L'adeguato assetto organizzativo e gestionale a presidio della responsabilità amministrativo-penale per frode fiscale ex art. 2, D. Lgs. 74/2000
La Corte di cassazione ha affermato il principio che, anche il responsabile amministrativo, dipendente di una società può essere chiamato a rispondere al reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di false fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, ex art. 2 D. Lgs. n.74/2000
L'iter giudiziario e motivazionale della sentenza della Corte di Cassazione n. 2270 del 20 gennaio 2021, riporta in auge il tema dei reati tributari e dei profili di rischio d'impresa ed in particolare il reato di dichiarazione fraudolenta fondata su falsa documentazione idonea a fornire una falsa rappresentazione contabile della situazione fiscale del contribuente.
La Corte di cassazione ha affermato il principio che, anche il responsabile amministrativo, dipendente di una società può essere chiamato a rispondere al reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di false fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, ex art. 2 D. Lgs. n.74/2000.
Il fatto: il Tribunale di Savona con ordinanza del 2 luglio 2020, confermava il sequestro preventivo disposto dal GIP dei beni immobili intestati al responsabile amministrativo di una società S.p.A., indagato per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di cui all'art. 2 del D. Lgs. n. 74/2000. L'indagato si era rivolto alla Suprema Corte lamentando la violazione della disposizione incriminatrice, facendo valere la circostanza di essere lavoratore subordinato privo di ogni potere di rappresentanza della S.p.A nel cui interesse era stata commessa la frode fiscale e spiegando l'assenza di vantaggi economici, giacché lui stesso era stato costretto ad insinuarsi nel fallimento della società per retribuzioni non ricevute.
Significativa è la motivazione di inammissibilità del ricorso affermata dalla Suprema Corte che, tra le altre circostanze, ha rilevato il fatto che il ricorrente nella S.p.A. impartiva direttive ai fini della registrazione, del pagamento delle fatture e delle relative annotazioni e che, tra l'atro, aveva partecipato alle riunioni per l'approvazione dei bilanci, dove la documentazione contabile verosimilmente falsa sarebbe stata riportata quale elemento passivo, causando in maniera consapevole una fittizia riduzione dell'utile aziendale e quindi della base imponibile fiscale. In più, la Corte ha affermato che, avendo delega alla sottoscrizione delle dichiarazioni fiscali, anche il responsabile amministrativo risponde del reato di dichiarazione fraudolenza mediante utilizzo di false fatture e registrazioni contabili non veritiere. Circostanze queste , avvalorate nel corso delle indagini da dichiarazioni rese da terze persone informate sui fatti e da una conversazione telefonica captata nel corso dell'attività investigativa.
La norma che disciplina la fattispecie, l'art. 2 del D. Lgs. n.74/2000 prevedendo la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni a chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o I.V.A., avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi passivi fittizi, vuole significare che, il profilo del reato di dichiarazione fraudolenta, si sostanzia nel momento in cui la società si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria in sede di accertamento. Affinché possa ritenersi realizzato il fatto, è necessario che siano posti in essere due comportamenti:
- la "condotta meramente preparatoria", con la confezione delle fatture o degli altri documenti per operazioni inesistenti e la loro registrazione nelle scritture contabili obbligatorie o la loro detenzione a fine di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria;
- la "consumazione istantanea del reato", con l'indicazione nella dichiarazione annuale di elementi fittizi passivi o attivi inferiori a quelli reali.
E' opportuno evidenziare che il soggetto attivo del reato è "colui il quale è contribuente ai fini delle imposte dirette o dell'IVA, o l'amministratore, liquidatore o rappresentante del contribuente". A tale proposito, la sentenza in commento, nella sua articolazione è singolare, in quanto la Suprema Corte stabilisce il principio che per la configurazione del delitto è sufficiente che, il soggetto sia in grado di svolgere un ruolo attivo e propositivo nell'ambito della gestione contabile e ai fini delle imposte.
Il quadro esposto fin qui, consolida la rilevanza dell'implementazione di un adeguato assetto contabile e gestionale, quale pilastro dell' adeguato assetto organizzativo della società, a presidio del rischio fiscale nonché dei reati tributari ex D. Lgs. n. 74/2000 e avvalora la circostanza dell'obbligo di cui all'art. 2086 c.c., perseguibile mediante l'individuazione e applicazione di regole e procedure dirette ad assicurare la corretta attribuzione del potere decisionale con riguardo alle capacità e responsabilità dei singoli soggetti apicali e non, all'interno di una società.
*Dottore Commercialista - Revisore Legale PhD in Scienze Aziendali Componente del Comitato Scientifico Nazionale Fondazione School University