Amministrativo

L'evoluzione del trattamento fiscale della previdenza professionale complementare obbligatoria svizzera

Da una approfondita ricognizione della normativa riguardante l'attuale trattamento fiscale della previdenza professionale complementare obbligatoria svizzera (cosiddetto doppio pilastro) per un soggetto residente in Italia appare evidente come esso non abbia mai goduto di un quadro interpretativo univoco.

di Tommasi Landi*

Da una approfondita ricognizione della normativa riguardante l'attuale trattamento fiscale della previdenza professionale complementare obbligatoria svizzera (cosiddetto doppio pilastro) per un soggetto residente in Italia appare evidente come esso non abbia mai goduto di un quadro interpretativo univoco.

Basti, in proposito, pensare come le indicazioni della prassi siano tutte contenute in risposte ad Interpelli tra loro spesso in contraddizione, senza che una chiara indicazione abbia mai trovato un punto di sintesi in una circolare nazionale, se non fosse per i chiarimenti contenuti nella n. 30/E 2015 in tema, però, di "Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all'estero nonché per il potenziamento della lotta all'evasione fiscale."

Persino il punto fermo che sembrava essere stato raggiunto dall'articolo 55 quinquies, comma 1, del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, grazie al quale fu introdotto il comma 1 bis dell'art. 76 della L. 413/1991, che chiariva le modalità di tassazione della previdenza professionale (LPP) secondo pilastro, fissando l'aliquota applicabile al 5%, indipendentemente dalla forma in cui le prestazioni venivano erogate, risulta oggi nuovamente messo in discussione da ultimo dalla risoluzione, la n. 3/E del 27 gennaio 2020 e della Risposta dell'Agenzia delle Entrate n. 418, del 18.06.2021.

L'incertezza della fattispecie emerge, quindi, per il passato dall'analisi di tre distinti filoni di interpretazione che collocano rispettivamente l'ammontare riscosso in capitale del "secondo pilastro" sotto la disciplina dell'art. 21; 15; o 18 della Convenzione contro le doppie imposizioni Italia- Svizzera del 9.03.1976 (di seguito CDI ITA-CH), per il futuro dalle ultime indicazioni di prassi citate (risoluzione n. 3/E del 27 gennaio 2020 e Risposta dell'Agenzia delle Entrate n. 418, del 18.06.2021).

Riportiamo, di seguito, le tre posizioni sostenute in passato dal Fisco per poi analizzare la più recente, come detto espressa a partire dal gennaio del 2020:

1. Filone che riconduce la liquidazione in capitale del "secondo pilastro o LPP" sotto la disciplina dell'art. 21 della CDI ITA-CH.

In favore di tale tesi si rinviene un primo interpello del 2004, presentato dal CAF ACLI (Protocollo n. 66566/2004), con risposta redatta a cura della Direzione Regionale dell'Agenzia delle Entrate - Regione Lombardia, con il quale quanto versato a seguito di LPP fu considerato alla stregua di "capitale corrisposto in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione" con la conseguente tassazione ex lege sulla parte di capitale maturata con gli interessi. Lo stesso Interpello prevedeva la possibilità di richiedere alla Svizzera il rimborso dell'imposta alla fonte preliminarmente versata.

Tale interpretazione, sempre nel 2004, fu confermata dalla risposta all'Interpello Protocollo n. 904-359/2004, redatto nuovamente a cura della Direzione Regionale dell'Agenzia delle Entrate - Regione Lombardia, con cui si affermava che "La fattispecie in esame può essere ricondotta, sotto il profilo giuridico tributario, alla previsione dell'articolo 44, comma 1, TUIR, che include alla lettera g-quater, i redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione. […] Il regime fiscale applicabile ai capitali corrisposti in dipendenza dei suddetti contratti sulla vita e di capitalizzazione stipulati prima del 1. gennaio 2001, è stabilito dall'articolo 6 della Legge del 26 settembre 1985 n. 482.

Tale disposizione prevede l'applicazione di una ritenuta a titolo di imposta, e con obbligo di rivalsa, commisurata alla differenza tra l'ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi […] Il contribuente è tenuto ad applicare in sede di dichiarazione dei redditi (quadro RM) un'imposta sostitutiva pari alla ritenuta stessa."

