Penale

Istiga a pedofilia e pedopornografia il racconto on line sul piacere incestuoso di una minore

Non rileva che i numerosi commenti degli internauti non parlassero del desiderio di commettere reati, ma domandavano il prosieguo della narrazione

di Paola Rossi

Chi pubblicamente istiga alla commissione di reati sessuali contro minori o alla diffusione di materiale pedopornografico non può invocare, a propria scusante, "ragioni o finalità di carattere artistico, letterario, storico o di costume". Così la norma speciale che punisce l'istigazione e l'apologia della pedofilia mette apertamente sul piatto il sacrificio di una delle più importanti libertà costituzionalmente garantite: la libera manifestazione del pensiero. Libertà che comunque in via generale incontra l'unico limite della tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico. E affinchè l'imputazione sia scriminata in libero pensiero non basta anticipare la condotta illecita con la premessa di essere contrari ai reati di cui si fa di fatto pubblicamente apologia. La premessa appare cioè solo formale se la condotta concreta ha la forza delittuosa punita dal Codice penale.

La decisione
La Corte di cassazione con la sentenza n. 23943/2021 fornisce un'argomentata interpretazione sulla differenza tra l'apologia "in generale" sanzionata dall'articolo 414 e quella specifica di contrasto alla pedofilia punita più gravemente dall'articolo 4141 bis del Codice penale.
Il caso riguarda un uomo che sotto il nickname di "filosofoporco" ha pubblicato un racconto rappresentativo di un incesto felice, in particolare sottolinenado il piacere fisico ed emotivo di una figlia di 9 anni a compiere atti sessuali con il padre. L'autore della pubblicazione on line, ora definitivamente condannato a un anno di reclusione, aveva anticipato al racconto delle brevi righe in cui affermava di ritenere giusta la punizione di chi commette reati sessuali su minori. Ma ciò non è stato sufficiente a evitare la sua responsabilità penale per il reato di istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia.

Irrilevanza di conseguenze concrete
Il ricorrente si è difeso in Cassazione sostenendo che anche in tale fattispecie penale - al pari della norma generale contro l' istigazione a commettere reati o l'apologia degli stessi - fosse necessaria la volontà diretta dell'autore a indurne la commissione da parte di terzi. Il il reato scatta solo con il dolo specifico di raggiungere tale risultato . La Cassazione spiega, invece, che entrambi sono reati di pericolo per i quali è sufficiente il dolo generico: ciò che rileva è l'idoneita concreta del pericolo determinato dalla condotta messa in atto.Trattandosi di "concretezza del pericolo" non costituisce presupposto del reato siano stati realmente commessi da parte di terzi i reati oggetto dell'istigazione o dell'apologia. Quindi il fatto della non avvenuta commissione di reati conseguenti (omologhi) non costituisce argomento di difesa. Non è quindi il risultato conseguito dall'istigatore a determinare i reati ex articolo 414 e 414 bis del Codice penale.

Rilevanza dell'idoneità della condotta
Al centro dell'esame del giudice c'è quindi la condotta concreta tenuta dal reo e che va valutata non ex post, ma ex ante per la sua idoneità a indurre altri a delinquere. Non è punibile però la pura e semplice manifestazione pubblica del pensiero se questo è non corredato dalla "spinta" istigatrice. La potenzialità emulativa del narrato, nel caso risolto dalla Cassazione, concretizza tale pericolo.
E ciò è innegabile per l'autore di un racconto sulla relazione sessuale di un padre con la figlia di 9 anni dove tra la sottolineatura di un piacere privo di timori della piccola e l'abbondanza "morbosa" di particolari sessuali emerge l'adesione emotiva del suo stesso autore ai fatti oggetto di narrazione.

Il no alla sospensione della pena
Infine, il ricorrente si vede respingere anche la lamentela per la mancata rilevanza data alla perizia di parte del suo psicoterapeuta secondo cui il comportamento dell'imputato derivava dagli abusi subiti dal proprio padre quando era minorenne e che il percorso cognitivo svolto rappresentava un superamento e un'emenda di quanto agito.
La Cassazione risponde che la perizia - oltre a non essere prova decisiva nel processo - non è certamente l'unico elemento su cui si fonda il giudizio sul ravvedimento del reo per la concessione del beneficio, che può essere negato, come nel caso concreto, anche sulla base di un risalente reato per il quale sia sopraggiunta la riabilitazione. La gravità della condotta recente può essere messa in relazione con il vecchio agire e può comunque essere valutata sufficientemente grave da non consentire la sospensione della pena.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©