Penale

L'alienazione simulata di beni patrimoniali e il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte

La decisione trae spunto da fatti che vedono coinvolte due società, una srl ed una sas di nuova costituzione, riconducibili ai medesimi soggetti/soci, resesi protagoniste di una cessione di un fabbricato nell'immediatezza della notifica di cartelle di pagamento da parte del concessionario della riscossione di importo sostanzialmente coincidente al debito maturato dalla cedente in annualità pregresse.

di Monica Peta ed Enzo Gambararo*


La Corte di Cassazione con la sentenza n. 17166/2021, (ri)afferma con rigore che, le operazioni negoziali che culminano nella vendita simulata di immobili, con l'unica finalità di svuotare la consistenza patrimoniale potenzialmente aggredibile dall'Erario, integrano il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte dirette o sul valore aggiunto, nonché interesse e sanzioni, ex art. 11 D. Lgs 74/2000.

La decisione trae spunto da fatti che vedono coinvolte due società, una srl ed una sas di nuova costituzione, riconducibili ai medesimi soggetti/soci, resesi protagoniste di una cessione di un fabbricato nell'immediatezza della notifica di cartelle di pagamento da parte del concessionario della riscossione di importo sostanzialmente coincidente al debito maturato dalla cedente in annualità pregresse.

In sintesi, la circostanza, oltre quella richiamata della ricorrenza dei medesimi soggetti nei due organismi economici coinvolti nell'atto di trasferimento, che il prezzo della compravendita all'esito degli accertamenti svolti dagli inquirenti è risultato non essere stato corrisposto dalla cessionaria, a nulla rilevando la condizione che il pagamento di gran parte del prezzo sia stato regolato con accollo del mutuo gravante sul bene trasferito che non ha liberato il cedente dall'obbligazione originariamente assunta nei confronti dell'istituto di credito mutuante, hanno indotto la Suprema Corte a confermare le pronunce di merito dichiarando inammissibili i motivi del gravame e con essi il ricorso formulato dalla difesa degli imputati. In buona sostanza gli ermellini hanno ritenuto che il definitivo distacco dell'immobile dalla sfera patrimoniale della società debitrice del fisco sia avvenuto con un atto dai connotati perfettamente riconducibili a quelli previsti dalla norma violata.

La questione estremamente interessante che si ricava dalla decisione in commento attiene il principio di correlazione tra accusa e sentenza che, secondo i ricorrenti, sarebbe stato messo in serio dubbio dalla decisione di appello. La sollecitazione proposta affonda le radici nella circostanza che, nel caso di specie, il richiamato principio cardine processuale sarebbe stato violato poiché il giudice di primo grado, in relazione alla parte dell'imputazione riferita alla cessione con atto fraudolento di un compendio immobiliare, in ordine al mancato pagamento di parte della somma, aveva affrontato il problema della simulazione relativa, mentre la Corte territoriale aveva ritenuto sussistente una simulazione assoluta dell'atto di vendita, considerando non provato il pagamento dell'intero prezzo.

Il tema di cui all'articolo 521 del c.p.p. riguarda il momento decisionale e, in particolare i limiti del potere del giudice il quale è chiamato a dare una corretta definizione giuridica del fatto contestato, anche in ipotesi in cui essa risulti diversa da quella enunciata nel capo di imputazione, con l'unico limite che il fatto per cui il processo è incardinato rimanga identico a quello contestato in riferimento alla condotta, all'evento e all'elemento soggettivo. In altre parole, all'esito dell'attività istruttoria il giudice, accertato il fatto contestato dalla Pubblica

Accusa, può legittimamente collocare lo stesso nell'alveo di una fattispecie di reato diversa da quella contestata provvedendo a correggere l'erronea qualificazione giuridica in sentenza, precisandolo nella sezione dispositiva. Ad esempio sussiste la violazione del principio di correlazione fra accusa e sentenza nel caso in cui il giudice condanni l'imputato per un reato colposo, riqualificando l'originaria imputazione relativa ad una fattispecie dolosa, ciò perché trattasi di fatto significativamente diverso da quello contestato a causa, in specie, del mutato elemento soggettivo, con conseguente difetto della concreta possibilità di esercizio dei correlati poteri difensivi spettanti all'imputato (Cass. Sez. III, 13 maggio 2020 ud. 5 luglio 2019).

Non vi è dubbio che la norma si ponga a presidio del legittimo diritto di difesa dell'imputato, diritto che non può essere mortificato da uno stravolgimento delle basi fondamentali su cui si base la contestazione prima e il dibattimento poi.

Tornando alla fattispecie in commento la Cassazione ha ritenuto che il principio di correlazione tra accusa e sentenza non risulta affatto violato sulla scorta delle circostanze che, da un lato, la norma incriminatrice di cui all'articolo 11 del D.lgs. 74/00 parla di atti simulati o fraudolenti senza specificarne le forme o il grado, dall'altro, che la valutazione apparentemente difforme compiuta in proposito dai giudici di merito circa la natura della simulazione non incide nemmeno sulla sussistenza del reato, atteso che l'effetto dello stesso, colto in entrambe le sentenze di merito, è stato la sottrazione della garanzia patrimoniale del Fisco cagionata per il tramite di una serie di operazioni riconducibili indubitabilmente ai ricorrenti palesemente di natura simulata.

Dunque può concludersi che la portata della norma violata "consente" di ritenere che la natura simulatoria degli atti negoziali posti in essere, assoluta o relativa, trovi ivi ospitalità proprio, con le decisioni assunte, i giudici di merito si sono cimentati in fattispecie che, da un alto, non hanno minimamente alterato i tratti fondamentali del fatto contestato in riferimento alla condotta, all'evento e all'elemento soggettivo e, dall'altro, hanno accertato in entrambi gli approcci che le conseguenze dannose del fatto si sono concretizzate con le medesime forme e nella medesima portata.

a cura di *Monica Peta -Dottore Commercialista - Revisore Legale - PhD in Scienze Aziendali - Componente del Comitato Scientifico Nazionale Fondazione School University - Componente della Commissione Crisi da Sovraindebitamento ODCEC Roma

e *Enzo Gambararo - Dottore commercialista, esperto in diritto penale commerciale e tributario, membro del Comitato Scientifico Nazionale della School University Foundation

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