Penale

L'ammissione alla procedura concorsuale non esclude la rilevanza penale del mancato versamento scaduto

Con la pronuncia in esame la Cassazione aderisce all'orientamento prevalente, secondo cui: la presentazione di una domanda di ammissione alla procedura concorsuale non esenta da rilevanza penale il mancato pagamento dei debiti tributari scaduti nel periodo compreso tra la presentazione del ricorso e l'adozione del relativo provvedimento di ammissione

di Mattia Miglio*

Con la sentenza in esame (Corte di Cassazione, Sez. III Pen., Sentenza 18 marzo 2022, n. 9248), la Suprema Corte di Cassazione torna ad occuparsi dei rapporti tra la procedura di concordato preventivo del soggetto tenuto al versamento delle imposte (I.V.A. nel caso che ci occupa) e l'(eventuale) rilevanza penale del mancato versamento delle imposte stesse.

Chiamata in particolare a pronunciarsi (in sede cautelare) in una vicenda in cui il debito tributario era scaduto proprio durante il periodo compreso tra la presentazione della domanda e l'adozione del decreto, la sentenza puntualizza che la mera presentazione della domanda di ammissione alla procedura concorsuale non esclude la rilevanza penale del mancato versamento scaduto prima del relativo provvedimento di ammissione.

Come si può leggere nelle motivazioni, la Suprema Corte giunge a tali conclusioni, dopo aver brevemente ripercorso i due principali filoni giurisprudenziali formatisi sul tema.

Il primo orientamento della Cassazione

Secondo un primo orientamento – ad oggi prevalente e che, come si è accennato, trova accoglimento nella pronuncia qui in esame – la presentazione di una domanda di ammissione alla procedura concorsuale non esenta da rilevanza penale il mancato pagamento dei debiti tributari scaduti nel periodo compreso tra la presentazione del ricorso e l'adozione del relativo provvedimento di ammissione.

In questo senso, si legge infatti che "la procedura di concordato preventivo scrimina i reati di omesso versamento, in relazione a obblighi scaduti tra la presentazione dell'istanza di ammissione al concordato - sia esso "in bianco" che con deposito del piano - e l'adozione del relativo decreto, solo ove sia intervenuto un provvedimento del Tribunale che abbia vietato, o comunque non autorizzato, come invece richiesto dall'interessato, il pagamento dei suddetti debiti, essendo in tal caso configurabile la scriminante dell'adempimento di un dovere imposto da un ordine legittimo dell'autorità di cui all'art. 51 c.p.".

Ne consegue così che, in assenza di un ordine legittimo proveniente dall'Autorità (e idoneo a produrre effetti scriminanti ex art. 51 c.p.), "il mero decreto di ammissione al concordato non vale a scriminare "retroattivamente" gli omessi versamenti relativi a debiti scaduti anteriormente".

Tale conclusione viene supportata da una serie di indici normativi.

A tal fine e in prima istanza, pare certamente opportuno ripercorrere brevemente le linee essenziali della procedura di concordato preventivo.

Come noto, la disciplina dell'istituto non priva radicalmente l'imprenditore della possibilità di amministrare i beni aziendali, imponendo a quest'ultimo tutt'al più un regime di c.d. spossessamento attenuato nell'ambito dell'amministrazione e della gestione del patrimonio dell'impresa .

In particolare, secondo quanto previsto dagli artt. 161, co. 6 e 167 l.f., dopo la presentazione della domanda e durante la procedura concorsuale, l'imprenditore può comunque compiere tutti gli atti di gestione ordinaria, mentre quelli straordinari vengono condizionati all'autorizzazione del Tribunale (in questo senso, si rinvia a Cass. Pen., Sez. III, 20 febbraio 2020, n. 13628).

Ne consegue quindi – come riconosce la sentenza in commento – che "non è tout court vietato il compimento di atti straordinari (tra cui il pagamento del debito tributario), i quali, se compiuti senza autorizzazione giudiziale, non comportano la revoca della procedura".Infatti, come si è appena accennato, il pagamento del debito tributario – che in condizioni ordinarie rientra nel novero degli atti di ordinaria amministrazione – costituisce atto di straordinaria amministrazione nell'ipotesi in cui l'impresa sia stata ammessa a una procedura di concordato preventivo (ancora, Cass. Pen., Sez. III, 20 febbraio 2020, n. 13628); l'atto di pagamento è quindi un atto (certamente consentito) di straordinaria amministrazione (richiede solamente l'autorizzazione giudiziale), il cui inadempimento conserva rilevanza penale.

