L’assoluzione dal reato di maltrattamenti in famiglia non incide sullo stato di abbandono del minore
L'assoluzione del genitore del minore dal reato di maltrattamenti in famiglia all'esito del relativo processo penale non è idonea a comportare alcun effetto di giudicato sullo stato di abbandono del minore, situazione di fatto che i giudici per i minorenni sono chiamati autonomamente ad accertare. Lo ha precisato la Cassazione con la sentenza 10948/2015.
I precenti - Principio di ovvia evidenza, posto che se – da un lato – una eventuale condanna in sede penale per il delitto di cui all'articolo 572 Cp (maltrattamenti verso fanciulli) è sintomatica di una situazione di disagio del minore stesso e, quindi, può essere invocata quale indice di uno “stato di abbandono”, la circostanza che i familiari del minore non lo abbiano maltrattato (o, all'estremo, come accertato nel caso di specie, che gli stessi siano stati assolti, in sede penale, dalla relativa imputazione) è assolutamente irrilevante al fine di ritenere insussistente una situazione di abbandono come prevista dall'articolo 8 della legge n. 184 del 1983. Già nel lontano 1989 – peraltro – la Suprema Corte aveva affermato che la dichiarazione d'adottabilità, nei confronti del minore che veda compromesso il proprio sviluppo per un comportamento dei genitori che lo privi del minimo indispensabile di assistenza materiale e morale, non può trovare ostacolo nel suo persistente legame con la famiglia naturale (come si può verificare nel caso in cui egli non sia stato vittima di maltrattamenti attivi), ovvero nelle sofferenze che gli derivino dall'allontanamento da detta famiglia e dal temporaneo ricovero in istituto, occorrendo valutare il suo interesse in proiezione futura (Cassazione, sentenza 5 maggio 1989 n. 2101). Sempre in argomento, per il rilievo che l'abbandono del minore da parte dei genitori, giustificativo della dichiarazione di adottabilità, sussiste non soltanto nella ipotesi in cui i genitori si disinteressino totalmente del figlio, non tenendolo presso di sé, ma anche quando, pur convivendo con il medesimo, si comportino in modo da comprometterne gravemente ed irreversibilmente lo sviluppo fisico e morale, ponendo in essere maltrattamenti sistematici, ancorché inflitti con la convinzione che costituiscano una forma di educazione ed il detto comportamento sia non il risultato di una situazione involontaria determinata da una causa di forza maggiore di carattere transitorio bensì corrispondente ad una non mutevole caratterizzazione della personalità dei genitori, Cassazione, sentenze 25 giugno 1990 n. 6423 e 27 luglio 1989 n. 3526, ove la precisazione che degli eventuali seri propositi dei genitori e dei mutamenti delle condizioni di vita che rendono verosimile la cessazione dei maltrattamenti, deve tenersi conto al momento della dichiarazione dello stato di adottabilità, sempreché non si siano rilevati tratti così radicati nella personalità dei genitori da impedire qualsiasi prognosi favorevole circa lo sviluppo dei loro rapporti con il figli e/o non si sia prodotto già, a causa del comportamento pregresso, un così grave ed irreversibile distacco con i figli da rendere quando meno pericoloso per essi tornare a vivere nella famiglia naturale.
Corte di Cassazione - Sezione I - Sentenza 27 maggio 2015 n. 10948