Penale

L'abuso d'ufficio non scatta per l'incarico dato all'amante del direttore dell'ente amministrativo

Non sussiste per il dirigente pubblico un divieto ad assumere chi abbia una relazione sentimentale con persone a lui sovraordinate

di Paola Rossi

Il ricorso contro due imputazioni per abuso d'ufficio in attività di reclutamento di personale all'interno di un'azienda sanitaria viene accolto in ordine all'incarico di dirigente di struttura semplice alla presunta amante del direttore generale e non del ricorrente che era responsabile delle risorse umane. La Corte di cassazione con la sentenza n. 33755/2021 ha infatti escluso che- in assenza di specifico accertamento dell'intento di favorire la persona cara al proprio capo - il reato possa essere contestato.
In realtà al responsabile delle risorse umane di unità operativa complessa di un'azienda sanitaria provinciale veniva contestata l'assunzione, di colei che risultava amante del direttore generale dell'Asp, nel ruolo di responsabile della gestione del richio "governo clinico", ma in base al macroscopico errore dei giudici di merito che per lo specifico incarico ritenevano non contemplata dalla norma la specializzazione in medicina legale. L'errore derivato - per ammissione degli stessi giudici di merito - dall'aver tenuto conto del vecchio testo normativo (che appunto non considerava tale specializzazione per il ruolo) non ha posto però nel nulla l'accusa, che restava fondata sull'"acclarata" relazione sentimentale tra la persona incaricata e il vertice dell'azienda sanitaria, persona sovraordinata al ricorrente. La Cassazione striglia i giudici di merito affermando che una volta letta la norma nella sua versione corretta - da cui deriva la piena legittimità formale dell'incarico - non si può intravedere una condotta abusiva di chi materialmente lo decide, solo perché la relazione era nota nell'ambiente.
L'amante/fidanzata del direttore generale - nei fatti - non aveva solo il requisito contrattuale dell'anzianità quinquennale ma anche quello della pregressa esperienza dettata dal comma 7 quater dell'articolo 15 del Dlgs 502/1992 che ha riordinato il settore amministrativo della sanità pubblica. Il dolo non pò essere ravvisato - tenuto conto del rispetto formale della norma - nella circostanza che il primo avviso interno per 30 unità operative ve ne fosse stato un altro per lo specifico ruolo su cui verte la vicenda. Il posto va considerato come legittimamente "aggiunto" a seguito di un pensionamento nella posizione oggetto dell'incarico per cui la donna possedeva le competenze.

L'accusa legittima
Il ricorso viene invece rigettato in ordine alla seconda imputazione per abuso di ufficio scattata per aver attribuito un incarico a persona " ripescata" da una graduatoria concorsuale tramite una delibera successiva - di un solo giorno - a quella che aveva attivato la procedura di mobilità per otto posti.
Inoltre, da intercettazioni di terzi e non del ricorrente risultava che la persona incaricata fosse " raccomandata" da alcuni vertici della struttura sanitaria.
Non è infatti possibile - dice la Cassazione - procedere alla valorizzazione di una graduatoria concorsuale senza attendere lo scadere del termine di 30 giorni per la presentazione delle domande relative all'avviso di mobilità.
Ciò determina un'inconcepibile distorsione della norma del comma 2 bis dell'articolo 30 del Dlgs 165/2001, dove la prescritta attivazione della mobilità non può dirisi adempiuta solo con il suo annuncio.
Per cui l'evidente e macroscopica violazione della norma del testo unico in materia di reclutamento del personale è - come confermato dalla Cassazione - elemento sufficiente a integrare il dolo del responsabile delle risorse umane.
Infine, sul punto della contestata intercettazione da cui emerge la raccomandazione e che non coinvolge però direttamente il ricorrente, la Cassazione chiarisce che essa non è rappresentativa, ma solo sintomatica del dolo intenzionale per l'attribuzione del reato di abuso d'ufficio al ricorrente. Il dolo emerge dalla colpevole perché ingiustificabile e inconcepibile violazione delle regole di impiego nella pubblica amministrazione.

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