L'Agenzia delle Entrate continuava specificando che "nel caso in oggetto si rende applicabile l'articolo 21 della Convenzione Italia-Svizzera contro le doppie imposizioni. Infatti, tale norma dispone testualmente che gli elementi di reddito di un residente di uno Stato contraente, qualsiasi ne sia la provenienza, che non sono stati trattati negli articoli precedenti della presente Convenzione, sono imponibili soltanto in questo Stato." Ne consegue che "il prelievo effettuato nell'altro Stato contraente in misura eccedente l'aliquota prevista dal Trattato, non può essere recuperato attraverso il credito d'imposta, bensì mediante un'istanza di rimborso da presentare alle Autorità fiscali estere […]."

Secondo questo filone interpretativo, quindi, la somma percepita a seguito di liquidazione in capitale del "secondo pilastro" o LPP non era inquadrabile in alcuna delle fattispecie specificatamente previste dagli articoli della CDI CH-ITA (art. 15; art. 18 o 19), ciò comportava, quindi, la necessaria applicazione della norma residua prevista dell'articolo 21 CDI CH-ITA.

A questa prima interpretazione ne seguì, a pochi anni di distanza, una differente;

2.Filone che riconduce la liquidazione in capitale del "secondo pilastro o LPP" sotto la disciplina dell'art. 15 della CDI ITA-CH.

In totale contrasto con il primo filone sopra riportato, nel 2007, la Direzione Regionale dell'Agenzia delle Entrate - Regione Piemonte, formulò un Interpello (Protocollo n. 954-56/2007) con il quale quanto versato a seguito di LPP venne considerato alla stregua di reddito di lavoro subordinato.

L'Agenzia delle Entrate Regionale piemontese, quindi, al contrario di quanto stabilito da quella lombarda pochi anni prima, diede alla fattispecie una diversa interpretazione, assimilando i capitali in oggetto a reddito da lavoro subordinato (articolo 15 CDI CH-ITA) e, di conseguenza, considerandoli non imponibili in Italia, poiché in forza dell'art. 1 dell'accordo sui frontalieri italo svizzeri del 3 ottobre 1974: "tutti gli elementi facenti parte della retribuzione che un lavoratore frontaliere riceve in corrispettivo di un'attività dipendente sono imponibili soltanto nello Stato dove l'attività viene svolta".

Tale interpretazione, sempre nel 2007, fu confermata dalla risposta all'Interpello Protocollo n. n. 169644/2007 presentato a cura del CAF CISL alla Direzione Regionale dell'Agenzia delle Entrate del Lazio, la quale disattendendo anch'essa l'interpretazione dei colleghi lombardi ed in linea con quanto stabilito dai colleghi piemontesi, inquadrò le somme in oggetto come "una sorta di retribuzione differita […] quali redditi di lavoro dipendente" e pertanto imponibili unicamente alla fonte in Svizzera in virtù dell'articolo 1 dell'Accordo relativo alla imposizione dei lavoratori frontalieri del 3 ottobre 1974.

Alla confusione sin qui ingenerata dai precedenti Interpelli si è aggiunto, poi, un terzo filone interpretativo.

3.Filone che riconduce la liquidazione in capitale del "secondo pilastro o LPP" sotto la disciplina dell'art. 18 della CDI ITA-CH.

successivamente ai due precedenti gruppi di Interpelli se ne aggiunse poi un terzo che, disconoscendo entrambi, inquadra la liquidazione in capitale del "secondo pilastro o LPP" sotto la disciplina dell'art. 18(1) della CDI ITA-CH.

Tale filone, da ultimo, è rinvenibile nella risposta all'Interpello n. 904-646/2017 fornita dalla Direzione Regionale dell'Agenzia delle Entrate – Regione Lombardia.

Con questo documento di prassi la Direzione Regionale lombarda, dopo aver riconosciuto l'obbligatorietà della previdenza professionale di cui al "secondo pilastro", scrive: "con specifico riferimento alla normativa fiscale italiana, l'articolo 49, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), stabilisce che costituiscono redditi di lavoro dipendente "le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati […].

Conseguentemente, le prestazioni professionali derivanti dalla costituzione della forma previdenziale obbligatoria prevista dalla Legge federale sulla Previdenza Professionale svizzera (c.d. "secondo pilastro"), erogate sia sotto forma di capitale che di rendita, devono essere qualificate come pensioni assumendo, in funzione della richiamata disposizione normativa, natura fiscale di redditi di lavoro dipendente […].

