi al fallimento della società.
Ebbene, con la sentenza in esame, la Suprema Corte, nel rigettare il ricorso presentato dall’imputato, si è ampiamente soffermata sul tema della natura del reato di bancarotta fraudolenta, richiamando il fondamentale principio interpretativo – sulla scorte di un orientamento ormai consolidato – secondo cui “ per il delitto di bancarotta per distrazione, è centrale la configurazione della fattispecie incriminatrice come reato di pericolo concreto ”.
Ne consegue, proseguono i Giudici di legittimità, che “tale accertamento deve rigorosamente svolgersi attraverso una delibazione in concreto e non già mediante l’automatico riferimento al titolo del reato, richiamando i principi affermati in tema di fraudolenta distrazione, in cui l’accertamento dell’elemento oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo e del dolo generico debba avvenire valorizzando la ricerca di indici di fraudolenza ”.
Più nel dettaglio, la Cassazione ha posto in evidenza l’essenziale funzione selettiva ai fini dell’incriminazione svolta dai c.d. “indici di fraudolenza”, ossia di indici che, parametrati alla natura di reato di pericolo concreto della bancarotta, consentono di discriminare tra fatti dotati di intrinseca aleatorietà – come tali fisiologicamente riconducibili alle iniziative imprenditoriali – e condotte, invece, poste in essere in presenza di concreti indicatori di pericolosità per l’integrità della garanzia patrimoniale a tutela dei creditori.
Si tratta di una pronuncia indubbiamente di grande interesse, che si pone in perfetta linea con la volontà del legislatore di consentire ampi spazi di manovra all’imprenditore nella gestione del patrimonio dell’impresa, bilanciando detta esigenza con la necessità di garantire in ogni caso la tutela degli interessi creditori.
Tale pronuncia si colloca altresì a pieno titolo nell’alveo della oramai consolidata giurisprudenza che valorizza la necessità che la valutazione della pericolosità della condotta distrattiva avvenga – sia con riferimento al profilo oggettivo della concreta idoneità a esporre a pericolo l’entità del patrimonio della società in relazione alla massa dei creditori, che in relazione al profilo soggettivo del dolo generico – attraverso una prognosi postuma fondata sull’accertamento della sussistenza (in allora, ex ante) di plurimi elementi indicativi, i c.d. indici di fraudolenza , la cui valenza dimostrativa deve in ogni caso essere oggetto di specifica motivazione da parte dell’organo giudicante, con onere tanto più stringente – precisa la Corte – quanto più le condotte siano risalenti rispetto alla manifestazione del dissesto o, comunque, la società abbia subìto avvicendamenti nell’amministrazione.
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*A cura dell’Avv. Fabrizio Ventimiglia, Founder Studio Legale Ventimiglia, Presidente Centro Studi Borgogna, e dalla Dott.ssa Chiara Caputo