Civile

L’abolizione delle azioni cartacee non fa scattare il diritto al recesso

È una scelta reversibile: si può sempre tornare all’assetto abbandonato

di Angelo Busani

La scelta di non incorporare in titoli non cartacei le azioni emesse dalla società per azioni non quotata può essere compiuta sia in sede di costituzione della Spa, sia nel corso della vigenza della Spa stessa: in quest’ultimo caso, è una deliberazione di assemblea straordinaria dalla quale non deriva il diritto di recesso per i soci che non votino a favore della relativa proposta di deliberazione.

Si tratta, inoltre, di una scelta non irreversibile, nel senso che in ogni momento si può decidere di ritornare all’assetto organizzativo (cartolare o non cartolare) che era stato, in precedenza, abbandonato.

È quanto afferma la nuova massima 81/2022 del Consiglio notarile di Firenze, ove si esplicita che l’unico limite da rispettare in questa materia è che tutte le azioni devono avere, per principio generale, eguali caratteristiche. Vale a dire che se si sceglie di non incorporarle in titoli cartacei, questa scelta deve riguardare tutte le azioni emesse, fatta unicamente eccezione per il caso in cui le azioni siano suddivise in categorie. In quest’ultima ipotesi, infatti, è ben ammissibile che una categoria di azioni sia composta da azioni materializzate in titoli cartacei, mentre altra categoria di azioni sia composta da azioni non incorporate in titoli cartacei.

Quella di cui si sta parlando non è la dematerializzazione (obbligatoria o volontaria) prevista nell’articolo 2370 del Codice civile e disciplinata dal decreto legislativo 59/1998 (il Testo unico delle norme in materia finanziaria), vale a dire il sistema cosiddetto di “gestione accentrata” organizzato mediante la contabilizzazione, presso Montetitoli Spa, delle azioni complessivamente emesse da una data società e che i singoli azionisti a loro volta contabilizzano nel proprio personale dossier, acceso presso una banca o altro intermediario finanziario.

Si sta invece parlando, più semplicemente, del fatto che le azioni di una Spa non vengano materialmente incorporate in un titolo di credito ma siano organizzate come beni immateriali (analoghi alle quote di Srl) la cui emissione e la cui appartenenza viene certificata nel libro dei soci tenuto dalla società emittente.

La non incorporazione in un titolo di credito sottrae all’azione il pregio di poter esser trasferita mediante una “semplice” girata (con la conseguenza di dover essere trasferita o mediante il cosiddetto transfert o mediante atto notarile) ma permette, specie nelle società a ristretta base sociale, di conseguire diverse interessanti utilità.

Si pensi, ad esempio, al problema che spesso si pone quando il socio si trovi a esercitare i propri diritti (amministrativi o patrimoniali) in mancanza del titolo nel quale l’azione è incorporata, in quanto sia stato smarrito ovvero sia irreperibile perché detenuto da tempo immemore. In tali circostanze, dovendosi esibire il titolo alla società emittente, la necessità per il socio di ricorrere alla procedura di ammortamento del titolo cartaceo finisce per coinvolgere la società nelle lungaggini di un procedimento giudiziale con la conseguenza della paralisi dell’operazione per la quale l’esibizione del titolo si rende necessaria.

Inoltre, l’eliminazione del titolo cartaceo rappresentativo della partecipazione azionaria permette una maggior efficienza in tutte quelle ipotesi in cui la collaborazione del socio si renda necessaria al fine del perfezionamento di una data operazione: si pensi, ad esempio, al caso in cui le azioni sociali siano soggette a un diritto di riscatto e non vi sia la cooperazione del socio riscattato.

In tal caso, al soggetto riscattante che intendesse legittimarsi nei confronti della società, data la necessità della materiale esibizione del titolo, non resterebbe che ricorrere all’autorità giudiziaria per l’ingiunzione della consegna del documento. Viceversa, se le azioni non fossero incorporate in un certificato, per portare a compimento la procedura di riscatto non occorrerebbe alcun tipo di collaborazione da parte del socio che subisce l’altrui diritto di riscatto, con conseguente risparmio di tempi e di costi.

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