La disciplina interna va, tuttavia, armonizzata con le disposizioni di eventuali accordi internazionali, conclusi dall'Italia, che possono aver regolato comunque diversamente la potestà impositiva dello Stato. Nel caso di specie, il riferimento è costituito dalla Convenzione per evitare le doppie imposizioni stipulata a Roma il 9 marzo 1976 tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera e ratificata con la legge 23 dicembre 1978, n. 943. […].

Al riguardo, considerate tali precisazioni, questa Direzione regionale rileva che gli emolumenti percepiti dal contribuente, residente in Italia, a titolo di liquidazione della previdenza relativa al c.d. "secondo pilastro", devono essere considerati come redditi da pensioni e tassati in via esclusiva in Italia, ai sensi dell'articolo 18 della citata Convenzione".

4.Indizi normativi sul punto.

Come visto l'orientamento ondivago della prassi dettata dalle Autorità fiscali italiane, nonostante i numerosi Interpelli fra loro discordanti, non è mai confluito, a livello nazionale, in una Circolare esplicativa univoca sul punto lasciando, per anni, il contribuente nella più totale incertezza.

I dubbi in proposito, però, sono andati via via dissolvendosi, infatti, in tema di "secondo pilastro" a partire dal 2015 si è assistito alla produzione di interventi normativi che, innegabilmente, hanno fornito chiari indirizzi circa la modalità con cui il Legislatore italiano volesse sottoporre, sia per il passato che per il futuro, a tassazione le somme oggetto del presente parere, percepite dagli ex frontalieri.

Per chiarire, quindi, la posizione del Fisco italiano occorre, in primo luogo, osservare gli interventi legislativi formulati nel corso del 2015 in tema di Voluntary disclosure; istituto che ha fatto emergere il problema delle modalità di tassazione del "secondo pilastro" o LPP in tutta la sua rilevanza.

La soluzione normativa in proposito adottata è stata fornita con il decreto di proroga della Voluntary disclosure (articolo 2, comma 2 lettera b) D.L. n. 153/2015) in cui si è attestato che: "L'ammontare di tutte le prestazioni corrisposte dalla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l'invalidità Svizzera (LPP), in qualunque forma erogate, sono assoggettate, ai fini delle imposte dirette, su istanza del contribuente, all'aliquota del 5%" .

Tale indicazione è importante poiché, se è pur vero che lo stesso art. 2 del D.L. 153 specifica come quanto ivi disciplinato trova applicazione "ai soli fini della collaborazione volontaria di cui alla L. n. 186/2014", evidente è, però, il ragionamento che il legislatore ha svolto per giungere alla formulazione di questa disposizione.

Egli infatti ha valutato che:

-le rendite ed i capitali da "secondo pilastro" o LPP sono complementari a quelle derivanti da AVS poiché il funzionamento e le finalità della previdenza professionale LPP sono analoghe a quelle dell'AVS, essendo entrambi gli istituti obbligatori nella stessa misura e basandosi sul principio del finanziamento collettivo;

-sin dall'entrata in vigore dell'art. 76 della L. 30 dicembre 1991 n. 413, in forza di convenzione bilaterale, le rendite corrisposte in Italia, da parte degli istituti previdenziali svizzeri, sono state sottoposte, per una questione di equità, ad una ritenuta alla fonte del 5%;

-sottoporre la tassazione delle rendite o dei capitali da LPP ad una tassazione differente rispetto a quelle da AVS, vista la sostanziale analogia fra i due istituti, comporterebbe una non giustificata disparità di trattamento a fronte di situazioni analoghe.

Unico appunto che, in quegli anni e sino al 2017, si mosse all'interpretazione sopra fornita era che l'indicazione di tassazione al 5% risultava contenuta in una disposizione a carattere speciale (la normativa in tema di voluntary disclusure) e dunque non applicabile in via generale stante il divieto di interpretazione analogica vigente nel diritto tributario.

Tale appunto risultò poi superato da un secondo intervento legislativo, l'introduzione a regime, nel nostro ordinamento, come visto, del comma 1-bis(2) dell'art. 76 della L. 413/1991.

