Penale

L’autodichiarazione Covid-19 non diventa falso ideologico

Se relativa alla semplice intenzione di recarsi in un determinato luogo

di Giovanni Negri

Se da subito era apparsa problematica la rilevanza penale delle false attestazioni nel modello di autodichiarazione, indispensabile (sia pure a fasi alterne) per gli spostamenti nell’era del lockdown, ora arriva la conferma. Perchè il Gip del tribunale di Milano ha assolto, perchè il fatto non sussiste, un camionista sorpreso dalle forze dell’ordine al volante alla fine del marzo scorso quando in tutta Italia gli spostamenti erano vietati se non per (poche) ragioni da cristalizzare nelle varie edizione del modello di autocertificazione. L’uomo, richiesto di compilare il modello con le ragioni dell’allontanamento dalla propria abitazione, aveva fornito una versione che poi, alla prova delle successive verifiche, si era rivelata del tutto infondata, avendo sostenuto di volersi recare in una località incompatibile con la direzione del veicolo fermato.

L’ambito di applicazione

Il pubblico ministero ne aveva allora chiesto la condanna, contestando la violazione dell’articolo 483 del Codice penale sul falso ideologico, norma che sanziona con la pena fino a 2 anni chi attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità. Ora il Gip di Milano sottolinea, come è incontestabile in giurisprudenza, che sono estranei all’ambito di applicazione dell’articolo 483 «le dichiarazioni che non riguardino “fatti”, di cui può essere attestata la verità hic et nunc, ma che si rivelino mere manifestazioni di volontà, intenzioni o propositi».

L’obiettivo della norma

In questo senso, mette in evidenza la sentenza del 16 novembre, depone lo stesso dato testuale, visto che la nozione di «fatto» non può che essere riferita a qualcosa che è già accaduto ed è per queste ragioni già suscettibile di un accertamento, a differenza dell’intenzione, la cui corrispondenza con la realtà si può verificare solo successivamente. La norma ha poi l’obiettivo di incriminare la falsa dichiarazione a un pubblico ufficiale «in relazione alla sua attitudine probatoria, attitudine che evidentemente non può essere riferita a un evento non ancora accaduto». La stessa disciplina in materia di autocertificazioni dimostra che i fatti sono considerati come oggetto di possibile dichiarazione probante del privato, insieme ad altre caratteristiche del soggetto già presenti al momento della dichiarazione.

Le condizioni

«Ne discende che, mentre l’affermazione del modulo di autocertificazione da parte del privato di una situazione passata (si pensi alla dichiarazione di essersi recato in ospedale ovvero al supermercato) potrà integrare gli estremi del delitto de qua, la semplice attestazione della propria intenzione di recarsi in un determinato luogo o di svolgere una certa attività non può essere ricompresa nell’ambito applicativo della norma incriminatrice, non rientrando nel novero “dei fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità».

Irrilevante poi anche il fatto che la dichiarazione fosse stata incorporata in un verbale di polizia giudiziaria.

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