Lavoro

L'eccezione dell'aliunde perceptum è proponibile anche in appello

L'eccezione di aliunde perceptum è sempre rilevabile d'ufficio, non trattandosi di un'eccezione in senso stretto, e dunque, formulabile anche in appello, purché le relative circostanze di fatto siano state ritualmente acquisite in causa

di Enrico De Luca, Antonella Iacobellis*


Come noto, con l'espressione «aliunde perceptum» si intende «altrove (o da un'altra persona) percepito».
Nell'ambito del diritto del lavoro, tale espressione è utilizzata nell'ipotesi in cui si verifichi quanto segue:
- un lavoratore ritenendo di essere stato licenziato ingiustamente propone ricorso avverso al datore di lavoro per essere indennizzato per il danno subito a fronte dell'illegittima estromissione;
- nel frattempo, però, il lavoratore potrebbe aver trovato un'attività che gli ha procurato un guadagno economico;
- l'ex datore di lavoro potrà chiedere che dalla somma da corrispondere al dipendente venga detratto l'aliunde perceptum, cioè quello che il dipendente ha, appunto, percepito altrove.

Ciò precisato, l'aliunde perceptum è un'eccezione in senso stretto o in senso lato? Quando il datore di lavoro deve formulare questa eccezione?

La risposta a tali domande si rinviene - tra l'altro - nella sentenza della Cassazione n. 4056 del 16 febbraio 2021 secondo cui: "il cd. aliunde perceptum non costituisce oggetto di eccezione in senso stretto ed è dunque rilevabile d'ufficio dal Giudice se le relative circostanze di fatto risultano ritualmente acquisite al processo. Per tale ragione, l'eccezione di detrazione dell'aliunde perceptum non è subordinata alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino ex actis".

La vicenda processuale che ha interessato la Suprema Corte trae origine dall'impugnazione da parte di un lavoratore della sentenza della Corte d'Appello di Roma che aveva condannato una società al pagamento in favore dello stesso - in precedenza licenziato - delle retribuzioni medio tempore maturate dalla data del licenziamento sino a quello della reintegrazione, previa detrazione dell'aliunde perceptum (nel caso di specie, rappresentato da tutte le retribuzioni percepite dal lavoratore in questione, insegnante di educazione fisica).

Con ricorso per cassazione il lavoratore eccepiva da un lato la tardività e dall'altro, la conseguente decadenza dall'eccezione di detrazione dell'aliunde perceptum poiché specificata dall'ex datore di lavoro solo in appello, essendo stata, in primo grado formulata, in modo assolutamente generico.

La Suprema Corte, ritenendo infondato il motivo di ricorso per omesso esame di un fatto decisivo relativo alla parte in cui la Corte d'Appello aveva ammesso l'eccezione di aliunde perceptum, ha dichiarato che l'eccezione di aliunde perceptum:
- è sempre rilevabile d'ufficio, non trattandosi di un'eccezione in senso stretto,
- e dunque, formulabile anche in appello, purché le relative circostanze di fatto siano state ritualmente acquisite in causa.

Infatti, il regime delle eccezioni si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione, che resterebbe alterata nel caso in cui le questioni rilevabili d'ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto.

La Suprema Corte, poi, ritenendo priva di pregio anche l'altra doglianza del lavoratore secondo cui, l'importo corrispondente alle retribuzioni percepite quale insegnante di educazione fisica non fossero detraibili dal risarcimento del danno da licenziamento illegittimo, ha avuto modo anche di ribadire come opera il meccanismo della compensatio lucri cum damno sottesa al principio dell'aliunde perceptum.

Sul punto, il ricorrente aveva sostenuto che "la riduzione del risarcimento opera solo se e nei limiti in cui quel lavoro sia temporalmente incompatibile con la prosecuzione contestuale della prestazione lavorativa sospesa dal licenziamento. Tale ipotesi non ricorre nel caso in cui l'altro lavoro, produttivo di reddito, opposto in compensazione, sia temporalmente compatibile con la prosecuzione contestuale della prestazione lavorativa. Sulla base di tali argomenti, sostiene che nel periodo 2006/2008 del contratto di lavoro a progetto, solo ex post ritenuto di lavoro subordinato per effetto del riconoscimento giudiziale, la prestazione lavorativa era stata resa in modo temporalmente compatibile con quella di lavoro a termine resa in favore della pubblica amministrazione".

La Suprema Corte a fronte delle argomentazioni del lavoratore precisava che in quella sede di interesse erano soltanto le circostanze successive alla cessazione del rapporto di lavoro, non avendo alcun valore le eventuali questioni riguardanti la presunta compatibilità nel periodo pregresso tra prestazione di lavoro a progetto e quella svolta dal lavoratore come insegnante di educazione fisica.

E per l'appunto, nella sentenza si legge che non può che applicarsi il principio generale per cui le erogazioni patrimoniali commisurate alle mancate retribuzioni, qualificate come risarcitorie, consentono la detraibilità dell'aliunde perceptum che il lavoratore possa avere conseguito svolgendo una qualsiasi attività lucrativa e, in tale ambito, non può non rientrare la percezione delle retribuzioni di cui si discute.

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*Enrico De Luca – Partner / Antonella Iacobellis – Senior Associate, De Luca & Partners

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