Il comma 1-bis richiamato, infatti, recita: "La ritenuta di cui al comma 1 (vale a dire quella prevista per gli AVS) è applicata dagli intermediari finanziari italiani che intervengono nel pagamento anche sulle somme corrisposte in Italia da parte della gestione della previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l'invalidità svizzera (LPP), ivi comprese le prestazioni erogate dagli enti o istituti svizzeri di prepensionamento, maturate sulla base anche di contributi previdenziali tassati alla fonte in Svizzera e in qualunque forma erogate".

Ai fini di comprendere la portata di questa norma è Interessante notarne la modalità redazionale, che potrebbe, a buon diritto, farla rientrare fra quelle interpretative.
Il comma 1-bis, infatti, si lega al comma precedente grazie alla locuzione "la ritenuta di cui al comma 1", lasciando intendere come quanto già previsto dal primo comma possa ritenersi correttamente applicabile, sin dall'origine, anche alla fattispecie indicata nel comma 1 –bis (LPP) lettura, quest'ultima, tanto più credibile, se ricollegata all'ondivago comportamento interpretativo in tema di LPP tenuto dal Fisco italiano, e, dunque, alla necessità di una norma interpretativa a chiarimento sul punto.

Tutto ciò premesso, dopo il 2017, si ritenne assodata l'applicazione al caso di specie di una ritenuta pari al 5% come disciplinato, in via interpretativa, dal comma 1 bis dell'art. 76 della L. 413/91.

I punti fermi raggiunti in materia, però, hanno nuovamente subito correzioni con i quattro documenti di prassi di seguito elencati:

'Interpello n. 286/2019;la Risoluzione,

la n. 3/E del 27 gennaio 2020;l'Istanza di consulenza giuridica n. 2 del 20 febbraio 2020;

la Risposta dell'Agenzia delle Entrate n. 418, del 18.06.2021.

Analizziamone dunque il contenuto.

5.interpello n. 286/2019

Il primo intervento a gettare qualche dubbio sulle sicurezze dei frontalieri in tema di LPP fu l'interpello n.286/2019, riguardante il trattamento fiscale da applicare agli emolumenti corrisposti dalla previdenza professionale obbligatoria in Svizzera (nota come LPP, ‘‘secondo pilastro'' della previdenza svizzera) a un soggetto ivi residente che successivamente intendesse trasferirsi definitivamente in Italia.

Tale indicazione di prassi, però, passò sotto silenzio essendo letta dai più come una semplice conferma dell'applicazione ormai consolidata dell'aliquota del 5% agli emolumenti corrisposti dalla previdenza professionale obbligatoria svizzera.

Nel caso oggetto di tale interpello l'Istante evidenziava che a breve avrebbe percepito da un ente pensionistico privato un'erogazione a titolo di prestazione sotto forma di capitale del ‘‘secondo pilastro'' del sistema previdenziale svizzero.

Al riguardo, si evidenzia che in Svizzera il ‘‘secondo pilastro'' è costituito dalla previdenza professionale obbligatoria (LPP, secondo l'abbreviazione ufficiale della legge federale), che ha il compito di integrare le prestazioni delle istituzioni previdenziali AVS (assicurazione vecchiaia, invalidità e superstiti Svizzera) e AI (assicurazione invalidità), che coprono solo il minimo esistenziale del costo della vita per la terza età, contribuendo in tal modo a mantenere inalterato il tenore di vita del lavoratore anche dopo il pensionamento.

Pertanto, nell'ipotesi di un contribuente soggetto fiscalmente residente in Italia e di un ente pensionistico svizzero di natura privatistica, tale erogazione , a parere del Fisco deve essere tassata in via esclusiva in Italia, tenuto conto che la norma (art. 18 della Convenzione tra Italia e Svizzera per evitare le doppie imposizioni, ratificata dalla legge 23 dicembre 1978, n. 943), prevede che, fatte salve le pensioni pubbliche di cui all'art. 19, ‘‘le pensioni e le altre remunerazioni analoghe, pagate ad un residente di uno Stato contraente in relazione ad un cessato impiego, sono imponibili soltanto in questo Stato''.

L'erogazione in argomento, tuttavia, sempre secondo il fisco non concorre alla formazione del reddito imponibile, in quanto, se riscossa in Italia, "è assoggettata a ritenuta alla fonte del 5% a titolo d'imposta da parte dell'intermediario presso il quale è accreditata".

Quest'ultima frase, che già se letta con attenzione avrebbe potuto suscitare perplessità, non fu accolta dagli addetti ai lavori e dai commentatori con particolari timori.

