Civile

Interessi moratori e usura: le sezioni Unite della Cassazione mettono un punto definitivo sulle questioni più controverse?

Commento alla sentenza della Cassazione, Sezioni Unite Civili, 18 settembre 2020, n. 19597

di Antonino La Lumia , F rancesco Namio


Farà certamente discutere la recentissima e tanto attesa sentenza, con la quale le Sezioni Unite della Cassazione sono finalmente intervenute, cercando di risolvere i numerosi contrasti, che, nel corso degli ultimi anni, si sono manifestati non solo tra i giudici di merito, ma anche in seno alla stessa giurisprudenza di legittimità: la vivacità del dibattito - seguito parallelamente anche in ambito più squisitamente dottrinario - ha fatto registrare opinioni opposte su questioni particolarmente delicate del diritto bancario.

Vedremo, adesso, gli effetti, che ne deriveranno sull'intero settore del contenzioso (da sempre, come noto, molto acceso), ma anche sul semplice rapporto tra Banca e cliente, in ambito contrattuale.

Ecco i principi delle Sezioni Unite

La sentenza n. 19597/2020 ha affermato, innanzitutto, il principio secondo cui anche gli interessi moratori devono intendersi soggetti alla normativa antiusura: i Giudici, infatti, hanno ritenuto che quest'ultima abbia la precipua finalità di sanzionare non soltanto la pattuizione di interessi oltre soglia, previsti al momento dell'accordo contrattuale, in termini di corrispettivo per la concessione del denaro, ma anche la promessa di qualsiasi somma usuraria, che risultasse dovuta in relazione al contratto.

Ulteriore passaggio si riferisce direttamente al T.E.G.M.

Precisano, infatti, le SS.UU. che la mancata indicazione dell'interesse di mora nell'ambito del suddetto tasso non preclude l'applicazione dei decreti ministeriali: ciò, in quanto essi contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali, rilevato, in forma statistica, con modalità oggettive e unitarie. Tale meccanismo è idoneo a rilevare il carattere usurario di una clausola relativa agli interessi moratori, in quanto "fuori mercato".

Da qui la formula: "T.e.g.m., più la maggiorazione media degli interessi moratori, il tutto moltiplicato per il coefficiente in aumento, più i punti percentuali aggiuntivi, previsti quale ulteriore tolleranza dal predetto decreto".

Qualora i decreti ministeriali non dovessero contenere neanche l'indicazione della maggiorazione media dei moratori, resta il termine di confronto del T.e.g.m. così come rilevato, con la maggiorazione prevista.

Ancora, a fronte di un contrasto in atto circa la disciplina specifica da adottare (di cui la Corte dà ampia e ragionata descrizione), si è optato per una lettura interpretativa che «preservi il prezzo del denaro». Sul punto, è stato precisato che, in caso di verifica di effettivo superamento del limite di legge, debba trovare applicazione l'art. 1815, comma 2, c.c., con conseguente non debenza degli interessi moratori pattuiti.

Il passaggio rilevante, tuttavia, concerne il riferimento agli effetti contestuali dell'art. 1224, comma 1, c.c.: sono dovuti, in ogni caso, gli interessi nella misura dei corrispettivi lecitamente convenuti (cioè gli interessi legali o quelli convenzionali e corrispettivi, se superiori). In proposito, la sentenza specifica che «il Collegio ha reputato che la norma possa trovare una interpretazione che, pur sanzionando la pattuizione degli interessi usurari, faccia seguire la sanzione della non debenza di qualsiasi interesse, ma limitatamente al tipo di quella soglia che abbia superato».

È una soluzione che, per certi versi, si presterà a critiche interpretative, dal momento che tende a sezionare gli interessi, in (apparente) contrasto con l'art. 644 c.p. e forse con lo spirito stesso della riforma del 1996: non mancherà, infatti, di farsi sentire la voce di chi continua a sostenere che - in ipotesi di accertamento di usura - la "mannaia" della gratuità dovrebbe colpire l'intero "pacchetto" di costi contrattuali e non solo alcune sue componenti.

La Cassazione ha poi precisato che «anche in corso di rapporto sussiste l'interesse ad agire del finanziato per la declaratoria di usurarietà degli interessi pattuiti, tenuto conto del tasso-soglia del momento dell'accordo»: pertanto, si potrà agire per far valere l'usura, originaria (o sopravvenuta?), in qualsiasi momento. Quindi, non solo alla conclusione del contratto, ma anche quando scattano gli interessi di mora che, insieme alle altre voci preesistenti, determinano il superamento del limite: infatti «una volta verificatosi l'inadempimento ed il presupposto per l'applicazione degli interessi di mora, la valutazione dell'usurarietà attiene all'interesse in concreto applicato dopo l'inadempimento».

L'ulteriore precisazione è che, nei contratti conclusi con un consumatore, resta ferma anche la tutela prevista dagli artt. 33, comma 2, lett. f e 36, comma 1, del codice del consumo (d.lgs. n. 206 del 2005), già artt. 1469-bis e 1469-quinquies c.c.

Da evidenziare anche l'ultimo passaggio della Suprema Corte.

La sentenza puntualizza, in maniera condivisibile, che l'onere probatorio, circa l'entità usuraria dei tassi applicati dalla banca, rimane quasi per intero a carico del cliente. In particolare, da un lato, il debitore, il quale agisca per sostenere il superamento del tasso soglia, ha l'onere di dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale, il tasso moratorio in concreto applicato, l'eventuale qualità di consumatore e la misura del T.e.g.m. nel periodo considerato, con gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento; dall'altro lato, è pacifico onere della banca - secondo i canoni tradizionali - allegare e provare i fatti modificativi o estintivi dell'altrui diritto.

Ci sarà da metabolizzare, e ulteriormente commentare, i principi, fin qui fugacemente tracciati: prendiamo atto, intanto, che essi avranno un impatto significativo su tutte le dinamiche, contrattuali e matematiche, attinenti all'usura bancaria

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