Civile

Ius sanguinis, l’interesse residuale per l’attuale giudizio di costituzionalità sulla l. n. 91/1992

Con il varo del decreto Tajani il giudizio di costituzionalità sembra in gran parte superato dagli eventi

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di Nicola Brutti*

Si avvicina la trattazione da parte della Corte costituzionale (udienza 24 giugno 2025) della questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale di Bologna in relazione all’art. 1 della legge 91 del 1992. 

Il giudice ha infatti chiesto sostanzialmente alla Corte di introdurre requisiti aggiuntivi, in modo da circoscrivere la proliferazione delle cittadinanze iure sanguinis, riconosciute fino ad oggi in base alla semplice discendenza da un antenato italiano. Nelle more del giudizio, è intervenuto il legislatore che ha dettato una disciplina molto più rigida, e addirittura retroattiva, rispetto a quanto richiesto dal Tribunale. Ormai, il tema è stato completamente riformato e questo giudizio di costituzionalità sembra in gran parte superato dagli eventi.

Ma non è la nuova disciplina qui a destare attenzione, dal momento che interessa verificare i margini entro cui la questione possa essere ancora oggetto di interesse nel giudizio costituzionale.

Su un aspetto, a mio avviso, sarebbe il caso di riflettere.

L’ordinanza di rimessione incorre in una lettura impropria della sentenza della C. Giust. T. del 12-3-2019, riassemblando i passi citati dalla Cassazione Sez. Unite 25317/2022.

In particolare, il Tribunale di Bologna scrive nell’ultimo paragrafo:

Come affermato dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione «casi di perdita della cittadinanza discendenti dal venir meno di criteri di collegamento tra la persona e lo Stato», «sono al giorno d’oggi teoricamente ammissibili, e forse rispondenti a un significato più completo della cittadinanza come tale, incentrato su una trama di rapporti concreti tra una persona e una comunità; e va rammentato che sono state ritenute non incompatibili col diritto dell’Unione, purché nel rispetto dei limiti di proporzionalità e purché sia escluso il rischio di apolidia (v. C. giust. 12-3-2019, causa C-221/17)» (Corte di cassazione Sez. U n. 25317/2022, cit.).”.

Va segnalato innanzitutto che il Trib. rimettente non riporta la frase precedente della Cassazione: “il principio di effettività viene di norma richiamato in senso opposto a quanto rilevato dalla Corte d’appello di Roma, per inibire semmai le cosiddette decadenze arbitrarie della cittadinanza ove permangano vincoli reali tra l’individuo e la realtà del proprio paese (cfr. Corte di giustizia 2/3/2010, R., C-135/08, in relazione alle conseguenze della determinazione delle modalità di acquisto e perdita della cittadinanza su situazioni coinvolgenti cittadini comunitari, come tali ricadenti nel diritto della UE); ovvero, ma in modo prudenziale, per contenere gli effetti di possibili previsioni di diritto interno, rimesse peraltro unicamente alla responsabilità del legislatore, che per ipotesi (come nel diritto dei Paesi Bassi) contemplino casi di perdita della cittadinanza discendenti dal venir meno di criteri di collegamento tra la persona e lo Stato”.

La citazione, quindi, prosegue: “Tali ipotesi sono, al giorno d’oggi, teoricamente ammissibili, e forse rispondenti a un significato più completo della cittadinanza come tale, incentrato su una trama di rapporti concreti tra una persona e una comunità; e va rammentato che sono state ritenute non incompatibili col diritto dell’Unione, purché nel rispetto dei limiti di proporzionalità e purché sia escluso il rischio di apolidia (vedi Corte di giustizia 12/3/ 2019, caso T., causa C-221/17).”.).

L’assemblaggio sortisce il risultato, da una parte, di esaltare il riferimento alla “teorica ammissibilità” dei casi di perdita della cittadinanza (§45) e dall’altra di omettere il passaggio essenziale, cioè che: il principio di effettività serve essenzialmente ad inibire le decadenze arbitrarie e limitare i casi di perdita, essendo tali istituti rimessi unicamente alla responsabilità del legislatore.

La ricostruzione del giudice a quo, omettendo di riportare che solo al legislatore spetta determinare eventuali ipotesi di perdita della cittadinanza, accredita l’idea che anche la Corte costituzionale possa procedervi autonomamente. Inoltre, trascura il significato di baluardo - del caso T. causa C-221/17 - contro gli effetti decadenziali, laddove la Corte di Giustizia aveva subordinato ogni eventuale perdita di cittadinanza a:

  • controllo individuale;
  • periodi transitori e verifica di proporzionalità;
  • tutela della vita familiare e dei minori (§47-48 T., art. 7 Carta di Nizza, art. 8 CEDU).

Mentre il Tribunale sollecita un controllo di costituzionalità della l. 91/1992, volto a ’introdurre nuovi requisiti’, sottovaluta che il compito della Consulta è soprattutto presidiare i limiti costituzionali contro effetti ablativi dello “status civitatis”.

Sarebbe utile, invece, rimarcare il ruolo di garanzia cui la Corte è chiamata, proprio in coerenza con quanto statuito dalla giurisprudenza comunitaria.

A tal fine, è necessario riaffermare quanto segue.

Ex art. 2 Cost., la cittadinanza è diritto inviolabile: ogni ablazione deve rispettare il “legittimo affidamento” nelle situazioni soggettive già maturate.

In base all’art. 3, vi è un divieto di disparità irragionevoli: ciò impone transizioni graduali per eventuali modifiche restrittive della disciplina sullo ius sanguinis.

Ex art. 117 Cost., si impone il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, con riferimento specifico al controllo caso per caso (T., §46) e al divieto di apolidia (art. 15, Patto internazionale sui diritti civili e politici).

Sembra, quindi, opportuno un pronunciamento che chiarisca come ogni disciplina con effetti decadenziali, anche se frutto di intervento della C. cost., debba prevedere:

  • verifica individuale delle situazioni concrete;
  • fasi transitorie per introdurre modifiche restrittive;
  • bilanciamento proporzionale tra interesse pubblico e diritti fondamentali. 

In tal senso la C. cost. sarebbe chiamata a vigilare affinché la cittadinanza – nucleo essenziale dello status personale ex art. 22 Cost.– non subisca erosioni improvvise.

Il controllo di costituzionalità non rileverebbe qui tanto per creare nuovi requisiti, quanto per garantire che ogni modifica rispetti le tutele multilivello (artt. 2, 3, 117 Cost. - CEDU - Carta dei diritti fondamentali UE).

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*Nicola Brutti, Professore di Diritto comparato all’Università di Padova

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