Dubbi sulla questione, infatti, iniziarono a ventilarsi solo dopo la pubblicazione della risoluzione 3/E del 2020

6.Risoluzione n. 3/E del 27 gennaio 2020

La risoluzione richiamata, nello specifico chiarisce che Le somme derivanti dalla previdenza professionale obbligatoria (LPP) spettanti a un cittadino residente in Italia che ha lavorato in Svizzera e che vengano versate sul suo conto corrente svizzero senza il tramite di un intermediario italiano devono essere assoggettate a tassazione separata.

Con il documento di prassi in parola l'Agenzia espone le modalità di tassazione in Italia delle pensioni del secondo pilastro svizzero, specificando che esse prevedono l'applicazione di una ritenuta a titolo di imposta del 5%, che esonera il contribuente dall'indicazione di tali somme nella dichiarazione dei redditi.

Premesso ciò il ragionamento viene spostato in punta di diritto, vengono infatti riportati i due diversi articoli di legge che l'Agenzia ritiene disciplinino la fattispecie.

L'art. 76 comma 1, legge n. 413/1991 il quale recita:

"Le rendite corrisposte in Italia da parte della assicurazione invalidità, vecchiaia e superstiti Svizzera (AVS), maturata sulla base anche di contributi previdenziali tassati alla fonte in Svizzera, sono assoggettate a ritenuta unica del 5 per cento da parte degli istituti italiani, quali sostituti d'imposta, per il cui tramite l'AVS Svizzera le eroga ai beneficiari in Italia. in Italia. Le rendite, giusta l'accordo tra Italia e Svizzera del 3 ottobre 1974, di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 386, non formano più oggetto di denuncia fiscale in Italia";

e l'articolo 76 comma 1-bis della legge n. 413/1991, che ha introdotto l'equiparazione della tassazione tra le due forme pensionistiche, il quale recita:

"La ritenuta di cui al comma 1 (che prevede, come riportato, la ritenuta del 5% sulle rendite AVS) è applicata dagli intermediari finanziari italiani che intervengono nel pagamento anche sulle somme corrisposte in Italia da parte della gestione della previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l'invalidità svizzera (LPP), ivi comprese le prestazioni erogate dagli enti o istituti svizzeri di prepensionamento, maturate sulla base anche di contributi previdenziali tassati alla fonte in Svizzera e in qualunque forma erogate".

Quindi, sulla base della diversa formulazione dei commi esaminati, il Fisco evidenzia come le rendite AVS sono corrisposte ai beneficiari per il tramite di determinati istituti di credito italiani e, dunque, sulla base di specifiche convenzioni fra questi e la gestione AVS, mentre le prestazioni LPP (secondo pilastro) sono direttamente corrisposte ai beneficiari, mediante accreditamento sui rispettivi conti correnti aperti in Italia.

Conseguenza di ciò è che, nel primo caso, la ritenuta è applicata solo dagli istituti italiani individuati dalle convenzioni come destinatari dei pagamenti, mentre, nel secondo caso, la ritenuta è applicata da tutti gli intermediari finanziari presso i quali i beneficiari delle prestazioni decidono di far accreditare le prestazioni.

L'Agenzia, poi, rileva che la normativa, al riguardo, non fa riferimento al regime fiscale da applicare nel caso in cui il trasferimento non avviene in Italia e il cittadino riceve l'accredito all'estero.

Di conseguenza, l'Agenzia delle Entrate conclude che: "in assenza di un sostituto residente in Italia le citate disposizioni non possono trovare applicazione".

Nel documento di prassi è, quindi, indicato con chiarezza, come l'intento originario del legislatore evidenzia la necessità di tracciare il flusso finanziario con la presenza di un intermediario residente, senza il quale la norma agevolativa che prevede l'imposta sostitutiva al 5% non si può applicare.

Nel caso, quindi, la somma in questione non venga riscossa tramite intermediari residenti la somma liquidata al contribuente sotto forma di capitale dovrà essere assoggettata a tassazione separata secondo le previsioni dell'art. 17, comma 1, lettera a), secondo periodo del Tuir.