Accanto a tale aspetto, il presente filone giurisprudenziale trova ulteriore fondamento sulla differenza ontologica che intercorre tra la disciplina della crisi (rectius, delle procedure concorsuali) – che riguarda l'impresa e non la persona fisica in sé – e il principio della personalità della responsabilità penale connesso all'omesso versamento, che riguarda invece l'imprenditore persona fisica e non anche l'ente: "un argomento a sostegno di questa ricostruzione può essere desunto da Corte Cost., ord. n. 256 del 2017, che chiarisce […] che il soggetto in concordato è la società e non l'imputato, e l'impossibilità di provvedere al pagamento a causa dei vincoli derivanti dal concordato preventivo riguarda la società e non anche l'imputato, che è, invece, l'autore del reato".

Da ultimo, un ulteriore argomento a sostegno è rappresentato dal fatto che il pagamento dell'I.V.A. "dopo la presentazione della domanda di concordato preventivo" non può dirsi neppure in frode dei creditori, "in quanto impedisce l'ulteriore depauperamento per i creditori che può derivare dall'imposizione di sanzioni e interessi".

Il secondo orientamento della Cassazione

Sennonché, come si è accennato, tale filone non viene condiviso da una recente pronuncia di legittimità (Cass. Pen., Sez. III, 2 aprile 2019, n. 36320), la quale – nell'escludere ogni rilevanza penale agli omessi versamenti scaduti in epoca successiva alla presentazione dell'istanza di ammissione – rileva piuttosto che l'inadempimento tributario viene scriminato ai sensi dell'art. 51 c.p. "se il debitore è stato ammesso, prima della scadenza del debito tributario, alla procedura di concordato preventivo con pagamento dilazionato e/o parziale dell'imposta".

Tale soluzione trova fondamento in forza del divieto ex art. 168 l.f. di azioni esecutive da parte dei creditori e che è riferito "agli "Effetti della presentazione del ricorso", a tenore del quale, "dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore".

La portata di tale divieto – riguardante la sola fase esecutiva – si estende tuttavia oltre il mero dato testuale sino ad includere anche il conseguente e speculare divieto di pagamento di debiti anteriori (ivi compresi quelli erariali), dal momento che sarebbe incongruo ritenere "che ciò che il creditore non può ottenere in via di esecuzione forzata possa conseguire in virtù di spontaneo adempimento" (cfr. Cass. Pen., Sez. III, 20 febbraio 2020, n. 13628, p. 4).

La soluzione proposta dalla Corte di Cassazione

Come accennato in premessa, la sentenza sceglie di aderire al primo orientamento qui riportato, confermando la rilevanza penale del mancato versamento del tributo scaduto dopo la presentazione della domanda di ammissione alla procedura e prima del decreto di ammissione.Tale scelta viene motivata dallo scopo di garantire, da un lato, piena tutela al principio di par condicio creditorum – segnatamente, "la configurabilità dei reati di omesso versamento anche nel caso in cui il termine rilevante ai fini penali venga a scadere dopo la presentazione della domanda di concordato risponde all'esigenza di garantire in modo particolarmente pregnante il credito erariale, rispetto al quale l'ordinamento appronta anche lo strumento della confisca, la quale svolge una funzione che, vista dal lato dello Stato, ha un carattere sostanzialmente ripristinatorio" – oltre che, soprattutto, dall'esigenza di evitare possibili distorsioni nell'utilizzo della procedura concorsuale in oggetto.

Del resto, ove fosse riconosciuto effetto scriminante all'omesso versamento sulla sola scorta della semplice presentazione della domanda di ammissione ex art. 161 l.f. (magari anche nella forma c.d. "in bianco"), non sarebbe possibile (ovviamente, ragionando in linea teorica) escludere una possibile "utilizzazione strumentale della domanda di presentazione di concordato preventivo", con il solo fine "di evitare la responsabilità penale per inadempimento fiscale, quasi giungendo a configurarla come una condizione meramente potestativa di non punibilità".

Detto altrimenti, il soggetto tenuto al versamento dell'imposta potrebbe autonomamente procurarsi – mediante la semplice presentazione del ricorso ex art. 161 l.f. – un'esenzione dalla responsabilità penale derivante dall'omesso versamento , senza percorrere (seriamente) alcuna reale procedura di composizione e di gestione della crisi.

Ragion per cui, e qui si va a concludere, sembrano condivisibili le considerazioni pronunciate dalla Suprema Corte in una sentenza del 2020 qui già richiamata: "spetta all'imprenditore in crisi, che sa di avere un debito fiscale che verrà a scadenza certa, ponderare la migliore soluzione della crisi di impresa e valutare in tale ambito anche le conseguenze penali della eventuale omissione del pagamento del debito, non potendo opporre, per escludere la sua penale responsabilità, unicamente l'aver dato corso alla procedura negoziale di risoluzione della crisi d'impresa" (cfr. Cass. Pen., Sez. III, 20 febbraio 2020, n. 13628, p. 10).

_____


*A cura dell'Avv. Mattia Miglio, Studio Villa Roveda e Associati

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©