7.L' Istanza di consulenza giuridica n. 2 del 20 febbraio 2020 e la Risposta dell'Agenzia delle Entrate n. 418, del 18.06.2021

In linea con quanto appena esposto è anche intervenuta la Risposta dell'Agenzia delle Entrate n. 418, del 18.06.2021 che, richiamando a sua volta l'istanza di consulenza giuridica n. 2 del 20 febbraio 2020, ha ribadito la posizione secondo cui la circostanza che la norma faccia riferimento all'intermediario finanziario italiano il quale "interviene" nel pagamento porta a ritenere che la ritenuta unica prevista dal comma 1-bis in esame, per le prestazioni LPP, vada applicata dall'intermediario laddove gli venga conferito uno specifico incarico da parte del soggetto erogante ovvero del percipiente (in tal senso, si è espressa la circolare 10 luglio 2014, n. 21/E, par. n. 3, con riferimento ai fondi di investimento alternativi).

Nel caso in cui il contribuente sia un soggetto fiscalmente residente in Italia alle prestazioni erogate dal "secondo pilastro" svizzero non riscosse tramite intermediari italiani non può applicarsi, invece, la ritenuta alla fonte del 5% a titolo d'imposta, in quanto l'intervento normativo recato dal citato articolo 55-quinquies del decreto legge n. 50 del 2017, che assimila il trattamento fiscale delle prestazioni LPP alle rendite AVS, mantiene l'espressa previsione della presenza di un intermediario residente che, canalizzando il flusso di corresponsione in Italia, applichi una ritenuta di imposta al 5%, esonerando il contribuente dall'indicazione di tali somme nella dichiarazione dei redditi. Il tenore della disposizione normativa, dunque, induce a valorizzare il tracciamento del flusso finanziario, per il tramite di un intermediario residente, quale elemento necessario per l'applicazione della norma agevolativa.

Solo nel caso in cui l'ente assicurativo svizzero canalizzi in Italia il flusso finanziario relativo alle prestazioni LLP, per il tramite di un intermediario residente, risulta quindi soddisfatto il requisito della tracciabilità delle movimentazioni di denaro e applicabile l'aliquota al 5%.

8.Conclusioni:

Per concludere, quindi, stando agli orientamenti di prassi esposti le somme qualificabili come LPP, potranno continuare ad essere tassati al 5% solo a due condizioni:

- le prestazioni pensionistiche dovranno essere versate dagli Istituti di previdenza svizzeri direttamente sul conto corrente italiano del beneficiario.

- dovrà essere la banca italiana che riceve il versamento ad effettuare la ritenuta automatica alla fonte del 5%. In assenza di tali requisiti, a parere dell'Agenzia, l'aliquota al 5% non potrà essere applicata.

Una tale conclusione, però, pare essere passibile di una critica di fondo

.Essa, infatti, deriva non dall'interpretazione espressa del testo normativo, ma da un'analisi di quanto ivi non disposto.

Ricordiamo infatti che l'Agenzia giunge alla conclusione di cui alla Risoluzione n. 3/E del 27 gennaio 2020 rilevando come la normativa, in tema di LPP, non fa riferimento al regime fiscale da applicare nel caso in cui il trasferimento non avvenga in Italia e il cittadino riceva l'accredito all'estero. Da questo vuoto normativo il Fisco deduce che: "in assenza di un sostituto residente in Italia le citate disposizioni (tassazione al 5%) non possono trovare applicazione".

L'Agenzia delle Entrate, quindi, nell'esporre la propria posizione sulla modalità di tassazione delle prestazioni LPP, disinteressandosi dell'aspetto sostanziale della base imponibile presa in considerazione, più volte anche dalla legge equiparata alle rendite AVS, distingue di fatto, senza che il testo normativo lo preveda espressamente, l'entità del prelievo fiscale operabile a seconda di modalità e luogo di accredito della prestazione pensionistica.

Un tale comportamento, quindi, può risultare discriminatorio ed il tenerlo può implicare, da parte delle Autorità fiscali, la violazione del principio di capacità contributiva di cui all'art. 53 della Costituzione.

Note :

1) Articolo 18: "Fatte salve le disposizioni dell'articolo 19, le pensioni e le altre remunerazioni analoghe, pagate ad un residente di uno Stato contraente in relazione ad un cessato impiego, sono imponibili soltanto in questo Stato"

2) Comma aggiunto dall'art. 55 quinquies, comma 1, del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modifiche dalla Legge 21 giugno 2017, n. 96.


*a cura dell'Avv. Tommasi Landi - Partner 24ORE Avvocati.

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